Niente più come prima, o quasi. E' stato il Mondiale femminile della rivendicazione, della svolta, dell'exploit mediatico e popolare. Eppure, vincono sempre loro. Gli Stati Uniti delle star, che con il 2-0 in finale sull'Olanda conquistano la loro seconda Coppa del Mondo consecutiva, la quarta su otto edizioni totali della manifestazione. Un dominio a stelle e strisce forse scontato per gli addetti ai lavori, ma che farà da megafono ancora più forte per tutti gli altri.
E' stato il Mondiale di Alex Morgan e Megan Rapinoe, capocannonieri del torneo con 6 centri (insieme all'inglese White) e motore a due volti della nazionale di Jillian Ellis. La prima, 30 anni appena compiuti, è lo status symbol di uno sport fortemente americano: fenomeno da 107 gol in maglia USA e da 7,3 milioni di followers su Instagram. Più di Icardi, Lukaku e De Ligt, per fare i nomi di chi sta infiammando il nostro calciomercato.
L'altra, classe '85 e miglior giocatrice del torneo, è la voce (purtroppo ancora) underground del movimento. Omosessuale dichiarata e attivista LGBT soprattutto oggi che, sotto l'amministrazione Trump, la discriminazione nel suo paese è tornata ad essere una minaccia reale. "Non andrò alla Casa Bianca se dovessimo vincere il Mondiale e fossimo invitate, cosa di cui dubito", il commento al veleno di Rapinoe dopo la doppietta agli ottavi contro la Spagna. Risposta immediata del presidente: "Finisca il lavoro prima di parlare". Missione compiuta e polemiche to be continued.
Dietro le due regine, seguono a cascata storie di calcio e società improvvisamente note a tutti. Quella del Pallone d'Oro Ada Hegerberg, che ha boicottato la manifestazione per il trattamento economico iniquo riservato dalla federazione norvegese alle sue colleghe rispetto agli uomini. Quella dell'Olanda che, come Robben e compagni nel 2010, inciampa a un passo dalla Coppa pur dimostrandosi una realtà da emulare: il calcio femminile è lo sport più in crescita del paese, il secondo per numero di tesserate per abitante (160mila) dopo la Svezia (medaglia di bronzo in Francia).
E poi la sorpresa Italia. Da Gama a Bonansea, le ragazze di Milena Bertolini hanno conquistato anche un popolo calcisticamente conservatore come il nostro: i 6,5 milioni di telespettatori per il match contro il Brasile non sono stati raggiunti nemmeno dall'Under 21 nell'Europeo di casa (un trend che va oltre: nel Regno Unito, Inghilterra-USA è stata più vista della finale di Champions). Quote rosa e azzurre. La prossima battaglia si chiama professionismo, non ancora riconosciuto per le calciatrici italiane ma che il presidente del CONI Malagò ha promesso all'indomani dell'eliminazione ai quarti.
Cartolina finale. E' stato il Mondiale che permette alle bambine di sognare e agli organizzatori di alzare ulteriormente l'asticella: 32 squadre per l'edizione del 2023, Mondiale per Club femminile e 500 milioni di dollari di investimento i prossimi obiettivi dichiarati dal numero uno della FIFA Gianni Infantino. Tutto a immagine e somiglianza dell'altro pallone. Anzi, con i maschi verso Qatar 2022 dove l'omossessualità è ancora un reato, qualcosa da imparare ce l'avremmo anche noi, direbbe Rapinoe. Campione del Mondo, e di diritti di un calcio che cambia.