Piacenza, progetto no filters. Il dg Scianò: "Vogliamo almeno la B"
style="text-align:justify">I palloncini biancorossi volano ancora, dopo una mattina di festa. Riprendono fiato, le tribune del Garilli. Come un vecchio campione tornato in gara per un grande evento: alla ‘partita del cuore dei papà’, il 19 marzo, c’era anche Pippo Inzaghi. Nella sua Piacenza. Dove oltre 6mila persone allo stadio non si vedevano dagli anni d’oro. E forse, gli anni d’oro, stanno per tornare davvero.“Difficile ripetere numeri del genere per una partita del Piacenza. Ma ci proveremo”. Il direttore generale Marco Scianò ha le idee chiare, un piano solido per conseguirle. Competitor, brainstorming, best practice: il lessico di chi è laureato in economia e finanza, la confidenza di chi è dagli albori nella nuova dirigenza biancorossa. “Quando sono arrivato qui mi sono detto: ‘dobbiamo tornare almeno in Serie B’”, ci racconta Scianò in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. “Oggi può sembrare un obiettivo realizzabile, ma all’epoca eravamo in Eccellenza”. Dopo un fallimento, quello del 2012, che aveva rischiato di spazzar via ogni traccia di tradizione sportiva della città. Ci avevano pensato l’associazione ‘Salva Piace’ e la cordata societaria con a capo il presidente Gatti, a evitarlo.
“Abbiamo dovuto raccogliere un’eredità importante, fatta di vent’anni tra Serie A e Serie B. E la scalata è dura, perché lo sport ha delle variabili difficili da comprendere”. Subito la promozione in D, poi dal 2016 il ritorno nei professionisti. “Quest’anno è il punto di arrivo di un percorso triennale in Serie C, che ci vede lottare nelle prime posizioni contro società con budget superiore al nostro”. In altre parole? Ottimizzazione delle risorse: il dr. Scianò racconta, ci sarebbe da prendere appunti.
“C’è stato un importante lavoro di ricostruzione della società a 360 gradi: impiantistica, riappropriazione del territorio, settore giovanile. Per coltivare il capitano umano del futuro, che possa produrre squadre competitive e ragazzi del vivaio in prima squadra. E al contempo, bisogna seguire un’attenta dinamica legata ai costi”. Un punto critico, soprattutto per la Serie C. “Ormai ci sono pochissimi imprenditori seri che decidono di spendere a fondo perduto. Fioccano invece gli avventurieri, figure poco affidabili. Si sta delineando uno scenario in cui fare calcio professionistico deve avere tre prerogative: infrastrutture, supporto della piazza, serietà di un gruppo dirigenziale che ragioni da azienda sportiva. Se manca uno di questi ingredienti? Auguri”.
Ma il mix vincente, a Piacenza c’è. “È una piazza con una storia importante, il calcio è nel suo DNA”, continua Scianò. “Oggi ha la fortuna di avere una proprietà piacentina locale che ci mette la faccia e che ha saputo unire gli intenti: a tutti i livelli del club, tifiamo Piacenza quanto chi viene allo stadio. Così ambire a risultati sportivi e strutturali importanti diventa più facile”.
Replicare ‘il Piacenza degli italiani’, il sogno nel cassetto. “È stato il momento di gloria più importante della storia di questa società. La favola che una piazza provinciale ha saputo raccontare all’Italia e al mondo”. Dalla C2 alla A, otto stagioni tra 1993 e 2003: i fratelli Inzaghi e Vierchowod, Stroppa e Hubner. Nella Serie A più bella del mondo, c’era spazio per una ‘Nazionale P’ tutta biancorossa. “Veramente qualcosa di enorme. La Serie A a Piacenza resta qualcosa di difficile, ma non impossibile, da replicare. I valori economici che il nostro territorio esprime sono relativamente piccoli. Quindi, in un’epoca di riduzione del numero di squadre professionistiche come quella odierna, essere in lotta per la B è già un risultato importante, che tante altre piazze della nostra dimensione non possono vantare”.
55 punti, a -2 dall’Entella capolista (con una gara in meno). Ai vertici del Girone A, quello di Juve U23, Siena e Pro Vercelli, il Piacenza ci crede. “Il nostro girone è quello più competitivo, tante formazioni con valori economici importanti si trovano molto deluse a livello di classifica. Noi invece la guardiamo con il sorriso e grande entusiasmo per il forcing finale: siamo dietro solo a una squadra di Serie B”. Prego? “L’Entella non dovrebbe essere in questa categoria. È stato fatto un grande smacco, a lei ma anche a tutte le altre squadre come noi che si ritrovano a competere con avversari di un’altra portata. Un’estate nefasta per tutta la Serie C”.
Il dg ne parla con interessi che vanno oltre il Piacenza: da ottobre, è anche il presidente della Calcio Servizi Lega Pro. “Una società nata per erogare servizi strategici e amministrativi alle società della categoria. Coniugare i miei due ruoli? Uno stimolo in più, che consente di confrontarsi con tante realtà e di capire a fondo come il calcio si sta indirizzando”, spiega Scianò. “Nei consigli direttivi ho trovato un gruppo di lavoro molto valido. Ciascuna territorialità è diversa, ma ci sono degli spunti importanti da condividere a tutte le latitudini: i presidenti dovrebbero trovarsi di più in ambiti operativi e discutere, perché alla fine vivono localmente lo stesso tipo di problemi”.
Anche qui, Scianò ha le idee chiare. “Ci sono due grossi ostacoli che il calcio deve risolvere immediatamente. Uno è legato alle norme: poco chiare, difficili da interpretare. E poi troppi gradi di giudizio che vanno in contrasto tra di loro, lo abbiamo visto negli ultimi mesi”. In questo senso, con l’adozione delle nuove licenze nazionali introdotte dal presidente Gravina, qualche passo in avanti ci sarà. “A partire dalla prossima stagione, sì. Speriamo che limitino l’ingresso di avventurieri nel calcio e di conseguenza il numero di squadre inadempienti che stravolgono la competizione sportiva”.
“Il secondo problema invece è un allarme rosso incredibile. Tralasciando il settore tecnico che ancora ci invidiano, il nostro calcio ha pochissima formazione a livello dirigenziale. Bisogna capire che oggi chi fa calcio a livello professionistico porta avanti delle aziende in cui può essere complicato far quadrare i conti”. L’ignoranza è una colpa da pagare. “Se non ci si informa, non si dovrebbe far parte del gioco. Punto. Avremmo società molto più serie e un valore aggiunto per tutto il sistema calcio. Sotto questo punto di vista, oggi siamo totalmente inesistenti. Una questione da risolvere per non perdere competitività a tutti i livelli e vedere tante piazze sparire, purtroppo”.
Come ha mostrato l’altro lato della città, le conseguenze possono essere surreali. Viva i casi virtuosi. “Sono favorevole alle seconde squadre”, spiega Scianò. “Ma senza andare a copiare modelli stranieri. Il calcio italiano ha delle peculiarità molto precise, con il professionismo diffuso fino alla Serie C se non alla D. Nei principali campionati europei, invece, dopo i primi due campionati c’è un modello totalmente dilettantistico. In quel caso le squadre B si integrano veramente con il sistema locale. Quindi dobbiamo capire innanzitutto come vogliamo riorganizzare i nostri campionati: solo allora si potrà valutare l'inserimento delle seconde squadre su più ampia scala”.
Abbiamo lasciato la sede del Piacenza, ci avviciniamo al campo di allenamento. “I problemi strutturali riflettono un indebolimento del calcio nella vita di tutti i giorni. Penso che oggi stia venendo meno la bellezza di andare allo stadio, di vivere un’emozione, un momento. Forse è cambiato anche il tempo, la cultura delle persone. Ormai ci si accontenta degli smartphone”. Gli occhi sono sulla partitella dei ragazzi di Franzini, ma lo sguardo è lontano: Scianò abbandona l’aplomb del dirigente e si lascia andare all’amarezza dell’appassionato.
“Quand’ero piccolo io cosa si faceva fino ai 18 anni? Tanto sport, vivevi in prima persona. Guardiamo invece i weekend di oggi: playstation, Facebook, si cazzeggia. Un altro modo di relazionarsi. Oggi lo sport vissuto in modo serio è un movimento in completa diminuzione. Al massimo si va a giocare a calcetto qualche volta: i ragazzi che continuano seriamente oltre i 15 anni sono pochi”. La sfida è soprattutto per il Piacenza del futuro.
“Mi auguro che eventi come la partita di oggi o le numerose iniziative legate al nostro centenario (i biancorossi sono nati nel 1919, ndr), riescano a far capire il Piacenza ai piacentini, soprattutto a quelli più giovani”, lancia l’appello Scianò a fianco del ds Matteassi. “Oggi si gasano con Cristiano Ronaldo, la Juve e le altre grandi. Noi invece, attraverso il nostro progetto, vogliamo mostrare che esiste soprattutto la squadra della propria città”. Da vivere in prima persona, senza filtri. Come un palloncino libero nel Garilli.