Frey: "Goditi la vita, mi ha detto il medico. Potevo morire"

“Sei una persona fortunata, Sebastien. Adesso, goditi la vita”. A distanza di mesi, quelle parole rimbombano ancora dentro la testa. La bilancia segnava 19 chili in meno. Oggi, però, può sorridere chi è riuscito a vincere la partita più difficile del proprio percorso. Parma, Inter e Fiorentina non c’entrano nulla, perché lo scorso marzo Sebastien Frey ha dovuto combattere contro un virus potenzialmente letale.

“Quando senti certe cose, ti fermi per un po’, pensando a ciò che ti viene detto. Potevi morire, mi ripeteva il medico. Da un giorno all’altro, per colpa di un raffreddore. Alla fine però eccomi di nuovo qui, tornato alla mia vita normale. Certo, per riprendere a camminare, mi sono serviti un paio di mesi di fisioterapia. Ma posso finalmente dire di stare bene”. Tra presente e passato, calcistico e non solo, Frey si racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

Dalla prima volta a San Siro ai consigli di Baggio, passando per Firenze, Iachini e Ribery: con Frey, si chiacchiera piacevolmente del mondo del pallone. Aneddoti e ricordi del terzo straniero più presente nella storia della Serie A, quindici stagioni nel campionato italiano prima del ritiro con la maglia del Bursaspor.

“Sono arrivato all’Inter nel ’98 e mi sembrava un sogno, l’Italia era il top per un calciatore. Oggi i grandi club sono delle vere e proprie aziende. Berlusconi, Moratti... erano tutti tifosi sfegatati (QUI la nostra intervista all'ex presidente dei nerazzurri, ndr). Patron, sì, ma delle loro squadre del cuore. Mica come ora!”. Tra racconti nostalgici e uno sguardo al suo futuro, con Sebastien partiamo dalla storia più recente: 21 marzo 2019. Con un post su Instagram, Frey annuncia l’inizio di un percorso di riabilitazione, dopo una malattia che lo aveva tenuto fermo a letto.

"SEMBRAVA UN RAFFREDDORE, RIMASI PARALIZZATO"

“È iniziato tutto banalmente, con un po’ di raffreddore presto trasformatosi in febbre. La temperatura è salita a quota 40, non ne voleva sapere di abbassarsi. Vado dal medico, mi prescrive un antibiotico che dopo una settimana non aveva ancora fatto effetto. Poi, il momento peggiore: una mattina mi sveglio e capisco che sono in grado di muovere soltanto la testa. Dal busto in giù, mi sentivo completamente paralizzato.

Frey viene ricoverato in ospedale, dopo otto giorni i medici individuano il problema. “Mi facevano due o tre prelievi al giorno, ogni giorno. Hanno scoperto che si trattava di un virus, mi dissero che rischiavo la vita. In poche parole, questo virus era riuscito a farsi largo a causa del livello troppo basso di difese immunitarie. Non mi restava che aspettare e sperare che il mio corpo sviluppasse gli anticorpi necessari per sconfiggere il virus. Mi permisero di tornare a casa dopo oltre una settimana di ricovero”.

Da lì, l’inizio di un periodo piuttosto straziante: “Dal punto di vista psicologico non ho passato un bel momento: avevo perso l’uso della gambe (QUI il video) e continuavo a dimagrire sempre di più. Poco alla volta sono riuscito a tornare alla normalità, oggi non posso dire di essere al 100%, devo ancora fare dei controlli, però ho ripreso a fare sport e a seguire la mia routine quotidiana”. A nemmeno quattro stagioni dal ritiro dal calcio giocato, Sebastien ha rischiato la vita. A marzo compirà 40 anni, oltre il doppio di quanti ne aveva quando cominciò la sua prima esperienza in Italia.

Passato dal Cannes all’Inter di Baggio e Ronaldo nell’estate del ‘98, infatti, il piccolo Sebastien arrivò in nerazzurro poche settimane dopo il successo della Francia ai Mondiali. “Avevo 18 anni, entrai nello spogliatoio e vidi Djorkaeff. Non sapevo dire una parola in italiano, presto feci amicizia con i colossi del calcio francese. Fatti una stagione in prestito, mi dicevano, ma io non ne volevo sapere. Sebastien stava vivendo un sogno.

IL REGALO DI RONALDO

“Quando arrivai in Italia, avevo alle spalle una sola stagione da professionista. Eppure, all’Inter riuscivano a farmi sentire alla pari di tutti gli altri. Ogni tanto faticavo a crederci anch’io. Capitava che Ronnie mi facesse uno scherzo, mi raccontasse qualcosa. E io ero lì che pensavo... cazzo ma questo è Ronaldo! A mio figlio cerco di spiegare come il vero Ronaldo sia l’ex compagno di papà, non quello della Juve”. Un campione straordinario, dentro e fuori dal campo.

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“Vi racconto un aneddoto: dicembre ‘98, eravamo alla Pinetina. Ronaldo era l’uomo immagine della Nike, che aveva spesso tantissimi soldi perché fosse il suo testimonial. Vediamo arrivare un camion gigantesco della Nike, non capivamo cosa potesse contenere. Cominciarono a scaricare un po’ di cose. Magliette, orologi, scarpe e cappellini firmati. Cinque, sei gadget per ogni giocatore, tutti in dono da Ronaldo. E’ il vostro regalo di Natale, ci disse lui”.

Con il passaggio all’Inter, Frey si è affacciato alle porte del grande calcio: “In Francia gli stadi erano praticamente vuoti, in Italia l'opposto. La prima volta che ho messo piede a San Siro mi sono guardato intorno e ho visto 60mila persone sugli spalti. Ragazzi, questo è il calcio vero, pensai. Andavo al campo e mi allenavo con i migliori giocatori del mondo, Pagliuca invece che tirarsela era lí che mi dava consigli. Vai in prestito, vai in prestito, mi consigliava la gente. Non mi sono mai pentito di essere rimasto: un anno di allenamenti con calciatori di quel calibro mi ha fatto migliorare più di intere stagioni da titolare”.

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BAGGIO, IL BUDDISMO E QUEL LIBRO LETTO DURANTE IL RITIRO

Non solo Ronnie: a Milano Frey conosce pure Baggio. “Quando ho avuto bisogno di lui, Roby mi ha dato una grande mano. A 26 anni rischiavo di chiudere la carriera, Baggio mi ha aiutato a venirne fuori.

Era il 10 gennaio 2006 e da pochi mesi Sebastien era passato alla Fiorentina. In una sfida di Coppa Italia contro la Juve, il portiere si scontra con Zalayeta e, infortunatosi, sarà costretto a rimanere ai box per diverso tempo. “Fu una bella botta a livello mentale. Cominciavo ad essere visto come un grande portiere, la nazionale mi teneva d’occhio. E io mi ero infortunato, i medici dicevano che sarebbe stato difficile tornare a giocare come prima. Li ho smentiti un poco alla volta, è vero, ma devo dire grazie a Baggio se ho trovato la grinta necessaria per affrontare la situazione”.

“Dopo l’infortunio chiamai Roberto - spiega Frey - e gli chiesi come avesse fatto a sopportare tutti quegli stop nel corso della sua carriera. Mi fece un dono: in ritiro a Folgaria, d’estate, arrivò un libro per me: parlava del buddismo, l’aveva spedito Roby. Leggilo, provalo, ti farà stare bene, mi diceva. Ero un cristiano non praticante come tanti, con il buddismo ho trovato una nuova dimensione che sembra fatta apposta per me. Sono sempre stato un tipo che credeva solo a quanto vedeva. E a quei tempi, un insegnamento dopo l’altro, mi sono rialzato nel giro di poche settimane”.

IACHINI, RIBERY E LA "SUA" FIORENTINA

Da un infortunio all’altro, lo scorso novembre è stato il turno di Franck Ribery: la nuova stella della Fiorentina è andata ko nella sfida contro il Lecce, Frey chiama spesso il numero 7 per accertarsi delle sue condizioni. “Ci siamo conosciuti in Nazionale, poi a dire il vero non siamo rimasti troppo in contatto. Appena ho letto sui giornali della possibilità di vederlo in viola, però, gli ho scritto un messaggio per sapere se fosse vero. Sto andando a Firenze, mi disse lui. Da lì, abbiamo cominciato a sentirci e vederci più spesso".

"Firenze è la mia seconda casa, desideravo che si ambientasse al più presto. L’infortunio contro il Lecce, a livello mentale, l’aveva buttato giù di morale. Ora però Franck mi sembra bello carico, non vede l’ora di tornare. Andando alla Fiorentina ha fatto una scelta dignitosa, si è trasferito in una bellissima città continuando a giocare in un campionato molto competitivo. Ha un’intelligenza rara, grande professionalità: un vero colpo per la mia Viola”.

Nonostante l’acquisto del fuoriclasse francese, però, l’inizio di stagione della Fiorentina si è rivelato al di sotto delle aspettative: appena 17 punti in classifica, solo 3 di distacco dalla zona retrocessione. “Dispiace, ma non mi stupisce - spiega Frey -. Tanto dal punto di vista del mercato quanto per quel che riguarda l’allenatore, la nuova proprietà in estate non ha lavorato come avrebbe voluto. Il tempo a disposizione era limitato, la società ha fatto il possibile ma era prevedibile che sarebbe stato un altro anno di transizione. Iachini? Per questi 6 mesi va bene: è grintoso, ha una mentalità giusta per la lotta salvezza. In più, è ben voluto dalla piazza”.

PROGETTI FUTURI

A quasi cinque anni dall’ultima esperienza con il Bursaspor, Frey comincia a guardarsi intorno per progettare il suo futuro: “Ho un po’ di cose in mente, in vista dell’anno nuovo ho intenzione di fare un tour con un’academy per giovani portieri. L’ho fondata io, in programma ci sono due tappe in Italia e una in Francia, con l’obiettivo di far crescere i nuovi talenti del mestiere”. Nel frattempo Daniel, il primogenito di Sebastien, ha già scelto un’altra strada: classe 2002 (Elsa, sua sorella, è del 2004), gioca da ala destra nel settore giovanile del Chievo.

“Davanti a tutto, metto loro, la mia famiglia. In estate mi sono risposato e ho avuto un’altra splendida bambina, Elisabeth, che ha da poco compiuto 15 mesi”. Quant’era forte suo papà, lo dovrà scoprire con i video o per mezzo dei racconti. In campo, sì, ma non solo: la “parata” più importante è quella dello scorso marzo, quando gli scarpini erano appesi al chiodo già da diversi anni. Un virus maledetto, diretto all’angolino, respinto da Sebastien come ai tempi d’oro.

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