Sinfonia Eriksen: tutto sulla mossa scudetto dell’Inter
Tempi di gioco, di vita. “Allora, com’era Milano?” Perché Christian Eriksen sarebbe potuto arrivare a San Siro già nel 2008, lato rossonero. Una settimana di prova. All’Odense, dov’è cresciuto, i suoi compagni gli chiedono subito notizie ma lui glissa e si allena, come se niente fosse successo. Era già nel giro della nazionale U17, aveva già provato anche con Chelsea e Barcellona, ma rispetto alla sua Middelfart, poche anime a qualche ora da Copenaghen, i cancelli di Stamford Bridge erano troppo alti. E lo spagnolo, troppo difficile.
Adagio - Nel segno di Zlatan
A 16 anni il talento sboccia o si perde. Mettetevi nei panni di un ragazzino danese. Forse la lingua di Conte non sarà poi così male. Ma se oggi Chris è Eriksen, va dato atto a quello che è stato. Alle sue scelte, una dopo l’altra: tra gli occhi dei talent scout di mezza Europa c’erano anche quelli di John Steen Olsen, quell’estate. Osservatore per l’Ajax in Scandinavia, già Ibrahimovic nel curriculum. Se lui segnala, in Olanda ascoltano. E anche per Christian, l’Academy è una garanzia: tocca ad Amsterdam. Senza fretta e senza rancore, verso le grandi d'Europa.
Crescendo - Sognando Totti, battendo Pirlo
I tempi in cui Chris sceglieva la Roma a Football Manager sono lontani. Sognava Totti (un debole per i giallorossi gli è rimasto, confesserà poi) e i fratelli Laudrup. Eriksen nasce proprio nel 1992, l’anno in cui la Danimarca vince l’Europeo. Michael era rimasto a casa per divergenze con il ct, ma Brian c’era. “Potrà diventare ancora più grande di loro”, dirà Cruijff.
L’Ajax scopre un fantasista, un rifinitore, un artista del pallone. Esattamente dieci anni fa Martin Jol lo fa esordire in Eredivisie. Poi un altro Olsen, il ct Morten Per, sceglie da record: Eriksen sarà il giocatore più giovane di tutto il Mondiale sudafricano, leader predestinato di quella Danimarca che in Russia volerà fino agli ottavi.
L’uomo della svolta è però Frank De Boer. Forse un giorno lo ringrazieranno anche i tifosi dell'Inter: svezza il centrocampista nelle giovanili dell'Ajax e quando entrambi passano in prima squadra esultano al Meazza. Di nuovo il Milan di mezzo, uno 0-2 ai gironi di Champions League 2010/11. Contro Pirlo – altro punto di riferimento del danese – Eriksen si presenta al grande calcio: “Il miglior risultato della mia carriera finora”. Ne avrà da aggiornare. In Olanda vince tutto (quattro campionati e due coppe): anche per quel ragazzino umile e con i piedi sempre per terra, nel 2013 Londra non sembra più così grande.
Vivace - L'uomo di Pochettino
Da quando è bambino, Christian fa innamorare del pallone chi lo circonda. Ci era riuscito con la sorella Louise (di tre anni più piccola, oggi anche lei nel giro della nazionale), fa subito centro anche con i tifosi del Tottenham. White Hart Lane diventa White Hart DANE: già dalla prima stagione, cambiano il nome in onore del 23 danese.
Poi arriva Pochettino e nessuno più di Eriksen sarà simbolo di quegli Spurs belli e dannati. Finalisti di League Cup nel 2015, ad un passo dalla Premier i due anni seguenti (Ranieri e Conte sbarrano la strada), soprattutto vicecampioni d’Europa lo scorso giugno. Argento vivo: 303 presenze senza titoli, 69 gol e 89 assist. Maestro dei passaggi vincenti già all’Ajax - 66 - e delle occasioni create: nessuno in Premier ha fatto come lui negli ultimi anni, neanche i mostri sacri come De Bruyne o Silva.
Le milanesi sempre nel destino: il 28 ottobre 2018 il Tottenham deve vincere per sperare ancora negli ottavi di Champions. La partita non si sblocca, poi una combinazione. Sissoko-Alli-Eriksen. Cambia tutto. L’Inter ci mette del suo (in tilt col Psv), sarà cavalcata Spurs fino a Madrid.
Fuga - Milano
L’esonero di Pochettino, la fine di un ciclo, quel contratto in scadenza il prossimo giugno che spinge a guardare oltre. Conte chiama, Chris dà l’ok, i due club trattano. C’è uno scudetto da inseguire, oggi i tifosi dell’Inter con Eriksen vogliono esultare. Milano, ancora. Questione di tempi, stavolta potrebbero essere giusti per tutti.