Modello e vendetta: le storie intrecciate di Croazia e Danimarca
Molti hanno provato a capire che ruolo possa davvero avere la Croazia in questo Mondiale. I dubbi sono per lo più riposti nella solita, ripetitiva, incostanza delle nazionali slave, abituate ad entusiasmare per lunghi tratti, salvo poi perdersi goffamente per strada.
Per ora però, la Croazia non ha lasciato spazio alle critiche. Punteggio pieno nel girone D, dove ha esercitato il ruolo di vera e propria dominatrice. 7 gol fatti, divisi in maniera quasi equa nelle tre giornate, con il tris rifilato all’Argentina ad alzare la media di 2 reti a partite. Ed è stata proprio la vittoria convincente su Messi e compagni a far risaltare agli occhi di molti la selezione di Dalic, valutata fin lì poco più di una affascinante outsider, una sorpresa. Ora per Modric e compagni è arrivato il momento di svelare le carte. C’è un ottavo di finale da giocare, contro la Danimarca, passata come seconda nel gruppo C.
Se lo chiedete a Dalic, 9 volte su 10 vi risponderà che preferirebbe vestirsi dei panni della sfavorita, della squadra con poco da perdere. Giocare senza pressioni, con la voglia e la possibilità di dar spettacolo senza dover portare a casa un risultato, può fare la differenza. Il passato ce lo insegna bene. Nella storia infatti, non mancano i precedenti di squadre partite in sordina e poi arrivate lì, sul gradino più alto, a vincere la coppa. Un esempio? Lo troviamo proprio nella storia calcistica di chi domenica 1 luglio a Novgorad sarà di fronte croati.
Era il 1992, infatti, quando la Danimarca saliva sul gradino più alto d’Europa. Un successo insperato, per come la nazionale danese era arrivata in quella fase finale disputata in Svezia. Innanzitutto, perché la Danimarca, lì, non doveva proprio esserci: giunta seconda nel proprio girone di qualificazione, prese il posto della prima qualificata, la Jugoslavia, esclusa per il divamparsi della guerra dei Balcani. Un conflitto violento e sanguinoso, dai cui sviluppi nacque la Croazia così come la conosciamo oggi.
Ed è un altro punto di contatto, un’altra scintilla che scatta se si uniscono le parole Croazia e Danimarca in un unico accoppiamento. Nel 1992 mentre la storia, calcistica e non solo, della Danimarca toccava un suo intoccabile apice, muoveva i suoi primi passi lo stato indipendente croato. Città tradizionalmente importante, anche per le diatribe belliche che ha creato, è Zara, famosa, dal 7 settembre 1985, per aver dato gli arbori ad uno dei giocatori croati più talentuosi di sempre, Luka Modric. Pilastro del Real Madrid e della sua Nazionale, a 6 anni e spiccioli viveva uno dei periodi più convulsi della propria infanzia, nonché della propria vita: conteso tra i conflitti indipendentisti della sua patria e il desiderio – poi svanito – di vedere la ‘sua’ Jugoslavia affrontare i mostri continentali. Gente come Van Basten, come Platini, che il piccolo Luka sognava di imitare tirando i calci ad un pallone. Gente con cui ora, diversi successi dopo, può reggere il confronto.
Gente che però venne affrontata – e battuta – dalla Danimarca di Brian Laudrup e di Peter Schmeichel. 26 anni dopo, tocca al figlio, Kasper, trascinare la Danish dynamite. Ha subito solo un gol (peraltro su rigore) in questa fase a qualificazione. Per il resto, ha concesso poco o nulla, grazie anche ad un reparto difensivo in cui ritroviamo una vecchia conoscenza del nostro calcio, Simon Kjaer. A loro e a tutti i giocatori danesi il compito di ribaltare un pronostico che li vede sfavoriti. Ma nel Mondiale delle incertezze, davvero, mai dire mai.
Sorpresa o predestinata? La Croazia si instaura perfettamente a metà tra queste due definizioni. I nomi altisonanti che troviamo tra i convocati di Dalic non possono lasciar passare la selezione croata come una semplice rivelazione della fase a gironi. Gli interisti Perisic e Brozovic, lo juventino Mandzukic, il già citato madrileno Modric che, per molti, potrebbe davvero giocarsi, nel caso di vittoria finale in Russia, il Pallone d'Oro e perché no, magari soffiarlo al compagno di team CR7 che, se tutto andasse come potrebbe, ritroverebbe solo in finale. C’è però da ricordarsi come la Croazia è arrivata in Russia: tramite gli spareggi, vinti in scioltezza contro la Grecia, dove era arrivata dopo un percorso altalenante ed un cambio allenatore a dir poco inaspettato. Una serie di coincidenze che richiama ancora il parallelo con la 'grande' Danimarca.
Una squadra imprevedibile, la Croazia, con tante aspirazioni quanti dubbi. In piena linea con il modello danese del 1992, che in un certo senso approfittò della caduta della Jugoslavia. Un percorso che, per essere portato a termine, deve passare proprio attraverso la sfida contro la Danimarca. Un passaggio del testimone, da ottenere attraverso una vendetta. Più epico di così….
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