“Se non segnavo, piangevo”. Zaccardo volta pagina, sogni di un futuro passato
Parla Cristian Zaccardo e per tutta la durata della nostra intervista il tema ricorrente è il what if. Cosa sarebbe successo se il terzino, difensore, all’occorrenza centrocampista, ad inizio carriera avesse assecondato il suo istinto da bomber? Cosa sarebbe successo se, quel 17 giugno 2006, Zaccardo non avesse svirgolato il pallone nella propria porta contro gli Stati Uniti a Kaiserslautern? Saremmo diventati lo stesso Campioni del Mondo?Il 9 luglio di tredici anni dopo, il calciatore 37enne annuncia il ritiro su Instagram, tira le somme, progetta il futuro. E fantastica sulle sliding doors di una carriera. “Tutti i bambini che giocano a calcio sognano di vincere il Mondiale”, inizia a raccontarci in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. “Quando ho capito di dover smettere, ho voluto scegliere l’anniversario del giorno in cui quel sogno l’ho realizzato. Non finisco con il calcio però: ogni tanto mi vedrete fare le partite in giro per il mondo con le all stars e intanto mi sono preparato per questo momento. Ho preso il patentino UEFA A, quello da allenatore a Coverciano e da direttore sportivo”. Quando si dice coprirsi le spalle.
Ma di dire basta, Zaccardo avrebbe fatto volentieri a meno. “Dispiace. Capisco Buffon, Totti e De Rossi: fosse per noi continueremmo fino a 70 anni. E se il fisico regge è giusto giocare fino ai 50. Altrimenti bisogna avere coraggio e non arrivare a farsi compatire: a me ha fermato un problema di cartilagine al ginocchio”. Lo scorso 6 luglio in Europa League, il Tre Fiori è diventato il primo club della storia sammarinese a superare un turno europeo: insieme al 47enne Sossio Aruta, redivivo attaccante del Cervia di Ciccio Graziani, ci sarebbe dovuto essere anche Cristian. Brivido mancato, ultimo what if da professionista.
“Ma sono contento della carriera che ho fatto”, commenta sereno. Se proprio ci sono dei rimpianti, si chiamano Wolfsburg e Milan. “Chi lo sa, forse potevo rimanere di più in Germania, potevo andare in una grande squadra prima dei 32 anni. È un percorso, in cui si fanno delle scelte: con la testa di dieci anni dopo magari qualcosa avrei cambiato. E mi sarebbe piaciuto chiudere la carriera a Bologna, da dov’ero partito, anche con un ruolo simbolico. Non è mai arrivata nessuna chiamata e quindi sono andato all’estero, è stato bello comunque. Il calcio mi ha dato tanto e ho avuto la fortuna di vincere tutto in Nazionale”.
Magico biennio, il 2004-2006: Campione d’Europa con l’Under 21 e poi la notte di Berlino. “Quando arrivano le vittorie dietro ci sono tante cose: qualità, gruppo, buona sorte. E io ero tra quei 23 che sono entrati nella storia, di quei pochi che ci sono riusciti nel mondo. Ronaldo e Messi sono i migliori, hanno vinto tutto ma non il Mondiale. Un orgoglio che porterò avanti per sempre, più passa il tempo più ci si rende conto dell’importanza di quel traguardo”. Frutto di un’alchimia d’altri tempi. “In Germania condividevamo tutto, dal campo al tempo libero in albergo. Non come adesso che si mangia, si va in camera e tutti si rinchiudono nel telefonino. C’erano anche allora i videogiochi sì, ma si stava in compagnia. Carte, ping-pong, commentavamo le altre partite. Si faceva gruppo per davvero”.
Nelle parole di Zaccardo, comincia a scorrere d’un fiato quel mese dorato. “Beh, il ricordo perfetto è quello contro i tedeschi. Mentre l’unico momento in cui ho avuto paura di uscire è stato contro l’Australia. E la Francia…”. Crocevia di una carriera. “Sai che è una partita che può cambiare la vita, come no: nessuno si ricorda di chi arriva secondo. Forse ai punti avrebbero meritato di più loro, ma con un po’ di fortuna ce l’abbiamo fatta”. Benedetti rigori. “Mi ricordo che quasi tutti avevano già deciso come calciare, senza guardare Barthez. E Pirlo ce l’aveva proprio annunciato che avrebbe tirato centrale”.
Aneddoti dalla panchina, dove Zaccardo era scivolato dopo quel fatidico autogol: l’unica rete su azione incassata da Buffon in tutto il torneo. “Episodi. Ero partito titolare, purtroppo quell’errore mi costò il posto. Ma poi giocò Grosso e Lippi spostò Zambrotta a destra: è andata bene così. Se non l’avessi fatto magari avrei giocato un bellissimo Mondiale ma saremmo usciti ai quarti”. Cristian risponde alla grande domanda. “Vedi anche l’Under 21 lo scorso mese: noi italiani quando siamo troppo belli ci specchiamo e poi rischiamo di non arrivare in fondo. Mentre se prendiamo paura e qualcosa non va, poi tiriamo fuori il meglio di noi stessi. Quell’autorete ci ha ridimensionati e ci ha dato la consapevolezza per andare avanti. Ne sono convinto. Oggi ci ripenso con serenità, me lo ricordano e ci ridiamo sopra. Fa parte della storia: vi ricordate altri autogol di Zaccardo?”.
Assurdo ma vero. Attimi che nell’immaginario collettivo valgono più di 500 presenze in carriera. Vent’anni, dall’alto dei quali ora Cristian parla ai giovani. “Oggi gli ingaggi sono più alti rispetto a quando ho cominciato io. Ma allo stesso tempo bastano dieci partite ben giocate e il valore del cartellino va alle stelle, parlano di te e ti ritrovi per le mani tanti milioni”. I rischi del calcio dei balocchi. “Il mio messaggio è di non disperdersi e resistere alle tentazioni: parliamo di sport e la mentalità dev’essere sempre quella di non accontentarsi mai. Guardate CR7: potrebbe vivere di rendita, ha vinto tutto eppure ha l’ossessione di migliorarsi. Quindi ragazzi, date tutto perché dopo arrivano i rimorsi”.
Per esempio, non assecondare la propria indole. “Ecco, se tornassi vent’anni indietro vorrei giocare non in difesa ma più avanti. In queste ultime stagioni a Malta e San Marino ho anche pensato di fare l’attaccante, ma alla fine l’abbiamo risolta con un semplice bonus a gol sul contratto”. Che a Zaccardo, jolly della retroguardia, ha sempre dato quello stimolo in più. “Ero un difensore ma ho sempre avuto il fiuto del goleador: se non segnavo, piangevo. Specialmente dopo il Mondiale ho cominciato a fare tante reti, sia a Palermo che a Parma”.
30 esatte in carriera, gustate una per una. “Sì, il mio pallino era il gol: strano per un difensore no? Mi vedevano questa cattiveria in allenamento, con le palle ferme e non solo”, racconta Zaccardo rispolverando i tempi in gialloblù. “Magari da terzino davo palla all’ala, arrivava il cross e io mi buttavo dentro l’area: ‘Cosa ci fai qua?’, Crespo mi rimproverava”. Attenti al bomber, quello di mestiere. “Quante risate. Mi piaceva avere un sistema di gioco che mi permetteva di salire in attacco e cercare il gol. Per me, per la squadra. Anche per il fantacalcio”.
Una delle grandi passioni di Cristian, sempre pronto a puntare…su sé stesso. “Ho passato l’infanzia a giocare a Football Manager, Championship Manager…e poi al fanta, certo. Mi ricordo di un anno a Palermo, quello di Toni, Barone, Zauri. L’abbiamo fatto con la squadra, con Morrone e altri: avevamo l’obbligo di comprarci nella nostra rosa e vinsi io”. Come risolvere il conflitto d’interessi. “Sempre, al fantacalcio mi compravo per forza. Ora purtroppo non posso più”.
Mettendo a freno la nostalgia, qualche trucco del mestiere si può comunque svelare. “Allora, la prima cosa che guardo è il ruolo nel listone di alcuni giocatori chiave”, si accende l’ex difensore. “Per esempio, se Chiesa o Papu Gomez sono centrocampisti invece che attaccanti spendo una fortuna. Oppure investo sui rigoristi. Anche se dipende da come si fa l’asta, se al computer o con gli amici: lì le strategie cambiano”. I fantaconsigli di Cristian Zaccardo? “Beh, Ronaldo va sempre preso. Quest’anno poi sarà interessante vedere in che squadra giocherà Icardi, se arriverà Lukaku. C’è ancora un po’ di tempo per studiare”.
Adrenalina per la speculazione che va oltre il calcio. “La finanza. Giocare qualcosina in borsa è un’altra mia grande passione”, confessa Zaccardo. “E anche il calciomercato: aspetto sempre con ansia la bomba dell’estate. Che sia intuito da fantacalcio, mediatore o ds, questo è il mio mondo. Più che l’allenatore mi piacerebbe diventare un consulente di mercato. A cui danno a disposizione budget e target, io trovo il giocatore mettendoci la faccia e magari il campo mi darà ragione. Sarebbe una grande soddisfazione”.
È l’obiettivo del futuro? “Cerco di migliorarmi, non ho l’esperienza da manager ma studiando e con le mie idee, le mie capacità e il mio vissuto calcistico spero di fare qualcosa di buono anche in altre vesti. Sto valutando delle proposte, delle chiacchierate che ho avuto con squadre minori”. Zaccardo non dice chi e si prende il suo tempo. “Non voglio andare allo sbaraglio. Ora sono in vacanza ma continuo ad aggiornarmi e ad imparare l’inglese, magari un’esperienza all’estero mi piacerebbe. Aspettiamo e vediamo”.
Il bello di un nuovo capitolo che comincia è avere tutte le porte aperte. Fino a quando se ne dovrà prendere una, e allora torneranno i what if. Ma stavolta, in più, c’è una vita compiuta da calciatore per aiutare Cristian a scegliere.