Sorrentino, maestro in Gambia: “Barrow e Colley? Che soddisfazione”

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Di Alessio De Giuseppe

Per superficie è la metà della Lombardia, e fa un decimo degli abitanti. Il Gambia è quella lingua di terra circondata dal Senegal. E' lo stato più piccolo dell'Africa continentale. La storia ha fatto si che lo diventasse, che li si parlasse inglese e si giocasse a calcio. Eppure la nazionale del Gambia non ha mai partecipato alla fase finale della Coppa del Mondo e tanto meno a quella della Coppa d'Africa. Ma questo non ha fermato Luigi Sorrentino, agente, scopritore e praticamente papà adottivo di Musa Barrow ed Ebrima Colley.

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Se oggi il Gambia è conosciuto nel calcio italiano è grazie a loro e a Sorrentino, che periodicamente vola a Banjul - la capitale – per scovare giovanissimi talenti. Barrow vive un periodo personale straordinario, con il gol al Napoli sono 8 le reti in 14 presenze da quando si è trasferito al Bologna. Segna un gol ogni 133 minuti. Per la gioia di Sinisa Mihajlovic, che a gennaio fece di tutto per convincere Sabatini a portarglielo. Bisognava accordarsi con Gasperini, che accettò ma ad una condizione: se parte Barrow, non parte Colley. Il fratellino calcistico di Musa, di due anni più piccolo. Nell'ultima partita contro il Brescia ha giocato 45 minuti.

“E' il momento più felice della mia vita” - dice con la voce piena di orgoglio, a gianlucadimarzio.com, l'agente Luigi Sorrentino - “se fosse possibile, vorrei cristallizzare questo momento, è tutto perfetto”. Un rapporto nato con i due ragazzi otto anni fa, esattamente nel 2012, quando Barrow di anni ne aveva 14 e Colley appena 12: “La prima volta che ci parlai si vergognavano di guardarmi negli occhi. Erano timidissimi, non spiccicavano parola. Ma non importava, bastò guardarli in campo per capire che avevano qualcosa in più”. Ad accompagnare Sorrentino nel primo viaggio in Gambia fu Maurizio Costanzi, attuale responsabile del settore giovanile dell'Atalanta, all'epoca al Chievo. Le porte di Banjul si aprirono grazie ad Ali Sow: “Lo portai al Chievo e notai grande qualità. Cosi mi chiesi cos'altro potesse esserci in Gambia. Avevo un amico in Senegal che mi fece strada: il fatto che sia uno stato piccolo mi aiutò, i contatti con le principali società di calcio furono immediati. Con Costanzi andammo a vedere qualche partita e dal primo giorno ci impressionarono proprio loro due. Lui mi disse 'a vederli giocare ti si riempiono gli occhi'. Quella frase mi convinse a parlarci e a seguirli”.

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Portarli in Italia dal Gambia però non fu semplice, di recente abbiamo raccontato la storia dell'altro gambiano del Bologna, Musa Juwara, arrivato nel nostro territorio irregolarmente a bordo di un barcone: “Barrow e Colley invece sono arrivati qui in maniera assolutamente regolare – spiega Sorrentino - grazie ad un visto per motivi di studio. E' stato veramente complicato, le ambasciate hanno tempi di attesa lunghissimi e aspettammo due anni per ottenere il visto. E' stata un'odissea, quando ci riuscimmo uno dei due sull'aereo per l'Italia si mise a piangere, all'altro disse che non poteva crederci che ci fossimo riusciti”.

Da quel momento in poi l'obiettivo di Luigi Sorrentino era diventato quello di fare integrare i due ragazzi con la nostra cultura: “Negli anni di attesa per il visto andai in Gambia a trovarli spesso. Mi sincerai che oltre ad allenarsi stessero continuando a studiare a scuola. Avevo un senso di responsabilità anche nei confronti delle famiglie. La mamma di Barrow mi disse chiaramente che da quell'istante mi sarei dovuto prendere cura di suo figlio come se fossi il padre. E cosi feci. Con lui e con Colley”.

Sorrentino così nel 2016 porta entrambi all'Atalanta, ma i primi periodi non furono semplici, per Ebraima soprattutto, era troppo piccolo: “Non aveva ancora la maggior età quando arrivò in Italia. Da regolamento un extracomunitario deve aspettare i 18 anni per poter giocare, quindi il primo anno e mezzo si allenò e studiò soltanto. A ripensarci ora però quel periodo fu importantissimo: imparò la lingua, capì come si viveva in Italia e qual'era la cultura del lavoro all'Atalanta. Oggi grazie a quei diciotto mesi lo possiamo considerare pronto. Per Barrow fu più semplice, arrivò da maggiorenne e nel settore giovanile andò subito benissimo. Poi arrivò la prima squadra e lì, comprensibilmente, cominciò a vedere meno il campo”.

Comprensibilmente si, perchè Barrow davanti, anche solo all'inizio di questa stagione, ha avuto Zapata, Ilicic e Muriel e così per poter giocare passò da Gasperini a Mihajlovic: “Faccio sempre il tifo per i miei ragazzi, ma se non giocano do la colpa all'allenatore – ammette Sorrentino – ma a Gasp non posso dire nulla. Aveva troppi attaccanti forti in quella squadra, era veramente difficile trovare spazio. Nonostante questo ha avuto le sue chance e si è fatto vedere e alla fine è arrivato il Bologna. Con Mihajlovic si trova benissimo. Lo tratta come un uomo vero. Sa quando stimolarlo e quando rimproverarlo. La chiave del successo è stata questa”.

Ora Barrow ha 22 anni, Colley 20, parlare di futuro diventa inevitabile: “Ebraima ha qualche offerta. L'Atalanta però non ha intenzione di cederlo, al massimo in prestito perchè ha bisogno di giocare. Musa a Bologna è felicissimo: è in una società seria, che diventerà un grande club, in una città bellissima abitata da gente che lo ha fatto sentire a casa fin dal primo giorno. L'unico motivo per cui dovrebbe andare via è per Mihajlovic. Se Sinisa dovesse andare in un'altra squadra credo gli possa venire voglia di seguirlo”.

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“Ripensare al lavoro che abbiamo fatto con questi due ragazzi mi da un enorme soddisfazione” conclude Sorrentino che intanto ha già le valigie pronte, a breve un altro viaggio in Gambia: “Ho già adocchiato qualche altro ragazzo. Sono sincero però, forti quanto Barrow e Colley non ne ho rivisti più”.

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