Arezzo, passione e resilienza

Per capire cosa è l'Arezzo basta osservare la Curva Sud. Oggi porta il nome di Lauro Minghelli, ragazzo che se n'è andato troppo presto. Aveva solo 31 anni, ma la SLA non ha avuto pietà. E' volato via il 15 febbraio del 2004, mentre l'Italia piangeva Marco Pantani. Lauro giocava a centrocampo, nelle giovanili del Torino aveva condiviso l'appartamento con Vieri. Uno degli ultimi a salutarlo è stato Cosmi: "Serse, ascolta: Lauro sembra alla fine", gli dicono al telefono. Lui prende la macchina e la mattina è in ospedale a salutare il suo guerriero. La sera lo piange, perché spesso la vita è questione di attimi.

Cosmi ad Arezzo lo amano tutti, ma non è sempre stato così. Nel 1995 lo conoscono in pochi, perché viene dai dilettanti del Pontevecchio. Li ha portati dalla Prima Categoria all'Interregionale, un traguardo storico. Serse, però, è di Perugia e questo alla città non piace. La rivalità è forte, ma lui fa parlare il campo. Prima vince la Serie D, poi la C2. Lo spareggio con lo Spezia ha contorni mitici. Si gioca a Pistoia, 120 minuti di pura passione. Alla fine decide il rigore di Campanile, però tutti si ricorderanno il gol di Roberto Balducci. "Il tacco di Dio", lo ribattezza Serse, a cui dopo pochi giorni squilla il cellulare: "Ti aspetto a casa", gli dice Gaucci. Impossibile dire di no al Perugia e alla Serie A: "Serse, tanto di cappello", questo lo striscione con cui Arezzo lo saluta.

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Storie di allenatori. Da quella panchina sono passati anche Sarri e Conte, esonerati nella stessa stagione da Piero Mancini. Ex presidente, come Ciccio Graziani. Lui che arrivò ad Arezzo giovanissimo per poi vincere lo scudetto con il Torino. Ci è tornato dal 1993 al 1998, ricostruendo da dietro la scrivania una società reduce dal primo fallimento. Da farci un libro, un thriller più che un giallo alla "Montalbano". Nel 2012 nel CDA dell'Arezzo c'è anche Luca Zingaretti, portato dal direttore generale Walter Martucci. La moglie Luisa Ranieri gli tira le orecchie, perché la domenica la lascia sempre sola per le partite di pallone, canterebbe Rita Pavone.

 

 

 

Orgoglio Amaranto

Arezzo è amore e riconoscenza. Sorpresa e resilienza. E' la battaglia totale vinta da Massimo Pavanel. Stagione 2017/18, la società sta fallendo e a rimetterci è la squadra. 15 punti totali di penalizzazione, la salvezza sembra impossibile. Pavanel è a terra: "Papà dici sempre a me di non arrendermi e proprio tu adesso vuoi lasciare tutto?", lo incalza la figlia Luna. Dopo un mese di stop forzato, i suoi ragazzi tornano in campo: "Sarà battaglia totale", li esorta l'allenatore. Da lì una rimonta incredibile e la salvezza ottenuta all'ultima giornata. 

Oggi sulla panchina dell'Arezzo c'è Daniele Di Donato, il terzo giocatore di sempre con più presenze (413) in Serie B. Oggi l'Arezzo esiste anche grazie ad Orgoglio Amaranto: "Un comitato no profit creato nel 2010 dai tifosi che, con una sorta di primo azionato popolare, decisero di acquistare l'1% della società", ci spiega Francesco Chiericoni, che ne è il vicepresidente. Incredibile pensare come una realtà così piccola possa aver salvato un club, ma ad Arezzo è successo: "Nel 2017 con un esercizio provvisorio abbiamo fatto da tramite fra la vecchia società che stava naufragando e la nuova proprietà di La Cava - ci racconta con orgoglio Stefano Farsetti, presidente di Orgoglio Amaranto - si stava andando verso un fallimento pilotato, ma ci siamo imposti grazie al nostro 1% tirando l'Arezzo fuori dalle acque tempestose".

L'Arezzo oggi è decimo nel suo girone di Serie C. E' aggrappato con tutto sè stesso all'ultimo posto disponibile per garantirsi la possibilità di giocare i playoff e di sognare la B. Sarà una battaglia anche stavolta. Lotta, passione e resilienza: questo in fin dei conti è sempre stato il suo dna.

 

 

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