Tifosi-soci e sempre allo stadio: il modello vincente di Spagna e Germania

Per riempire uno stadio sono necessari diversi elementi che ne sanciscono il successo al botteghino o il fallimento, visibile sugli spalti con un numero elevato di seggiolini rimasti invenduti. Ad influire sul sold-out di un impianto ci sono i risultati della propria squadra, l'avversario che si andrà ad affrontare e l’esperienza all’interno dello stadio che ogni tifoso può vivere. Per far partecipare il tifoso in maniera sempre più integrata è possibile renderlo partecipe anche di altre scelte importanti ai fini della crescita della società. Così come avviene in Spagna, dove ogni tifoso attraverso una quota sociale annua diventa socio, acquisendo i poteri di partecipare agli aspetti organizzativi della squadra. Può votare nell’elezione del Presidente o candidarsi, o semplicemente indirizzare le decisioni aziendali, proprio come è avvenuto per Barcellona e Real Madrid

 

Il Barcellona e il Camp Nou

 

 

È un impianto storico, inaugurato nel 1957 a Barcellona. Tra gli stadi dei top club europei è l’unico a non avere ancora una copertura integrale. Per questo e per renderlo ancora più efficiente la squadra blaugrana ha deciso per un restyling corposo della struttura per una spesa di 600 milioni di euro. Al contrario degli stadi italiani, il Camp Nou si trova all’interno del cuore pulsante della tifoseria del Barcellona. Un legame indissolubile quello tra la squadra e la città che l’ha resa un caso unico nel panorama europeo. Tifosi che fin dai primi passi del progetto di restyling hanno imposto un unico veto: quello che anche durante i lavori il numero assicurato di posti non doveva scendere sotto gli 86 mila posti, il numero degli abbonati, che per sottoscrivere il tagliando pagano 600 euro all’anno per una media di 28 partite comprese quelle di Liga, Copa del Rey e Champions League. Un obbligo che costerà al Barcellona 2 anni in più di lavori che ne dureranno cinque. 

Con questo però il Barcellona continuerà a giocare al Camp Nou, la sua casa. Non solo il luogo in cui gioca le partite, ma anche quello da cui proviene la maggior parte dei tifosi. Più del 50% dei 143 mila tifosi affiliati al Barcellona proviene infatti dal quartiere nel quale è situato il Camp Nou. Un’identificazione con la piattaforma sociale che difficilmente si riscontra nelle altre squadre in Europa.

Una questione di valori, prima ancora che di economica. Come i prezzi dei biglietti. Se si applicasse infatti la stessa politica adottata dall’Atletico Madrid per il nuovo stadio alla fine dell’anno arriverebbero 15 milioni in più rispetto al modello attuale.

Altri aspetti però rendono lo stadio tra i modelli da seguire. Uno studio dell’amministrazione locali ha stimato che il 10% dei turisti che passano per Barcellona hanno come prima tappa il Camp Nou. E poi il museo, bacheca dei tanti trofei e dei cimeli della lunga storia blaugrana, che incassa 45 milioni all’anno. Lo stesso budget di 8 squadre della nostra Serie A.

Ma a Barcellona le questione di marketing, hanno un ostacolo in più, quello della storia e dei valori catalani. Dunque spazio al nuovo Camp Nou, ma prima bisogna avere il consenso dei tifosi.

 

Il Real Madrid e il Bernabeu

 

 

 

La sfida tra Barcellona e Real Madrid si gioca in campo, ma anche sugli spalti. Al restyling del Camp Nou anche i blancos risponderanno con un ammodernamento del Bernabeu. Costo superiore ai 500 milioni per un restyling tecnologico e per costruire una copertura retraibile totale dell’impianto. Un’opera che cambierà completamente l’aspetto del “vecchio” Bernabeu ma che porterà al Real Madrid 150 milioni di euro di introiti in più all’anno. L’ammodernamento di una struttura risalente al 1947 non amplierà la capienza, saranno infatti solo 800 i nuovi posti destinati a persone con disabilità, mantenendo una capacità totale di 81.844 spettatori.

Anche il Real Madrid dovrà fare i conti con il problema degli abbonati. I lavori infatti dovrebbero iniziare la prossima estate e durante il corso delle due stagioni seguenti nessun posto verrà privato all’impianto. Per quanto riguarda il naming rights invece sarà più difficile trovare un marchio da accostare all’impianto. Sia perché il tifo tradizionale del Real Madrid rimarrà legato al nome Bernabeu, ma soprattutto perché trattandosi di un rifacimento di una struttura esistente difficilmente il nome nuovo riuscirà a sostituire il vecchio. Così come è successo per il St. James Park del Newcastel, diversamente dagli altri nuovi stadi del Bayern Monaco, Atletico Madrid e Arsenal.

Perché il Bernabeu non è soltanto una serie di seggiolini aggettati su un prato verde, ma è la casa dei blancos e quella di tanti tifosi.

 

 

 

 

 

 

 

In Germania, non solo Bayern Monaco e Borussia Dortmund 

 

 

In Germania in occasione dei Mondiali di calcio del 2006, sono stati investiti ben 2 miliardi di euro in strutture e infrastrutture: i maggiori comfort hanno senz’altro attirato più persone allo stadio, aumentando i ricavi per gara, il budget di mercato delle società di club e dunque anche i risultati di gara. Ben 10 stadi su 18 sono di proprietà delle squadre e nello scorso anno la media delle presenze in Germania è stata di 44 mila spettatori, quasi più del doppio rispetto all’Italia (23.564). Il Friburgo ultima squadra per media spettatori (23,833), ha superato la Fiorentina, settima nel nostro campionato per tifosi presenti allo stadio ogni partita. Persino le prime tre squadre dello scorso anno della seconda divisione avevano una media di spettatori superiore ai 25 mila spettatori, dato che li avrebbe posizionati a metà classifica in Italia.

Una ricerca del successo economico che parte però dalla valorizzazione del tifo e del tifoso come cliente. Si pensi che l’abbonamento più economico all’Allianz Arena di Monaco ha un costo molto minore (140 euro) rispetto all’omologo di Torino (500). In media un abbonamento nei settori popolari nel nostro campionato costa 254 euro, meno di 200 euro invece in Germania. Una differenza ampia se si parla solamente di settori popolari e che viene amplificata in riferimento agli altri posti dello stadio

Come per la Spagna anche in Germania molto spazio è dato alle scelte dei tifosi. Vige infatti la regola del 50+1, condizione secondo cui la maggioranza deve rimanere ai tifosi-soci. Nel Bayern Monaco infatti l'altro 49% è di proprietà di tre grandi aziende (Audi, Allianz e Adidas), tutte radicate all'interno del territorio bavarese.

Sono questi i modelli che l’Italia ha mancato di seguire. La Serie A e la Bundesliga per caratteristiche strutturali, delle squadre e societarie possono essere paragonate. L’Italia ha però mancato negli ultimi anni la possibilità di organizzare una competizione a livello internazionale, che siano Europei o Mondiali, in grado di dare la spinta acceleratrice per la ristrutturazione degli stadi. L’occasione che arrivò con i mondiali del 1990 è stata forse prematura rispetto alle future esigenze dell’esperienza all’interno dello stadio. Era però ancora troppo presto per pensare agli stadi di proprietà e allora continuò ad aver ragione l’idea che lo stadio doveva essere parte della comunità, ma non in senso geografico, piuttosto in senso demaniale e quindi di proprietà del comune o degli enti dedicati allo sport (CONI). Così la Germania ha visto nascere i suoi impianti migliori: l’Allianz Arena, lo stadio Borussia Dortmund e quello dello Schalke, l'Italia resta a guardare come un tifoso distratto e poco attento, per nulla socio.

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