"Dacia Arena? Lo abbiamo pensato così. Modello diverso dalla Juventus"

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Era il 13 marzo 2016. L’Udinese stava per entrare nella storia. L’Udinese stava per entrare nella storia. Titoli sportivi? Non questa volta, dopo le qualificazioni in Champions League e Europa League, storiche per una squadra di una città di circa 100mila abitanti, i meriti ora sono commerciali, che però nel calcio non sono affatto da sottovalutare, anzi. Nasceva infatti la “Dacia Arena”, il primo impianto in Italia che prendeva il nome di uno sponsor. Un progetto nuovo, diverso, che partiva da quello della Juventus la quale poi replicherà pure rinominando il suo “Juventus Stadium” in “Allianz”. “Ma non avevamo capito di essere stati dei pionieri”, confessa il direttore amministrativo dell’Udinese Alberto Rigotto, project manager dello Stadio Friuli Dacia Arena. Lo fa in esclusiva per Gianlucadimarzio.com.

La nostra inchiesta sugli stadi si sposta a Udine, dove la società dei Pozzo si è sempre dimostrata molto lungimirante. “Devo però ammettere una cosa: sono rimasto comunque perplesso per alcune questioni emerse durante tutto l’iter per arrivare a creare uno stadio come questo. Detto questo, siamo felici di avere ottenuto la possibilità di ospitare la finale a fine giugno degli Eruopei Under 21, oltre a un girone”. Battendo per altro la concorrenza di Bologna, Trieste e Reggio Emilia. Vero, i tempi sono stati lunghi, ma c’è la consapevolezza di avere aperto una strada nuova: “Il modello normale era quello di chiedere sovvenzioni allo Stato. Ma non ha chiaramente funzionato. Il nostro è diverso: cercare con i soldi privati un accordo anche con l’amministrazione comunale. Ci siamo riusciti e abbiamo risposto a un’esigenza del pubblico, che non ama entrare in stadi vecchi e fatiscenti. Il vecchio Friuli costava un milione a bilancio, ora invece genera ricavi”.

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Quantificabili? Eccome: “Si può valutare in 6-7 milioni di surplus per la gestione 2018 tra biglietti, hospitality, pubblicità e altre voci. Ma la nostra idea è quella di andare avanti per creare uno stadio 2.0, sviluppando un’area da 20mila metri quadrati già a nostra disposizione per attività extrasportive”. L’idea è ben chiara, con il progetto che verrà presentato nei prossimi mesi: “Dobbiamo finire i dettagli dal lato estetico. Il piano è quello di creare una piscina con palestra, una clinica riabilitativa da 4mila metri quadri, poi ristoranti, bar, una birreria, il museo dello sport friulano, una sala per la musica e il Macron store. Tutte attività subaffittate o cogestite”. Che possono portare a ulteriori incassi e rimandano direttamente a un altro progetto che sta funzionando, quello della Juventus.

Ma una cosa così è tutta dell’Udinese”, spiega Rigotto. “Perché noi intendiamo queste attività all’interno dell’area dello stadio, non fuori. La Juve e il Sassuolo hanno le aree commerciali fuori dall’impianto. Il nostro è proprio il modello americano, che sta funzionando molto”. Certo, con la Juventus i confronti ci sono stati eccome: “Sono una società eccezionale, si è dimostrata subito disponibile ad accoglierci. Le differenze con loro? Intanto il diritto di superficie: l’Udinese spende 40mila euro l’anno per 99 anni senza possibilità di cederlo, mentre loro hanno pagato 20 milioni per poi rivenderne immediatamente una parte alla Conad per la realizzazione dell’area commerciale. Poi per costruire la Juventus ha speso circa 130 milioni, noi 35. E mentre i piemontesi hanno avuto un fondo di garanzia (la Exor), noi abbiamo dovuto immaginarci tutto un business plan, prassi molto più complicata. Abbiamo dovuto imbastire l’operazione basandoci sui nostri bilanci: sinceramente penso che in Italia sia più replicabile un modello come il nostro, visto anche il flusso di proventi dai diritti di immagine che è minore rispetto alla Juve. Il nostro segreto è stato trovare un accordo con l’Amministrazione comunale, oltre chiaramente a un bilancio sano e a un progetto non faraonico quantificabile in circa 35 milioni”.

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Investimenti, progetti futuri e una direzione da prendere. L’Udinese sta tenendo in considerazione numerosi fattori e numerose variabili. “Sicuramente fra qualche anno si alzerà il costo di manutenzione: ora l’impianto è nuovo, ma poi ci dovremo mettere mano noi. La nostra idea è di seguire proprio lo stile della Juventus per i ricavi: puntare a una politica di stadio riempito quasi da soli abbonati. Vale a dire, mantenere alto il costo del biglietto della partita singola, per incentivare il tifoso a fidelizzarsi. Già sta avvenendo: siamo passati da 10mila a 13mila abbonati. I ricavi? Come dicevo prima, a oggi registriamo un surplus di circa 6-7 milioni della gestione. Ma immaginiamo di riuscire ad arrivare a 10 una volta completato il progetto che abbiamo in mente”. Modello americano, progetto quasi ultimato: l’Udinese pensa al futuro e ad aprire una strada che potrà essere seguita da molte altre società.

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