Mare, sogni e record: a Monopoli il calcio è una Scienza esatta

Da un lato c'è il mare, dall'altro la campagna pugliese fatta di masserie di lusso e muretti al secco. Nel mezzo c'è l'anima operaia del Monopoli, una squadra che ha fatto della carta "imprevisti" una compagna di vita nel mondo del calcio. Se i turisti che arrivano da mezzo mondo per visitare questa perla abitata da 50mila persone e affacciata sull'Adriatico si lasciano incantare dalle mura bianche, dai vicoletti e dal percorso che unisce il Castello Svevo e il porticciolo, gli addetti ai lavori sono stati spesso folgorati quest'anno dal gruppo allenato da Beppe Scienza.

Passeggi nel cuore della città, in piazza Vittorio Emanuele e vedi un uomo vestito di biancoverde. Lo salutano tutti ("Mia moglie non vuole passeggiare con me infatti" ride), ha 67 anni e una vitalità fuori dal comune: è il libro vivente del Monopoli e si chiama Pino Sportelli. Sarà il nostro Caronte: "Dal 1966 al 1969 sono stato portiere nella Berretti, ma non guardarmi così perché sono basso. Prima i portieri erano più bassi e più reattivi" sorride con l'atteggiamento che l'ha contraddistinto nelle altre vesti: giornalista, addetto stampa e poi addetto agli arbitri per 20 anni. Fino allo stop del cardiologo. "Mi ha detto che esagero in panchina e mi ha costretto a fermarmi".

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Zoccolo duro e annate da record

Pino passeggia, i più giovani lo fermano per una chiacchierata. I suoi coetanei per un caffè. Così ci rifugiamo in un bar: "Lo zoccolo duro è fatto da 2000 tifosi: ci sono tante persone che seguono ma poche che ci sono sempre. Negli anni delle tre promozioni consecutive eravamo 11mila sugli spalti del Veneziani, quando battemmo il Brindisi e andammo in C2". Erano gli anni della fiumana pedonale a tinte biancoverdi verso lo stadio: chi si muoveva da piazza Duomo, chi da piazza Garibaldi, chi ancora dai centri più vicini. "Questa città ha tanta storia - ci ricorda Pino - pensa che diversi decenni fa il territorio di Monopoli arrivava fino all'attuale zona dell'aeroporto di Brindisi". Chissà se Peter, turista Usa nel quale ci imbattiamo per un selfie, è atterrato lì.

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Il tombino portafortuna

Di certo non conosce però l'aneddoto del tombino, quello che ha portato Pino anche sulle pagine dei quotidiani nazionali. "Vicino alla panchina del Monopoli c'è un tombino e ogni volta che mi alzavo per andare sul tombino il Monopoli segnava e vinceva. Questo è successo per due anni. Una volta che sul 2-0 mi sono permesso di non stare sul tombino, l'allenatore dell'epoca, Dino Bitetto, e i giocatori mi hanno costretto a restare sul tombino. Vincemmo 4-1. Quando ho interrotto? Quando il cardiologo mi ha detto di fermarmi". La fama di portafortuna però è rimasta, come racconta il rapporto con Beppe Papadopulo: "Ha allenato per due anni il Monopoli, poi siccome credeva che io portassi bene mi ha chiamato quando era a Siena e Palermo chiedendomi di toccare la maglia biancoverde. Gli ho portato bene".

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La grande delusione

Eppure alla S.S. Monopoli 1966, ripartita 54 anni fa, è toccato anche un decennio senza pallone: "La più grossa delusione? Dieci anni senza calcio quando il cavalier Bellomo chiuse i rubinetti. Ma dico che ci hanno fatto bene" spiega Sportelli. Che la sua memoria l'ha messa anche su carta, su un numero da collezione: "Racconta la storica promozione del Monopoli in C1. Ci sono foto vecchissime, che dopo tanto lavoro abbiamo messo insieme per celebrare un'annata speciale". Ma il giocatore preferito è rimasto sempre uno: "Capuano, un nostro centrocampista. Lanciava per 50 metri e metteva la palla sul piede dell'esterno offensivo". Uno dei pochi a placare Don Giacomo, prete caloroso e tifoso della squadra: "E' venuto a mancare da poco, si faceva notare da tutti in tribuna e talvolta inveiva contro l'arbitro. E se il Monopoli perdeva rompeva la radiolina".

Una storia di spareggi

Dal centro storico allo stadio Veneziani ci sono poche centinaia di metri: a seguire "U M'naupl" ci si va a piedi, dopo aver gustato magari una frittura sul mare se la bella stagione lo consente. "Questa è una squadra di spareggi- ci ricorda Pino - nel 1968 perdemmo lo spareggio contro il Castellaneta passando per la monetina, l'anno dopo sempre con la monetina vincemmo lo spareggio a Giovinazzo contro il Putignano. Ma la storia è lunga. Sarà un vezzo o una pessima abitudine, questo non lo so. Nel cuore però ci sono tre squadre: quella dei 102 punti in Serie D, primato intatto ancora oggi alla pari con la Juventus, poi quella del 1988 in C1 che sfiorò la promozione in B e poi quella di quest'anno. Siamo ripartiti e ora ci godiamo questa squadra che ci fa sognare. E ora sogniamo il secondo posto: sarei curioso di vedere cosa riusciremmo a combinare, tutti insieme". Con il Gabbiano nel cuore.

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Laricchia: "Il sogno è l'Atalanta, i modelli Pontedera e Renate"

Due salvezze risicate tra il 2014 e il 2016, due partecipazioni ai playoff con eliminazione al primo turno e ora il sogno di chiudere il torneo sul podio. Se a Monopoli il Gabbiano vola sempre più in alto il merito è di uno staff di lavoro "sforbiciato" negli anni e arricchito da "professionisti che badano al calcio come prima occupazione" sottolinea l'amministratore unico Alessandro Laricchia. "Abbiamo cominciato il programma in solitaria 3 anni fa promettendo programmi diversi rispetto a biennio precedente, puntando su giovani e gente affamata. Abbbiamo dato un taglio professionale. Io e Onofrio Lopez, il presidente, ci confrontiamo ma abbiamo creato un sistema che ha incastrato le pedine giuste".

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Anche nella comunicazione, dove i biancoverdi hanno conquistato spesso e volentieri la ribalta. L'ultima trovata, che ha messo in collegamento una parte il protagonista di un film cult degli anni Ottanta come Lino Banfi nell'Allenatore nel Pallone, alias Oronzo Canà, e dall'altra Giuseppe Scienza ("Il mister ha trovato il suo angolo ideale, ha trovato gli equilibri giusti e dimostrato quanto vale" dice di lui Laricchia), il vero allenatore del Monopoli. La squadra è entrata nel cuore della città e a volte anche nelle case: come a Natale 2018, con il video virale con protagonisti tutti i calciatori della squadra, alla ricerca di una casa e di una tavola per il cenone della vigilia di Natale a causa dei due turni di campionato in calendario tra il 26 e il 30 dicembre.

"C'è entusiasmo - spiega Laricchia - da parte nostra la voglia è di seguire società che riteniamo un modello come Pontedera e Renate. Spostando il mirino più in alto, dico Atalanta". In campo il simbolo è Giuseppe Fella, attaccante classe 1993: svincolato in estate, a segno 15 volte nelle prime 25 giornate di campionato. "Una storia da libro Cuore. Eravamo in trattativa per Saraniti e per questione di costi abbiamo virato su questo ragazzo" ammicca Laricchia. "Playoff? Devo essere sincero, questa squadra ci stupisce sempre di più: ha dei valori umani e tecnici straordinari". E strizza l'occhiolino alla C. Come i turisti al mare, quando dal centro storico intravedono il porticciolo e l'adriatico.

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