L'ultima panchina del Trap: "Così mio nonno si è preso i social"

strong>#Strunz, #acquasanta, #catinthesack. Hashtag da boom, se i social fossero sempre esistiti. E Giovanni Trapattoni protagonista anche sul web. È ciò che ha pensato anche Riccardo Felici: 25 anni, specializzato in digital marketing e nipote del Trap. “Volevo dare giustizia a ciò che era stato mio nonno”, ci racconta ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com. “La materia prima c'era: si trattava solo di prendere un personaggio che era fortissimo in analogico e convertirlo in digitale.

Detto fatto. @giovanni_iltrap sbarca sui social: da ottobre a oggi, oltre 100mila followers su Instagram e un ruolo reinventato attraverso Riccardo. “Per prima cosa gli ho creato un sito web. Poi ho proposto la sfida social alla famiglia, ma all’inizio non è stato facile superare le perplessità”. Per un nuovo mondo che mangia, spara a zero, ridicolizza: il rischio che uno degli allenatori più cult del nostro calcio diventasse una macchietta del web era elevato. “Già, ma l’avevo preparata bene. Attraverso una strategia di storytelling che valorizza il passato di mio nonno e soprattutto fa scoprire chi è dietro le quinte. Il personaggio che ne emerge è un Giovanni Trapattoni fuori dal campo ancora capace di insegnare e trasmettere dei valori con simpatia”.

 

E lui come l’ha presa? “Ci ha messo un po’ a mettersi a suo agio, conosceva il pc e internet ma non li usava perché non gli servivano. Però ormai è lanciato, partecipa attivamente: io magari gli do l’input, ridiamo e scherziamo insieme e attraverso l’interazione vengono le idee. -È incredibile quanto questi social mi mettano in contatto con i miei fan-. I messaggi che arrivano sono tantissimi, impossibile rispondere a tutti. Ma glieli leggo e lui ci vuole provare. -Dai, digli questo, rispondigli quell’altro!-”. L’entusiasmo di un bambino. “Ci tengo a dire che dietro a questo progetto nessuno ci guadagna nulla”, continua il nipote del Trap. “È solo una bellissima sfida”.

Tutto si gioca sul filo dell’equilibrio. “L’approccio utilizzato è sempre all’insegna dell’autoironia, come Trapattoni era nelle conferenze stampa. Ha sempre portato con sé una componente popolare: dall’uso di detti e metafore agli errori grammaticali nelle lingue straniere. Non si tratta solo di prendersi in giro, c’è anche qualcosa di più profondo che magari tanti non colgono”. La base nascosta dei suoi 22 trofei da allenatore. “Anche con la sua entrata su Instagram abbiamo cercato di sottolineare un processo: un ottantenne che all’inizio non conosce il mondo dei social, lo scopre pian piano e poi inizia ad avere quei problemi tipici delle nuove generazioni.

-Ecco, non funziona il Wi-fly!-, si è lamentato con me una volta”. Spot geniale. “E poi l’ossessione con gli hashtag, il piacere della scoperta. Attraverso l’autoironia il prodotto ha un taglio apprezzato e da lì si possono costruire anche contenuti più seri e racconti di vita. Proprio perché mio nonno vuole lasciare ancora qualcosa ai più giovani”.

 

Giuanin cavalca l’onda, fresco di un compleanno festeggiatissimo anche sui social. “Il risultato globale è stato bellissimo e lui si è emozionato tanto. -Guarda questi 80 anni inaspettati, nella rivoluzione digitale-. Si è sentito molto vicino alla gente. Domenica abbiamo fatto tutto in famiglia, ma quanti messaggi, quante telefonate”. E poi ci sono stati gli ‘eventi mondani’. “Già, lo speciale su Sky, la canzone ‘trap col Trap’ di Shade. Uno dei miei lavori è stato anche organizzare l’ottantesimo in questo modo, all’insaputa del nonno. Sorpresa riuscita!”.

E un breve ritorno sotto i riflettori che l’ex ct aveva deciso di togliere da sé. “Da qualche anno Trapattoni ha smesso con le collaborazioni sportive. È stata una scelta personale, per dedicarsi sempre più alla famiglia, a mia nonna, alla sua nipotina più piccola. Oggi il Trap è un nonno a tempo pieno. E fidatevi, non se la sentirebbe più di andare a fare nemmeno una telecronaca: è un mondo che ormai non gli appartiene più”. Con buona pace delle tv.

Dice sempre che il calcio che è cambiato tanto. -Io di andare nei salottini non me la sento. Chi sono io per giudicare a freddo l’operato di un mio ex collega senza essere presente in spogliatoio?-. Anche sul caso Icardi è stato chiaro e tondo. -Una questione troppo personale per esprimere un giudizio. Non mi riguarda. Invece oggi anche attraverso i social c’è la tendenza a puntare il dito molto velocemente e molto superficialmente”.

Impara in fretta, il Trap. E nello spirito, resta l’uomo e l’allenatore di sempre.-Stanotte ho sognato che ero lì in mezzo alla partita-, mi ha raccontato una volta. Gli manca il mestiere di una vita, però non lo rimpiange. -A 80 anni sarebbe folle pensare di poter allenare ancora. Non sono un highlander-. Eppure continua a ricevere proposte in giro per il mondo! Ormai ne prende atto: lui era uno sempre molto attivo durante gli allenamenti, si muoveva con i suoi giocatori. -Non ce la faccio più neanche a correre, figurati cosa farei sul campo. Non sarebbe quello che ho fatto prima, si tratterebbe solo di un dispiacere per me-”.

 

 

La serenità della vecchiaia. Per Riccardo è quasi una fortuna. “Grazie anche a questo progetto, il nostro rapporto nonno-nipote non è mai stato così forte come oggi. Quand’ero piccolo lui era sempre via. E anche quando era a casa, mi ricordo che passava le ore a guardarsi le videocassette di partite e avversari. Si portava dietro il lavoro, l’uomo di famiglia non riusciva a scindersi dall’allenatore. Nonno Giovanni non era come tutti gli altri. “Era quello che mi mancava. Mi ricordo l’emozione speciale di quelle due volte che mi ha portato con sé in ritiro, ma anche che non veniva a prendermi a scuola come i nonni dei miei compagni. Però quando io e mio fratello abbiamo iniziato a giocare a calcio…”.

Fischi per tutto il salotto! “Il Trap ci prendeva da parte. -Mettetevi contro il muro. Uno-due, uno-due! Su, due tocchi!-. Anche se eravamo bambini, cercava già di spiegarci quanto fosse importante lavorare su sé stessi. -Il talento è il talento, ma la dedizione è altrettanto importante-. E ci cazziava pure, sempre con il suo carattere molto energico. -No cacchio, ti ho detto destro-sinistro, destro-sinistro!-.

Dai racconti di famiglia, emerge l'uomo che ti aspetti dietro l'allenatore: un grande appassionato, che si è sempre lasciato guidare dalle emozioni. -Io ero del popolo, sono nato povero e rimango del popolo: non rinnego nulla di ciò che ho detto, nemmeno gli errori di grammatica-. E più degli errori io posso constatare la sua motivazione”, sottolinea Riccardo.

 

 

“A 55 anni si è messo a imparare il tedesco da zero, a 65 il portoghese, a 69 l’inglese. Mica facile. Noi della nostra generazione siamo cresciuti imparando le lingue a scuola, lui si metteva lì con il mangianastri e ripeteva i vocaboli uno dopo l’altro. La Gialappa’s l’ha mostrato come un ‘cattivo studente’, ma alla fine lui si è sempre fatto capire. Nonostante tutto, attraverso i gesti, con creatività e trasporto emotivo: questa è la genialità di Trapattoni che mi ha colpito di più.

Un comunicatore nato, un compendio di frasi celebri entrate tangibilmente nella lingua parlata. Tutta farina del suo sacco. “Certo, 'Non dire gatto' è il suo marchio di fabbrica. Ma quella che a mio avviso lui sente più profondamente è la frase sul cambiamento”. Sfoderata prima di un’Italia-Irlanda, da ammirato avversario: ‘Nella vita ci sono tre certezze: si nasce, si muore, si cambia. Io coltivo la terza’. “Ed è veramente così. La sua vita è stata un continuo adattarsi, essere flessibile, costantemente aggiornato”. Fino allo sbarco su Instagram. L’ultima panchina del Trap.

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