Croazia, Erlic: "Vi racconto chi siamo. Modric merita il Mondiale"

Dopo un quarto di finale sudato contro il Brasile, in cui i verdeoro avevano anche trovato la rete del vantaggio ai supplementari, la Croazia ha ripreso la gara con Petkovic e vinto ai rigori. In semifinale ci sono andati loro, che non segnano molto, ma subiscono ancor meno. Grande lavoro della difesa guidata dal CT Zlatko Dalic, di cui fa parte un tale Martin Erlic (che, vista la concorrenza di Lovren e Gvardiol, non è riuscito ancora a giocare un minuto in Qatar).

Difensore nato nella Dinamo Zagabria, cresciuto al Rijeka e in Italia prima attraverso il Parma, poi con Sassuolo e lo Spezia. Dopo quattro anni in Liguria è tornato a vestire il neroverde. Un rendimento in crescita costante lo ha portato anche a vestire la maglia della nazionale vicecampionessa del mondo. Ora c'è anche la possibilità di prendersi la seconda finale consecutiva martedì prossimo. Proprio Erlic ha raccontato se stesso e la sua Croazia alla Gazzetta dello Sport.

 

 

Erlic racconta la Croazia dall'interno

Croazia, dunque, di nuovo in semifinale, stavolta davanti l'Argentina di Messi: "Che storia eh... Non lo dica al mister, ma per esultare dopo la vittoria contro il Brasile ho fatto lo scatto più veloce della mia vita. Ho avuto paura di strapparmi", ha esordito il difensore croato.

Non ci sono segreti o formule magiche che hanno portato la Croazia di nuovo in semifinale: "Sembrano frasi fatte, ma noi siamo davvero un gruppo meraviglioso. Basta vedere un allenamento per capire: andiamo più forte che in partita, tutti, per consentire ai titolari di essere al top. E se poi qualcuno entra dalla panchina è prontissimo: contro il Brasile si è visto. I giocatori più esperti come Modric, Brozovic, Kovacic e Lovren trascinano i giovani e il mix è perfetto".

 

 

E poi: "C’è il legame con la nostra terra e il nostro popolo, un senso di appartenenza incredibile che ci è stato trasmesso dai nostri nonni. La bandiera per noi è sacra, quando suona l’inno l’emozione è fortissima. La guerra ha lasciato tracce profonde e ci ha dato tanta forza per affrontare la vita. Siamo pochi, ma siamo uniti".

I protagonisti di questa nazionale

Il successo si costruisce con tanto lavoro e questo, per la Croazia, è diventato un mantra spontaneo. "Il CT Dalic ci aveva lasciato un giorno di riposo, ma ci siamo ritrovati spontaneamente in palestra. È la mentalità che ci ha portato fino a qui. E chi è arrivato in palestra per primo e ha acceso la luce per tutti? Modric. Quando parlo di lui mi viene la pelle d’oca per quello che rappresenta e per il modo in cui sta in mezzo a noi e si comporta con i giovani. Merita di chiudere l’esperienza con la nazionale con il titolo mondiale".

 

 

Ma la Croazia non è solo Modric. È anche Livakovic: "Prima del Giappone ci siamo esercitati dal dischetto e lui parava quasi tutti i rigori. Eravamo un po’ sconsolati: «Come siamo scarsi a tirare…». Poi abbiamo capito che lui è un fenomeno. Con Giappone e Brasile noi abbiamo segnato, ma lui ha continuato a parare".

È anche Gvardiol: "Lui è come fosse mio fratello. Ce ne sono pochi al mondo come lui. Ha tutto per fare un’intera carriera da fenomeno". Petkovic: "Gli ho mostrato una foto di quando era all’Entella e gli ho detto: «Tu giocavi in Serie B e adesso ci fai andare in semifinale al Mondiale. Roba da matti». E lui rideva". Ed è anche Dalic: "Lui è un maestro e anche un papà. Ci dice di restare umili, di fare le cose per bene, di non sottovalutare gli avversari, ma di avere fiducia in noi stessi. È un uomo molto religioso e ci trasmette la sua fede".

LEGGI L'INTERVISTA COMPLETA SULLA GAZZETTA DELLO SPORT

Google Privacy