Discovering Dudelange: F91, la formula dell'inconsuetudine

data-redactor-inserted-image="true">Du-De-Lange: se provaste a scomporla, pronunciata in maniera lenta ed elegante come ogni madrelingua francese vorrebbe, risulterebbe parola priva di vero significato, almeno nel suo complesso. Eppure un senso, questa realtà sinora sconosciuta ai più, ce l’ha eccome: fascio (“lange”, l’eccezione) continuo di tante provinciali e statali che si snodano lungo il paese e finiscono, oltre al cuore del Lussemburgo stato e capitale, nel centro di una formula calcistico capace di cambiare la storia del Granducato.

E’ da un’oasi di tranquillità, ricca di verde e piccoli centri abitati dallo stile londinese, che è partita l’Europa League 2018/19 del Milan, arrivando fino al 5-2 di San Siro dove l'F91 è anche stato capace di far tremare i rossoneri: e non è forse un caso che dopo un’estate più unica che rara, con esclusione e riammissione alle coppe europee, il primo avversario nel girone della squadra di Gattuso sia stato un club che in competizioni simili, a livello continentale, non aveva mai minimamente messo piede. F91: unione di Alliance, Stade ed US capace di dar vita, nell’anno del definitivo scioglimento dell’URSS, ad un unico Dudelange, orgoglio odierno di un piccolo e (tutto sommato) benestante paese. In cui le grandi marche automobilistiche dominano, sfoggiando un pizzico di lusso da nomen omen: con tanta Italia al centro di tutto, e nel ramo familiare del 50% dello stato, e legata sensibilmente al mondo del lavoro locale. Dettagli che abbiamo curato e scoperto nel nostro viaggio all’interno di un paese in cui incontrare connazionali risulta più facile che mai, in una culla di serenità in cui il calcio, piano piano, ha iniziato a farsi spazio. Anche grazie a figure eclettiche…

DENTRO DUDELANGE: LA SEDE DEL CLUB TRA BRASSERIE E KEBAB…E LO STADI(N)O

L’effetto cromatico vince su tutto: che si viaggi su superstrade o vie interne, le distese di verde si mischiano con l’alternanza di colori tra le tantissime villette a schiera presenti. Effetto british che svanisce un po’, a dire il vero, quando si raggiunge il centro di Dudelange: piccolo, essenziale, pratico. Nulla a che vedere con una straordinaria modernità o cittadina proiettata verso il futuro, ma semplice locus amoenus dove ricaricare, senza il minimo disturbo, le pile: facile capire come in un contesto simile, lentamente, la squadra di Toppmöller abbia scalato gerarchie ed è cresciuta, insieme ad un movimento calcistico lussemburghese voglioso di sognare. Nations League docet.





Quando cambiano i colori del cielo, cambia anche il panorama”: Domenico, milanista di origini pugliesi ormai stabilmente residente in Lussemburgo, ci parla di prati e asfalto come uno specchio. Negli ultimi giorni il tempo assiste tutti: sole a illuminare la piccola piazza principale del municipio, tra battistero e fontana, e…raggio a colpire il punto di fuga che non può che finire direttamente lì, su un’insegna apparentemente insignificante e dai tratti caratteristici, vetrina compresa, di un semplicissimo negozio. Store ufficiale? Neanche per sogno, non ne esistono: quell’“F91 DIDDELENG” (sì, nel mix franco-tedesco chiamato lussemburghese si pronuncia e scrive così) su sfondo giallo, tra una brasserie ed un kebab, non è altro che…la sede del club, a dir poco atipica, con parte dei 21 trofei conquistati nella (breve) storia del club direttamente in facile mostra. Dubbio spontaneo: e se a qualcuno venisse in mente di rubarli, in una missione tutt’altro che impossibile? Risposta facile: qui, in Lussemburgo, non funziona così.

Tutto è basato sulla fiducia: dal calcio, con nuovi giovani emergenti come Sinani, alla vita quotidiana, sapendo che qualsiasi guidatore, da regola quasi mai stravolta, si fermi già 5 metri prima per consentire il passaggio ai pedoni. Ed è nel segno di un esempio banale che la realtà lussemburghese concede e insegna, membri della sede del Dudelange (sospettosi e poco propensi al dialogo) esclusi, che il nostro viaggio prosegue: il monumento ai lavoratori italiani di fronte alla cattedrale gotica per chiudere il brevissimo tour “piano” e una salita ripida, seguendo le indicazioni di un cartello, per curiosare nel mondo pallonaro del club più titolato di Lussemburgo. Va detto: serve farci l’abitudine, rispetto a ciò che i nostri occhi osservano ogni domenica. Ma ciò che appare alla fine della strada, con un cancello aperto ed una passeggiata per il campo aperta a chiunque, è il classico prototipo dello stadio inglese vecchio stampo in versione miniatura. Spogliatoi con panche ed appendini, bacheca con comunicazioni varie all’ingresso degli stessi e un dato numerico che la percezione visiva conferma in un istante: settori da massimo 5 file, due tribune laterali e 1700 (forse anche qualcosa in meno) posti a sedere. Appena 8 volte la sola tribuna stampa dello stadio di San Siro, per dire.





Jos Nosbaum Stadium” che il Dudelange, almeno per le gare di campionato, sfrutta come casa per cercare il raggiungimento del 15° titolo di Campione di Lussemburgo: covo minuscolo impossibile da considerare per ospitare il Milan, con l’UEFA decisa a spostare la gara al non troppo più capiente (8000 spettatori) “Josy Barthel Stadium”. Lì dove la Nazionale scende sempre in campo, in attesa di un nuovo impianto grande il doppio, e dove Paolo Maldini, nel lontano 1988, esordì da titolare con la maglia azzurra: tunnel con riprodotti i colori della bandiera del paese, lampade comprese, e statua di una torcia olimpica nel cuore della tribuna sud per omaggiare proprio colui al quale è stato intitolato l’impianto, unico atleta (corridore) lussemburghese nella storia dello stato a vincere una medaglia d’oro (Helsinki 1952) alle Olimpiadi. Primato che va a braccetto proprio con quel Dudelange che, da quest’anno, figura come unica squadra lussemburghese ad aver avuto accesso alla fase a gironi di Europa League: roba da affollare i balconi delle case circostanti, in occasione della gara d'andata, per godersi una chance più unica che rara, contro il Milan, dando ragione a Gattuso. E alla sua intenzione di allenarsi a Milano, evitando occhi indiscreti da qualsiasi (per davvero) posizione…



DUDELANGE E LA SUA GENTE: BECCA, PROPRIETARIO INTERISTA; SALCICCIA, ROSSONERO MADE IN ITALY

Il primo a finanziare, l’ultimo a voler metter becco in questioni organizzative del club. Se vi foste mai chiesti (improbabile, ma mai dire mai) chi ci sia dietro il piccolo capolavoro Dudelange, la direzione della vostra attenzione finirà ancora dalle parti nostrane. Flavio Becca, 48 anni, nato in Lussemburgo ma dal chiaro sangue italiano, è uno cui piacciono le sfide: amante del ciclismo sin da piccolo, tanto da diventare capo del Team Leopard, l’imprenditore ha allargato il proprio giro di affari dallo sport (Moto3 compresa) alla ristorazione, finendo anche per entrare in società (ormai 20 anni fa) nell’organigramma dell’F91 Dudelange.





Non sono una stampante”: risposta da “personaggio” data ai tanti tifosi che gli hanno chiesto biglietti per la gara contro il Milan, neanche a dirlo già sold out, di fronte ad un carattere che non cambia mai. Sin da quel lontano 1998, quando Damon Damiani (tifoso rossonero, casualità) inoltrò lui la proposta di entrare in società: voglia di spingersi oltre confini mai varcati per dimostrare di portare i propri affari a nuovi livelli e…nessuna paura, né della morte né tantomeno del Milan, con l’intenzione di tenere altissimo l’onore del calcio lussemburghese (riuscendoci pienamente, tra andata e ritorno). Una sorta di derby per lui, quello contro i rossoneri, da dichiarato tifoso nerazzurro: e dopo averlo visto in qualche occasione scendere gli scalini delle tribune per urlare e dare indicazioni ai suoi, non ci sentiamo di escludere che il capitolo possa riaprirsi anche in Europa League. Eclettico.

Guai a fargli i complimenti: in famiglia, da piccolo, non sono mai arrivati, e Flavio va avanti così. Senza lasciare, anzi, raddoppiando: nuovo stadio per il club in arrivo, tra i 6mila e gli 8mila spettatori, e il desiderio di spingere i propri calciatori verso sedute di coaching mentale per migliorare le rispettive capacità. Con lui, il Dudelange ha sollevato e conquistato ogni singolo titolo posseduto in bacheca: per questo motivo, il tasso di pretesa resta altissimo, anche mettendo talvolta in discussione la scelte di Toppmöller. Uno che il Milan lo stima da anni, tra partite viste a San Siro e amore per i vecchi fuoriclasse rossoneri, e che se l'è ritrovato di fronte in questa fase a gironi, insieme a…Leonardo: sempre lì, in Lussemburgo, dove tutto era iniziato anche per il brasiliano…nel 2014, e nel ruolo di dirigente al PSG.





Dudelange e la sua gente: se Becca finisce inevitabilmente in copertina, un angolo nascosto lungo la statale che ci porta verso il cuore cittadino del nostro viaggio regala, inaspettatamente, una bella sorpresa come new entry. Massimo Salciccia, dudelangese dall’animo umbro-marchigiano, è amministratore delegato del gruppo Galbani in Lussemburgo: fin qui, direte voi, nulla di incredibilmente strano, buffo cognome a parte. Se non fosse che nel visitare il suo ufficio, nel quale ci accoglie con estrema gentilezza, una maglia speciale ci spinge a curiosare: “Maldini 3” incorniciata di fronte a scatole di cereali, latticini e prodotti rigorosamente made in Italy. “Seguo il Milan in tv e ho sempre una parte d'Italia nel cuore: per noi avere il Milan qui è stato un evento - racconta - anche se la maggior parte degli italiani qui sono juventini. Vado spesso a trovare un amico a Torino in occasione di Juve-Milan e lui viene con me a Milano per Milan-Juve. Sono cinque anni che va male (ride, ndr), ma sono fiducioso”.

Spontaneo, sorridente, cercatissimo: tra una telefonata e l’altra, alla quale risponde rigorosamente in lussemburghese, ci racconta com’è nato l’amore per la sua squadra del cuore. “Ho iniziato a tifare il Milan quando era in Serie B, grazie a mio papà, tramandando la passione anche a mio figlio. Il ricordo più bello è quando vincemmo uno dei tanti scudetti negli anni ’90, andai a vedere la partita con il Brescia: giocava ancora ‘papà’ (Baresi, ndr) e anche in taxi gli autisti festeggiavano”. Idoli indiscussi, i capitani rossoneri, nonostante l’inedita sfida con l’F91 porti Massimo a vedere le cose con più equilibrio del previsto: “Per questa gara sarò tifoso neutro, sono nato a Dudelange. È sempre bello ospitare qui una squadra italiana, è un legame forte. La gara col Milan è un po' come Natale qui”. E Salciccia è stato tra i pochi privilegiati a godersela dal vivo, almeno in occasione del match d'andata, in compagnia del Granduca di Lussemburgo: “L’85% dei biglietti qui viene venduto fuori dal paese, tanti tifosi in città restano senza. E i prezzi non sono bassissimi…”. Regola che appare come sentenza in un mondo piccolo, ma grande per costi generali: ciò che costringe i prossimi protagonisti del nostro speciale, giunti quasi al capolinea dell'appuntamento con la storia in Europa League, a NON essere solamente calciatori.



F91: LA FORMULA TRA PALLONE, SEMIPROFESSIONISTI E VITA COMUNE IN MANO A UN FIGLIO D'ARTE

Quando ti imbatti in una rosa sostanzialmente sconosciuta, almeno in partenza, l’iter è sempre lo stesso: sguardo ai nomi dei calciatori, sbirciatina alle esperienze pregresse, ricerca del particolare in un mondo che di suo, di banale, ha davvero ben poco. E non è un caso che l’F91 Dudelange faccia del suo gruppo una squadra di semiprofessionisti, anche se con te hai l’Ibrahimovic di turno (Sanel, non Zlatan) che gioca poco ed entra stabilmente a gara in corso, mai uscito calcisticamente dai confini del Lussemburgo: nomen NON omen, stavolta, che ci apre ad un gruppo di ragazzi catapultati(si) in un sogno.

Prendete Jerry Prempeh, difensore franco-ghanese che è riuscito, in qualche modo, ad arginare Gonzalo Higuain: la timidezza nel suo sguardo, nel vedere una conferenza stampa più importante e popolata del solito, sapeva di emozione tangibile. Figuratevi per chi del calcio non riesce a fare unicamente il proprio mestiere, aggiungendo un altro lavoro per tirare avanti: il capitano Tom Schnell (sfortunato protagonista dell'autorete del 4-2 a San Siro), e non solo, attende la fine delle proprie giornate lavorative da dipendente comunale per indossare maglia, pantaloncini e scarpe tacchettate, dando il via a qualche ora di svago per preparare (da quest’anno sì) sfide ad avversari come Milan, Olympiacos e Betis Siviglia. Sempre e solo dopo aver recuperato la figlia a scuola: luogo in cui il difensore viene, ormai da tempo, inondato di domande dai tanti genitori sulla sfida del secolo per il suo Dudelange.





Amano definirsi “squadra strana” per la questione doppio impiego tra calcio e lavoro, almeno per bocca del portiere Bonnefoi: e se Stélvio Cruz, centrocampista angolano e modaiolo convinto, attende ansiosamente la trasferta di San Siro anche per approfittare di un giro in via Monte Napoleone, nella storia di Daniel Sinani e Dave Turpel c’è tutto fuorchè qualcosa di non comune. Trascinatori del Dudelange nella splendida cavalcata verso la fase a gironi dell’Europa League e presenze ormai fisse nella Nazionale reduce dal doppio successo in Nations League contro Moldavia e San Marino, il centrocampista e l’attaccante sono ormai diventati autentico simbolo del gruppo di Toppmöller: per il numero 77 dell'F91, insieme a Stolz, è anche arrivata la soddisfazione del gol in una cornice quantomai particolare come San Siro. Impresa mai riuscita ad una squadra lussemburghese nella storia.

Dritti nel cuore dei tifosi: e se Si-na-ni viene addirittura scandito a ritmo dai tifosi lussemburghesi sulle note di "Ti Amo" di Umberto Tozzi, per Milan Bisevac la situazione è un po’ più “normale”. Lui sì, professionista a tempo pieno, con un passato illustre tra Stella Rossa, PSG, Lione e Lazio e un filo diretto con Leonardo, che lo portò al Paris dal Valenciennes: unico giocatore del Dudelange capace di ritrovare l’ex compagno Biglia e il Milan, sempre ricordato come prima grande squadra affrontata in carriera ai preliminari di Champions 2006/07 con la maglia della Stella Rossa, per respirare nuovamente aria di grande calcio.




La stessa che Dino Toppmöller, chiamato così dal padre Klaus in onore di Zoff, ha già vissuto da piccolo grazie all’impresa sfiorata dall’ormai ex allenatore del Bayer Leverkusen nella finale di Champions a Glasgow nel 2001: come papà allora, seppur in occasione piuttosto differente, anche Dino contro il Milan non ha mostrato di avere la benché minima paura. Rispetto assoluto, due reti segnate e altrettanta fiducia, al di là di ogni risultato, in una formula vincente: F91. Triplo tasto capace di portare il sistema operativo del calcio lussemburghese ad un livello aggiornato e mai raggiunto prima, dentro un mondo tutto particolare: dove una sede del club figura tra una brasserie ed un kebab, dove i calciatori non vivono solo di pallone, dove uno stadio da 1700 sopra una collina posti ospita la squadra campione di Lussemburgo. Dove il Dudelange, riscrivendo una nuova pagina di storia, è giunto ad affrontare chi dell’Europa ha fatto, da tempo, la propria casa.


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