Venezia, la cronaca del primo 'Zenga day'

Venezia, ore 13: obiettivo Uomo Ragno. Al centro sportivo Taliercio aspettano tutti lui, Walter Zenga, fresco di firma come nuovo allenatore arancioneroverde. Un’attesa latente, perché al parcheggio dell’entrata principale sembra tutto nella norma. Domizzi, Bentivoglio e gli altri giocatori escono per il pranzo. Ridono, scambiano battute con lo staff e con il CEO Andrea Rogg. Nulla lascia presagire che si tratti del momento più delicato dell’era Tacopina: mai, in questi tre anni, il patron del Venezia si era ritrovato a dover esonerare un allenatore in corsa.

E prima delle 14 un allenatore si fa vedere. Ma è Walter De Raffaele, coach della Reyer che ha scalato le gerarchie del basket italiano negli ultimi anni. Qui è di casa (il Taliercio è soprattutto il palasport cittadino), magari sa già qualcosa, magari solo lo percepisce. Quando gli addetti ai lavori lo aggiornano sulla situazione, lui si acciglia sincero: “Mi dispiace per quello vecchio” (Vecchi, ndr). Una reazione da collega, ma anche di chi conosce bene l’ambiente: quando il Venezia veniva promosso in Serie B la Reyer vinceva lo scudetto e l’incontro con foto Inzaghi-De Raffaele divenne un simbolo.

Già, Inzaghi. Chissà se Joe Tacopina avrà pensato alla grinta vincente di Super Pippo, mentre sceglieva Zenga per il futuro del Venezia. Certo, il presidente che arriva al Taliercio non è il solito Tacopina, showman e disponibile. Ma cappellino da baseball e occhiali da sole, per cercare di nascondere la tensione di un volto ancora più scuro. Basta un attimo per capire che sta vivendo queste giornate con particolare sofferenza: a lui in primis, grande amante degli azzardi, fa male ammettere di aver perso la sfida Vecchi.

Quella di nome Zenga, invece, parte da una Mini Cooper nera, che parcheggia in sordina. Insieme al team manager Alessandro Servi, ne esce il portiere di Italia ’90. Tacopina lo accoglie senza fronzoli: stretta di mano, poi una pacca sulla spalla prima di accompagnarlo dentro il centro di allenamento. Come a dire: “dai, salvaci tu!”




Piano piano sale il fermento, con i giocatori che salutano i membri del vecchio staff: è in corso il passaggio di testimone. Poi tutti al campo, in attesa che Zenga esca per la prima volta dagli spogliatoi del Venezia. Tuta gialla, fischietto al collo e qualche foglio in mano (per conoscere i suoi nuovi ragazzi, l’ex allenatore del Crotone ha avuto meno di 24 ore…). “Ah, bisogna andare all’altro campo? Non so la strada.” Cerca di orientarsi eppure è a suo agio, durante le prime foto di rito.

Presto arriva la squadra, a piccoli gruppi. “E Domizzi? Dov’è Domizzi?”. Il primo allenamento, in programma alle 15, sta partendo con mezz’ora di ritardo: Walter non sta più nella pelle. E già dimostra di avere qualche idea. Prende Citro sottobraccio, qualche consiglio e poi: “Dove ti faccio giocare nel 4-3-3? Destra, sinistra, centro?”. L’attaccante ride: “Dove vuole, mister”. Zenga lo prende sul serio: “Ti basta giocare, eh? Allora terzino destro”.




Torello, riscaldamento, poi Zenga chiama tutti in cerchio in mezzo al campo. Il primo discorso è breve ma intenso. Il sole picchia, l’aria è vibrante ma leggera: lasciandosi andare alle immagini, per un attimo ci si dimentica che il Venezia stia vivendo l’affanno della zona retrocessione. Anche Tacopina, che osserva in disparte, sembra più sereno. Solo sensazioni, che altro può essere: ma di un vento nuovo che soffia sul Taliercio.

Seguito dal fedele vice Benny Carbone, l’allenatore divide i ragazzi in due squadre. Si gioca solo su una metà campo, perché nell’altra si allenano i portieri con Massimo Lotti (a sua volta ex portiere del Venezia e unico sopravvissuto del vecchio staff tecnico). Niente partitella per il momento, ma esercizio di giro palla, ordina Zenga. “Non me ne frega niente se la giocate in orizzontale! Voglio vedere sovrapposizioni e passaggi in verticale.” Altri indizi del tattico. Poi arrivano quelli del motivatore: “Difesa alta Modolo! Dai Anđe, più personalità! E tu Zigo, parla!”. Sembra che li conosca da una vita.




Ma con Vecchi gli allenamenti erano così…di carattere? Lo chiediamo agli addetti ai lavori a bordo campo, mentre lasciamo il centro: “Vecchi è un grande professionista, ma purtroppo qualcosa non ha funzionato. Per uscire da questa situazione cercavamo un profilo di temperamento. E certo che quello di Zenga già si nota!”

Day one: l’Uomo Ragno a Venezia. Potrebbe essere il titolo di un film, di cui i tifosi arancioneroverdi aspettano solo il lieto fine.



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