Vlahović raccontato dal presidente del suo primo club: "Quella volta che in un giorno giocò per due squadre..."

Predestinato”. Una parola spesso abusata, nel calcio come in altri sport. Per questo occorre centellinarla, dosarla accuratamente; ma se a sceglierla è chi ti conosce da quando avevi 6 anni, e peraltro qualcuno che il talento lo alleva per mestiere, vuol dire che non esiste aggettivo migliore per descriverti. Nebojša Pejović è il presidente e fondatore dell’FK Altina Zemun, squadra serba che a un anno dal ventesimo anniversario della sua nascita può già festeggiare il suo più grande successo: aver regalato al mondo il talento di Dušan Vlahović.

 

 

 

Zemun è un sobborgo della città di Belgrado, di cui è entrata a far parte dopo essere stata a lungo un comune a sé stante. Lì, sulle rive del Danubio, dove a ogni angolo i ristoranti servono pesce, le principali attrazioni sono un museo e un teatro d’opera. Sempre lì, il 28 gennaio del 2000, mamma Gordana dava alla luce il suo primo figlio, Dušan. Sei anni dopo, insieme a papà Miloš, affiderà quel bambino vivace e sorridente alle sapienti mani di Nebojša Pejović.

 

 

"Dušan era già pieno di talento"

La nostra è una scuola calcio privata, fondata nel 2003”, racconta oggi Pejović in esclusiva a gianlucadimarzio.com; “da noi giocano bambini fra i 6 e i 14 anni. Il nostro obiettivo è insegnare loro gli elementi basilari del gioco: coordinazione, capacità motorie e tutti i princìpi tecnici. Quando ho fondato l’Altina il mio intento era consentire ai bambini di muovere i primi passi nel calcio, mettendoli nelle condizioni di cui hanno bisogno a quell’età. In molti anni di lavoro abbiamo vinto trofei in Serbia e anche all’estero, ma soprattutto dalla nostra scuola sono usciti ragazzi che ora giocano nei massimi campionati europei. Uno di loro è Uroš Račić, oggi al Valencia; poi c'è Vladan Djekić, che è stato nelle giovanili dell’Inter, e mio figlio, Nikola Pejović, che è passato dall’Empoli, e ancora Luka Adžić (ha giocato all'Anderlecht, oggi è al PEC Zwolle, ndr). Qualcuno comincia subito con noi, qualcun altro lo individuo io con la mia attività di scouting”. E Vlahović? “Dušan ha fatto tutta la trafila nella nostra Academy, dove è rimasto dai 6 ai 14 anni. Era un bravo bambino, gioioso e spumeggiante; fin da piccolissimo, amava il calcio. E poi era pieno di talento: non era difficile notarlo”.

 

 

"Un vincente nato"

Così come non poteva sfuggire a nessuno un altro dettaglio che lo distingueva da tutti gli altri: “È un vincente nato. Il suo carattere emergeva meglio nelle partite in cui eravamo sotto nel punteggio. Dava il 100% di se stesso, lottava fino all’ultimo minuto, aveva una missione: ribaltare il risultato. Non mollava mai: era in quelle occasioni che capii che aveva ogni requisito per diventare, un giorno, un grande calciatore”. Pejović racconta un aneddoto che la dice lunga sul carattere del piccolo Dušan: “Partecipavamo a un torneo aperto ai classe ’99 e ai 2000. Nella stessa giornata si giocavano le partite di entrambe le categorie, e lui era stato scelto per giocare coi ’99. Ma siccome il campo era suddiviso in due parti, e dall’altra c’erano i 2000, alla fine della prima partita andò a giocarne un'altra con loro. Penso che questo episodio testimoni quanto amasse e ami tutt’ora il calcio”.

 

 

"Gol? Ha battuto ogni record"

La domanda sorge spontanea: quanti gol ha segnato Vlahović negli anni all’Altina? “Non ne abbiamo tenuto il conto, ne ha fatti tanti, troppi! Quello che so è che ha infranto ogni record storico relativo al nostro club. Però, nonostante abbia sempre giocato come prima punta, ha sempre lavorato anche per i compagni, come fa anche oggi. Vi racconto la sua azione tipica: tornava indietro a recuperare palla, la scaricava, e poi correva a perdifiato verso l’area avversaria”. Vi ricorda qualcosa?

"Aveva un'incredibile voglia di lavorare"

Pejović aveva già previsto un futuro brillante per Vlahović: “So che può suonare come una frase fatta, ma ci avrei scommesso, sul suo successo. Non solo per il suo talento, o il suo carattere: Dušan aveva una voglia senza pari, una vera passione per l’allenamento e il duro lavoro”. Qualità che destarono l’attenzione dell’OFK Belgrado: “Hanno “comprato” Dušan quando aveva 14 anni. Abbiamo vissuto con lui momenti bellissimi, quando se n’è andato gli abbiamo augurato il meglio e non abbiamo chiesto alcun indennizzo all’OFK, che lo ha preso gratuitamente. Si era meritato che lo lasciassimo andare”. Vlahović e l’Altina, il campione ormai affermato e la squadra che lo ha lanciato. Una storia di calcio e di vita, che continua anche oggi: “Con Dušan siamo rimasti in contatto e lo siamo tutt’ora. Qualche mese fa, quando giocava ancora nella Fiorentina, ci ha mandato un bel videomessaggio rivolto ai nostri bambini”.

 

 

Dušan è cresciuto eccome, fisicamente e umanamente, da quegli anni, da quando scorrazzava sui campi in riva al Danubio. Ma in lui è rimasto molto di quel ragazzino che non accettava la sconfitta e si dannava l’anima in campo, divertendosi e segnando a ripetizione. Gli auguri di chi lo ha conosciuto ormai quindici anni fa si sono avverati tutti, e oggi non hanno più l’aura opaca della profezia, bensì i contorni solidi della certezza. Per l’Europa si aggira un fenomeno: a Zemun lo avevano capito molto tempo fa.

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