Neve, computer e segreti: dentro il Lobanovskyj Stadium, lo scrigno del Colonnello

style="text-align: justify;">Giri l’angolo ed entri nella storia. Si vede da lontano, la percepisci subito. E il cirillico non è più un ostacolo, l’intuito basta e avanza. Capisci. Il Lobanovskyj Stadium sembra uno scrigno del pallone e lo è sul serio. Custode di storie e segreti. L’atmosfera di Kiev aiuta a farsi un’idea: neve lungo strade, sui tornelli di fronte l’ingresso, nel parco lì vicino. Tranne sulla sua panchina, quella del “Colonnello” Valerij, fuori lo stadio. Come se dovesse restare sempre pulita in segno di rispetto. Lobanovskyj è stato il padre calcistico della Dinamo Kiev. Un innovatore. Ha vinto più di tutti, ha svezzato campioni quasi dal nulla, è stato il primo a capire l’importanza dei computer e delle statistiche. “Tutto è un numero”. Ha sfiorato la vittoria di Euro '88 con l’Unione Sovietica, vinto Supercoppa UEFA e Coppa delle Coppe con la Dinamo “totale”. Universale e completa. Dove si attaccava in 8 e si difendeva in 8, col campo diviso in 9 quadranti. Lobanovskyj se n’è andato il 13 maggio del 2002, colpito da un ictus a 63 anni. Quattro giorni prima era in trasferta con la Dinamo. Instancabile. Noi di Gianlucadimarzio.com siamo stati a casa sua, ma in punta di piedi e senza disturbare, abbiamo osservato dall’esterno il suo vecchio laboratorio da 17mila posti, dove tra l’altro – in un’amichevole del 2011 – Davide Astori fece il suo esordio con l’Italia. Storie nostrane: Balotelli venne sostituito dopo un'ora nel 2011 perché allergico... al terreno di gioco. Mentre l'Inter, con una vittoria in rimonta nel 2009, pose le basi per il Triplete. Tutto chiuso però. Accesso vietato causa… manutenzione e rimozione dei teloni protettivi: domenica c’è Dinamo-Vorskla. Ma forse è andata meglio così. Siamo andati nel parco vicino lo stadio, vedendo tutto da un’altra prospettiva. Durante le partite i tifosi vengono ancora qui, guardano la gara in mezzo agli alberi, come ai tempi del Colonnello. Un posto privilegiato con vista sulla storia.

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LO SCRIGNO DEL COLONNELLO

Una premessa: raggiungere lo stadio è molto semplice. Si trova in centro, a 300 metri da Piazza Maidan, Hrushevskoho street. La vita di Valerij, sia da calciatore che da allenatore. 30 anni in panchina dal 1973 al 2002 (intervallate dall’Urss). Lobanovskyj aveva uno stile tutto suo, diverso, intrigante. Un physique du rôle da made in Est Europa. Criptico ed enigmatico. Una volta, durante una conferenza, invitò un cronista a prendere il suo posto. Beveva, ma non tollerava che i suoi calciatori lo facessero: trovò ubriaco un ragazzo della squadra, lo obbligò a fare il custode del campo per cinque mesi. Lobanovskyj era così. Duro, intransigente, soprannominato “Colonnello” per via del suo grado nell’Armata rossa. Smise di giocare a 29 anni dopo un litigio col suo allenatore. Ma per i giocatori era come un padre. Shevchenko lo definì il “Dio del calcio ucraino”. Lobanovskyj si vantava di aver scoperto “un diamante grezzo”. Quando capì che sarebbe diventato un campione lo fece smettere di fumare, impedendogli perfino di andare al matrimonio della sorella. Aveva già capito tutto. Quando Valerij morì, Sheva portò la Champions nel 2003 sulla panchina fuori lo stadio, tra le lacrime (farà lo stesso con il Pallone d’Oro del 2004). Più di 1000 panchine in carriera, 21 trofei con la Dinamo, l’anno d’oro del 1975. Triplete. Quel termine non l'aveva ancora coniato nessuno, ma era già suo.






LOBANOVSKYI, STANZA 501

Calcisticamente è stato un homo novus. Il centro d’allenamento era il “covo” dove testare le sue tecniche. Siamo stati anche lì, attraverso un pulmino messo a disposizione per la stampa. Zona Koncha-Zaspa, fuori Kiev. Campi innevati, una sala conferenza stile cinema e una stanza, la 501, centro operativo di Lobanovskyj al quinto piano. Sempre chiusa, in pochi possono entrare. All’epoca soltanto i suoi collaboratori più fidati. Come Anatoly Zelentsov, professore esperto in informatica, il “braccio” del suo studio statistico. Oppure Petrowski, preparatore atletico, l’uomo che fece vince l’oro olimpico a Valerij Borzov, velocista sui 100 metri a Monaco ’72. Unico. Correvano il doppio degli altri e in campo si vedeva. Non solo dai trofei esposti in vari piani. Il Colonnello è stato proclamato Eroe d’Ucraina dall’ex presidente Kuchma, ha scritto la storia del calcio a modo suo. Coi suoi pregi e i suoi difetti, il suo carattere duro e spesso difficile. Le sue novità, tattiche e non solo. Dopo 50 anni viene ancora studiato dai suoi colleghi, Guardiola l’ha preso come esempio per costruire un Barcellona in Tiki-taka mode che ha segnato un'epoca. Unico. Come il Lobanovskyj Stadium, che forse, guardandolo da vicino, rispecchia un po' il Valerij-style. Misterioso, enigmatico, criptico, ma pieno di storie da raccontare, quasi nascosto da alberi innevati. Guardiani dello scrigno e dei suoi segreti.


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