Chiusura stadi: il caso del Penzo

Quando era stato pensato, il campionato di calcio era una cosa piccola. Appassionante eh, senza dubbio. Ma piccola, da far crescere. Stadi da 50, 60mila posti erano impossibili da pensare.

Il calcio era di periferia, una cosa popolare: il pubblico non era nemmeno sugli spalti, ma intorno alle reti. Protezioni per la pioggia? Nessuna. Seggiolini? Nemmeno a parlarne. Poi è cresciuto, ed è diventato quello che conosciamo. Con gli stadi che, ora, si aprono al futuro. E al pubblico?

 

 

Il tema, caldissimo, di questi ultimi giorni, sta facendo ripiombare il movimento in una dimensione del passato. In parte già vista, in parte no. Riepiloghiamo: a causa delle recenti normative, il Governo e la Lega Serie A hanno raggiunto un accordo per ridurre la capienza degli stadi a 5mila posti. Una diminuzione ulteriore rispetto a quello che era già stato stabilito durante la sosta di Natale, che prevedeva un abbassamento della capienza al 50%. Stadi semivuoti o quasi. Non del tutto chiusi, ma poco ci manca.

 

 

Il caso del Penzo

Ma in Serie A ci sono dei casi curiosi. Non si parla di impianti enormi, come San Siro, l’Olimpico di Roma, o l’Allianz. Siamo a Venezia, dove il “Penzo” ospita gli arancioneroverdi di Zanetti. Circa 11mila posti, dopo la recente ristrutturazione. La capienza al 50% avrebbe portato, tenute conto le solite esclusioni di sicurezza, a 4.988 posti. La curiosità? La nuova normativa, in realtà, ha ampliato la capienza di due unità.

 

 

Cinquemila, appunto. Un dato che potrà essere confermato a partire dalle partite in programma per la ventiduesima giornata. Contro il Milan, c’era stato il tutto esaurito, anche se il risultato (3-0 per i rossoneri e un’espulsione per i veneti, con il difensore Svoboda che si è ritrovato portiere quasi per caso) non ha sorriso. Fa sorridere, all’interno di un quadro chiaramente d’emergenza, il dato. Aspettando di nuovo gli stadi pieni. Quelli del nostro calcio.

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