Nel segno del Doge: Venezia in Serie A, storia di una promozione fatta in casa

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Era scritto. O quanto meno fotografato, in una foto con il Chino Recoba quando lui era ancora un piccolo tifoso. Oggi Riccardo Bocalon ha 32 anni, è sempre a Venezia e ha appena giocato la partita più importante della sua carriera. Regalando alla squadra della sua città la Serie A che mancava dal 2002.   

Lui, Il Doge ‘fio’ di Castello – il sestiere più popolare e pulsante del centro storico – che dalle parti del Penzo conoscono tutti. Aveva già trascinato gli arancioneroverdi alla promozione in Lega Pro nel modo più rocambolesco, otto anni e un fallimento fa. È tornato a casa da due stagioni.

La piazza? Prima impazzita poi un po’ delusa, i gol arrivavano con il contagocce – 2 in questo 2020/21 fino a stasera –. È bastato un attimo. L’happy ending più autentico e scontato che si possa immaginare. Si dice in questi casi la sconfitta più dolce. No e poi no: è stata un’agonia totale per qualsiasi tifoso arancioneroverde. Il Venezia di Zanetti, rivelazione di questa Serie B, si era inceppato sul più bello.Sbagliando partita, merito di un Cittadella mai domo. In mezz’ora era sfumato lo 0-1 dell’andata. Poi l’inferiorità numerica per l’ingenuità di Mazzocchi. Seguiranno solo attributi.  

E in effetti è giusto così: Venezia si era preparata alla festa – “ma lo mettiamo un megaschermo in piazza San Marco?”, chiedevano i più ottimisti al sindaco –, ma questi ultimi novanta minuti di stagione le hanno ricordato da dove proviene. Cosa sono stati questi 19 anni di assenza. Crac societari multipli, trasferte accidentate nei campi più sperduti di Serie D. Il Kras Repen di ieri domani sarà lo Juventus Stadium. Tacopina, Inzaghi, un fiume che scorre in alto sfiorando il baratro: nemmeno due anni fa il Penzo piangeva la retrocessione ai playout. Poi l’addio di Joe, welcome Niederauer. Che subito dice niente stadio nuovo, per ora. La chimera spazzata via riporta leggerezza. A Poggi e Collauto – ex bandiere e veneziani doc – le chiavi della squadra da costruire.

E la scommessa Zanetti. Vicentino dai tratti gentili e il vocione profondo: “In dialetto ci siamo capiti subito”, i sorrisi nel giorno della presentazione. Il nuovo Venezia si è divertito, è cresciuto, ha sorpreso e emozionato. Meritando questo traguardo salvo inciampare all’ultima curva, dove i cori dei tifosi arrivavano come un fantasma dentro lo stadio. Via via sempre più fioco. Inerzia Citta. Dentro il Doge. Lo 0-1 sarebbe bastato, ma non ci fa più caso nessuno. Sipario. E un nuovo coro che ha rapito tutti. Dai giocatori durante la premiazione, alla città che riscopre il calcio che conta fra via Garibaldi e Rialto: “A Venezia, a Venezia, ha segnato Bocagol”.

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