Vedove di Wilmots

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Domani sera gli occhi del mondo saranno puntati sulla Kazan Arena, dove Brasile e Belgio si daranno battaglia per un posto in semifinale.

Eppure, c’è qualcuno che vivrà la partita in modo ancora più empatico di giocatori e allenatori, di tifosi e di addetti ai lavori presenti. Dovrebbe viverla da quasi 3367 chilometri di distanza, a Dongelberg, suo paesino d’origine in Belgio. Oppure lo farà in una località della Campania, insieme al figlio Reno, approdato nelle giovanili dell’Avellino lo scorso inverno, ed in questo caso i km di lontananza sarebbero più di 4000. Il personaggio in questione è Marc Wilmots, l’uomo che questa partita avrebbe potuto viverla, e che in realtà l’ha già vissuta.



Brasile e Belgio si sono affrontati una sola volta nella propria storia, e quella partita Wilmots se la ricorda bene. Quel 17 giugno 2002, a Koke, in un ottavo di finale del mondiale nippo-coreano, indossava la maglia numero 7 e la fascia di capitano. Trascinò i Diavoli Rossi ad una competizione che mancava da 8 anni, e voleva godersela, considerando che, a 33 anni, sarebbe stata la sua ultima chance. Anche contro il Brasile stellare dei vari Ronaldo, Rivaldo, Ronaldinho e Kakà.

Wilmots segna – anche un bel gol – con un colpo di testa poderoso, ma la gioia gli viene tolta dall’arbitro Prendergast, che annulla il gol del capitano belga. Il direttore di gara nell’intervallo ammette il suo errore e si scusa con Wilmots, che ne apprezza l’onestà. Eppure, quel sorriso in uscita dagli spogliatoi sul volto dell’allora capitano belga si perde al fischio finale, quando il Brasile elimina il Belgio. Wilmots lascerà, da lì a poco, la nazionale.

Ma l’amore per quella maglia, e per il suo paese, lo spingono a tornare, questa volta in panchina. Prima da vice-allenatore, nel 2009, ruolo da cui sarà promosso, nel 2012, a ct. Wilmots, leader di indole e carismatico per natura, riporta il Belgio ai Mondiali, dopo che mancava proprio da quel 17 giugno. Nel 2014, proprio in Brasile, la sua squadra gioca bene, ed impressiona , come fa d'altronde lo stesso Wilmots. Il suo sogno, neanche troppo velato, è quello di affrontare il Brasile, o magari di portare il Belgio oltre i propri limiti, oltre il miglior piazzamento. Fallirà in entrambi gli obiettivi.

E l’occasione non gli ricapiterà nella manifestazione russa. Pochi giorni dopo la sconfitta ad Euro2016 contro il Galles – che tagliò fuori i Diavoli Rossi - Wilmots infatti venne esonerato dalla federazione, convinta, come tifosi ed addetti ai lavori, che si potesse fare meglio. Una beffa, perché il suo contratto sarebbe scaduto proprio nel 2018, all’indomani della fine di questo Mondiale. E che è ancora più amara nel vedere l’accoppiamento di questi quarti di finale.

Wilmots avrebbe finalmente avuto la vendetta che dentro di sé cova da 16 anni. Da quel giorno di metà giugno, da quel suo gol negato, da quella sua ultima gioia in nazionale, cancellata. L’occasione di riscattare quella beffa l’avrà Roberto Martinez, che in un colpo solo potrebbe riscrivere la storia e battere la Selecao. Al fianco dell'allenatore spagnolo, ci sarà Thierry Henry, suo vice, che nei quarti di finale di Germania 2006 segnò, proprio contro i verdeoro, il suo ultimo gol ad un Mondiale.

Eppure, l’ex ct belga sembra in grado di mettersi l’animo in pace. In fondo, rimane sempre un capitano, che vuole il meglio per la squadra del sua nazione. E che il suo paese ricorda con affetto. Proprio come i suoi ex giocatori, ragazzini sotto la sua guida, ora uomini e tra i top players mondiali. Parliamo di Hazard, di De Bruyne, di Lukaku, che si schierarono tutti dalla sua parte dopo l’uscita da Euro 2016, quasi per proteggerlo. Loro sono suoi fedelissimi. Loro possono vendicarlo, e siamo sicuri che la metteranno tutta. Per realizzare ciò che a Wilmots non riuscì. Anche se per loro, poco più che bambini, quel gol Wilmots lo segnò, e nessuno è in grado di cancellarlo.

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