Undici mesi incredibili! Salvatori racconta: "Trapani, quante ne abbiamo passate. Dalla maledetta notte di Brescia al nuovo inizio..."
Qualsiasi percorso decidiamo di intraprendere arriva, ad un certo punto, il momento di fermarsi e fare un bilancio. Che non è mai definitivo. E mai potrebbe esserlo! Perché tutto scorre, tutto cambia. Se lo accettiamo senz’altro avremo la giusta predisposizione mentale per andare avanti, se non lo accettiamo…non cambia niente. Perché il tempo è ineluttabile e incontrollabile. Passa, va avanti, forse troppo in fretta. Ma tu non puoi far nulla, ne devi semplicemente prender coscienza. Non aver rimpianti, guardare avanti. Se vivessimo la pienezza del nostro tempo, esso non ci sembrerebbe insufficiente. D’altronde una tesi per esser credibile deve pur sempre poggiarsi su un qualcosa (Seneca) di autorevole.
“Vola davvero il tempo, sono già undici mesi…”. Erano gli inizi di dicembre, in una situazione di classifica davvero disperata… “Meno undici dalla zona salvezza”. Poi la splendida rincorsa, il sogno, la beffa, la delusione. L’addio. La voglia di ripartire, il nuovo inizio. Tutto in solo undici mesi, siamo sicuri sì? “Effettivamente sembra una vita”. Maledetto tempo! Ci fai crescere, ogni tanto ci prendi a schiaffi. Ci regali gioie. Alcune sere non vediamo l’ora che passi in fretta. Altre, invece, vorremmo fermarti. Tu, in ogni caso, non ci ascolti: fai sempre di testa tua. Ci piacerebbe chiederti ‘perché?’. Ma purtroppo in quanto uomini non possiamo saper tutto, dobbiamo vivere (anche) nel mistero.
Torniamo alla nostra storia. Sveliamo tutto, sennò giustappunto si fa troppo tardi. Trapani, Serie B. Dicembre 2016, arrivano Calori in panchina e Fabrizio Salvatori nel ruolo di Coordinatore dell’Area Tecnica. Squadra ultimissima in classifica, salvezza quale utopia (altro che Thomas More). Che, in confronto, attraversar a nuoto lo Stretto sarebbe stato più facile. “Io e il mister arriviamo giù che era giovedì, due giorni dopo si sarebbe giocato. Sfiducia, disincanto, morale a terra. Sono tornato a casa dallo stadio e dentro di me provavo a fare una riflessione, ‘l’anno scorso questa squadra si giocava la Serie A con il Pescara, come è possibile questa situazione?’. Davvero, non riuscivo a capacitarmi. Era una sfida difficilissima, ma non impossibile. Perché nella vita – racconta Salvatori ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – non c’è niente di impossibile. Bisogna lavorare, abbassare la testa, far le cose silenziosamente. E crederci, crederci sempre. La sconfitta arriva quando si smette di lottare!”. Racconta con un velo di malinconia, per quel finale beffardo nella notte di Brescia. Ma anche e soprattutto, con la consapevolezza di non aver rimpianti, di non aver niente da rimproverarsi. Di aver dato tutto, fino all’ultima goccia di sudore… “Prima del nostro arrivo la squadra aveva vinto appena una partita. Ci raduniamo io, il mister e la squadra. ‘Non servono troppe chiacchiere, serve vincere undici partite. Se vinciamo undici partite non andiamo all’inferno’. Sappiamo le difficoltà, ma nessuno vuole mollare un centimetro. I tifosi tornano a cantare, i ragazzi tornano a sorridere…la squadra torna a vincere! Abbiamo fatto un girone di ritorno da primissime posizioni, eppure non è bastato. Quella maledetta partita in casa contro il Cesena, con una vittoria ci saremmo salvati. Invece abbiamo perso, proprio quando eravamo lì, ad un passo dall’obiettivo. Quella di Brescia poi è stata anche una conseguenza. Ma noi la salvezza l’abbiamo persa con la sconfitta in casa contro il Cesena. Forse tutti volevano scendere in campo per esser ricordati, per far la giocata, per mettere il proprio marchio su quella che sarebbe stata un’impresa incredibile. E questo l’abbiamo pagato ma sarebbe folle farne una colpa ai ragazzi. Sono stati stupendi, encomiabili. Si vede che doveva andare così…”.
L’alea che pervade l’esistenza di ognuno di noi è quanto di più mistificante ci possa essere. Perché, spesso, è proprio quando pensi di aver raggiunto un qualcosa, che ti sfugge. E tu provi a rincorrerlo, ad andargli dietro ma non riesci più ad afferrarlo. Come in un sogno. Ma c’è il tempo divoratore di Shakespeare a farci dimenticare (o magari ricordare), a porre dinnanzi a noi nuovi ‘qualcosa’ da afferrare. Arriva la retrocessione in Serie C. Trapani costretto a ripartire, ma con quel sano entusiasmo che quello splendido mare riesce cotidie ad infonderti.
E’ un'estate strana, fin troppo forse. Se ne va Calori, se ne va Salvatori. Arriva Giuseppe Magalini. Magalini rinuncia all’incarica di direttore sportivo. Ritorna Calori in panchina. Ritorna Salvatori nel ruolo di Coordinatore dell’Area Tecnico. Si riparte. Come un pittore che si ritrova faccia a faccia con la sua tela completamente bianca, “d’altronde sono diplomato al Liceo Artistico”. Il tempo di (ri)prender confidenza con i colori, dunque… “Senz’altro avevamo le idee ben chiare, che nella vita è sempre uno degli aspetti più importanti: cambiare più giocatori possibili per cercare di ricreare quel morale e quell’entusiasmo che con una retrocessione sul groppone non è facile ritrovare. Abbiamo cambiato, prendendo giocatori di categoria e cedendo alcuni profili come Barillà e Nizzetto che era impossibile trattenere. Coronado? Forte, forte. Se posso dargli un consiglio deve soltanto essere più continuo: sia dentro la stessa partita sia nel corso della stagione”.
Avvio di campionato positivo, ventiquattro punti in dodici partite e terzo posto nel girone C di Serie C. Mica male questo ‘Trapani 2.0’! Merito della simbiosi Calori-Salvatori… “Eh, senz’altro ci conosciamo bene. Anche da giocatore Alessandro mi ha regalato belle soddisfazioni. Lui giocava quando io ero vice direttore nel Perugia di Gaucci. E chi se lo scorda quel suo gol al Curi, sotto il diluvio universale, contro la Juventus?”. E pensare che, per un attimo (di tempo…), in estate sembrava tutto finito… “La retrocessione dopo quanto avevamo fatto nel girone di ritorno è stata un fardello massacrante. Il mister era in dubbio ed io stesso con molta chiarezza dissi alla società che per rimanere avrei avuto bisogno di avere al mio fianco una persona che conoscesse bene la categoria. Io la Serie C non la conoscevo. E nella vita è importante essere schietti! La società non aveva accettato questa mia richiesta e allora con la massima onestà reciproca avevo deciso di andar via, dicendogli che comunque gli avrei dato una mano finché non avessero trovato un nuovo direttore sportivo. Poi, alla fine, ci siamo ritrovati e sono la persona più felice del mondo. E’ un piacere lavorare con la famiglia Morace, con mister Calori e in questa splendida città…”.
Giochi del destino. Che si incunea nel flusso del tempo e, spesso, si diverte a spostarne i fili. “Allora vi racconto questa! Da quando faccio questo lavoro, io non ho mai fatto una vacanza estiva. Vuoi per il poco tempo a disposizione vuoi perché io vivo tutto in prima persona, soprattutto il lavoro. L’unica estate, i primi di settembre per la precisione, che vado in vacanza con la mia famiglia siamo venuti a Favignana, che è proprio qui vicino. Ormai qualche annetto è passato, lavoravo nel Bologna e mai avrei pensato che un giorno…”.
Perché d’altronde se tutto fosse schematicamente e pedissequamente programmato e calcolabile, sarebbe tutto senz’altro molto più sicuro e comodo…ma soprattutto più grigio! Ci pensa il tempo a sparigliare le carte. Come vuole lui, come piace a lui. Ogni tanto cala il jolly, qualche volta ci butta a terra l'intero mazzo. Ma bisogna guardare sempre avanti. Mai provare a prevedere il tempo, il segreto è affrontarlo per quello che è. Come a Trapani. Dalla C alla B con lo stesso entusiasmo e con tanta voglia di riprendersi ciò che quella maledettissima notte di Brescia gli ha tolto. Perché l’eterno ritorno non è solo nelle pagine di Nietzsche…