Tutti gli uomini del Kosovo
Se il Kosovo fosse un film sarebbe “Tutti gli uomini del presidente”. Momento però, prendiamo giusto il titolo e lasciamo perdere la trama, lo scandalo del Watergate non c’entra nulla con le favole. Semmai possiamo tenerci i protagonisti principali, Robert Redford e Dustin Hoffman, due così non stancano mai. Immortali come le 4 statuette vinte agli Oscar, queste le teniamo insieme agli attori. Perché se un giorno decidessero di fare un film sul Kosovo, allora sapremmo chi chiamare (o chi premiare). Di sicuro come titolare: “Tutti gli uomini del presidente”.
Fadil Vokrri, presidente della federazione kosovara scomparso a giugno, il primo a battersi per i “diritti calcistici” del Kosovo e dei kosovari. Vokrri oggi non c’è più, ma i “suoi uomini” hanno vinto per lui la prima gara ufficiale della Nazionale, 2-0 alle Isole Far Oer. Storie di uomini, di vita, e di lotte, all’intero della stessa storia del Kosovo, scatola cinese del pallone.
LA SFIDA DI CHALLANDES
I singoli hanno lasciato spazio all’insieme: Huhiu, Zeneli, Avdijaj, Kryeziu, Ujkani, Rashica. Il talento è stato veicolato nel modo giusto. Il tutto grazie all’esperienza di Bernard Challandes – ct dal 2018, scelto proprio da Vokrri – uno svizzero giramondo che avrebbe voluto allenare il suo paese, ma non ha mai realizzato il sogno di una vita: “Nel 2008 ero tra i candidati, ma non potevo competere con Hitzfeld”. Challandes ha allenato l’Armenia, poi ha scelto il Kosovo perché “ama le sfide”. Non l’ha fatto per i soldi – dice lui – ma perché “è stato spinto dall’istinto”. Pure dalla moglie, sempre presente, anche perché se lei avesse detto no probabilmente “non avrebbe accettato”. Le donne vincono sempre.
Veni, vidi, vici. Alla romana, ma guai a chiamarlo Cesare, o comunque condottiero. Solo un uomo di esperienza. Challandes ha capito che i kosovari erano ottimi giocatori, ma non sapevano difendere: “Preferivano attaccare, ho cercato di fargli capire che così facendo non sarebbero mai riusciti a sfruttare il proprio potenziale”. Già 4 punti in Nations League e prima vittoria ufficiale, tanti talenti scovati in giro per l’Europa, dall’Austria alla Germania, dalla Svezia alla Norvegia. Qualcuno di loro, poi, “scippato” all’Albania di Christian Panucci, prima ancora di De Biasi: “Ogni volta è un litigio”, sorride Challandes.
UN TALENTO NON PIÙ NASCOSTO
Sfilza di talenti. Rashica è tra i più noti, gioca nel Werder e lo fa pure bene, tant’è che ai tempi dell’Europa League con il Vitesse stregò perfino Tare, ds della Lazio. Esterno rapidissimo col guizzo dell'assist. Giocava con l’Albania, ma ha scelto il Kosovo “per una questione di cuore”. Anche perché è nato lì, a Vushtrri, nella stessa città di Samir Ujkani, vecchia conoscenza del calcio italiano (ex Palermo, Cremonese, Pisa) e recordman di presenze con la nazionale. Tre passaporti, un legame forte. Contro le Far Oer ha parato anche per i morti che ha dovuto piangere: “Avevo sei anni quando scappai dal Kosovo, con i miei andammo in Belgio. Ogni due mesi arrivava una lettera e scoprivamo chi era morto e chi no. Ho perso vicini, parenti, amici, ho visto l’orrore”. Non c’è nient’altro da aggiungere.
AVDIJAJ, ZENELI E "BIG DAVE"
Non è finita qui: Donis Avdijaj, professione attaccante, 22enne un po' fumantino, fuggì insieme alla famiglia e se ne andò in Germania, scuola Schalke, dove venne cacciato per distrutto una Mercedes durante una gara clandestina. Sfrontato, a tratti geniale, ha giocato in quasi tutte le selezioni giovanili tedesche, ma ha scelto il Kosovo per via dei genitori. Rinato in Olanda col Wilem II, oggi “giocherebbe gratis per i suoi tifosi”. Tra gli altri, spazio anche a Valon Berisha (centrocampista della Lazio assente per infortunio), Hekuran Kryeziu ('93 dello Zurigo, scippato alla Svizzera) e Muriqi del Rizespor. Uomini della "cerchia".
Quelli che ieri hanno festeggiato i gol di Zeneli e Athde Nuhiu. Il primo ha aperto le danze con una doppietta, gioca nell’Heerenveen e due anni fa – quando scelse il Kosovo dopo aver vinto l’Europeo Under 21 con la Svezia nel 2015 – ricevette una sfilza di insulti, rispondendo a tutti tramite un post sul suo profilo Instagram: “Odiatemi, amatemi, fate come volete. E’ stato un fulmine a ciel sereno e dovevo accettare. Per il resto sarò sempre il solito Zeneli”. Un numero 10 che fa grande il Kosovo. Come Nuhiu, soprannominato “Big Dave” dai suoi compagni dello Sheffield Wednesday. A lui non piace, ma ci ha fatto l’abitudine, anche perché nessuno riesce a pronunciare il suo nome in modo corretto. Dave per tutti, punto. Solo Athde per i kosovari. Uno dei tanti uomini del presidente.