Trieste, una città che torna a sognare. Dal fallimento alla rinascita. Il Ds Milanese: “Pian pianino torneremo grandi"
Più che un club. A Barcellona lo hanno scritto sui seggiolini del Camp Nou. A Trieste, la squadra della città ce l’hanno tatuata nell’anima.Da sempre. Perché la Triestina è un’icona che va oltre il campo. Negli anni 30 Umberto Saba, uno dei più grandi poeti del ‘900, le dedicava versi indimenticabili: “Trepido seguo il vostro gioco. Ignari esprimete con quello antiche cose meravigliose sopra il verde tappeto, all’aria, ai chiari soli d’inverno”. Squadra paesana. Così si chiamava la poesia di Saba, spettatore e cantore degli alabardati dagli spalti. Un impianto conosciuto oggi come “Grezar”, mediano del Grande Torino morto a Superga.
Mauro Milanese, una carriera di battaglie nel massimo campionato e un presente da amministratore unico del club che lo ha lanciato. Adesso è lui a guidare la rinascita della Trieste del pallone. Oggi in serie C, domani chissà. “Quando sono arrivato non avevamo neanche un pallone”, racconta Milanese a gianlucadimarzio.com. “La squadra era terzultima in serie D, a un passo dall’Eccellenza e a due dalla scomparsa. Io e mio cugino abbiamo deciso che una storia così gloriosa non poteva finire in quel modo”. “Parla inglese e il dialetto giuliano.
Quando giocavo qui, veniva sempre a vedere le partite. Ricordava i
20mila del “Nereo Rocco” in C1”. Erano gli anni ’90. La Triestina
negli anni successivi avrebbe riassaggiato la B, per poi cadere in un
vortice, tra retrocessioni e fallimenti. “Qualche
anno fa, Mario è tornato e ha trovato il vuoto. Ci siamo parlati, mi ha
chiesto quanto sarebbe costato. In Australia aveva preso il Melbourne
Victory. L’aveva portato da 100 abbonati a 28 mila. Voleva fare lo
stesso, nella sua città. L’aveva lasciata portando tutto quello che
aveva in un baule. Un viaggio per mare di 42 giorni con i suoi genitori.
Lui sa cosa vuol dire partire dal niente…”.
E così sono partiti. Un’asta vinta in tribunale, una salvezza immediata e una promozione ai playoff nell’anno successivo. “Abbiamo festeggiato due volte sul campo. Rimanere nei professionisti era fondamentale, per dare seguito al nostro progetto. Appena presa la società – aprile 2016 - dissi che sarei voluto arrivare in B in cinque anni. Direi che siamo perfettamente in linea con gli obiettivi iniziali”. Oggi la squadra è sesta nel girone B, in piena zona playoff. Niente male per un gruppo completamente ricostruito in estate. “Abbiamo l’attacco migliore del girone. La nostra punta centrale Arma e l’esterno Mensah stanno dando un contributo importante ma anche Petrella, pur giocando meno, ha già saputo essere decisivo”. L’ultima volta nello scorso weekend: una sua doppietta ha steso il FeralpiSalò. “Viene da Teramo, è giovane e ha grandi qualità nello stretto. Specialmente contro le squadre che si chiudono, il suo talento è fondamentale per scardinare le difese avversarie”.
Una squadra che ha fatto tornare l’entusiasmo sulle tribune di un “Nereo Rocco” che ha una media di 5mila spettatori. Triestini che tornano ad affollare il loro stadio, anche per tifare un loro concittadino che sulla fascia sinistra sta facendo un ottimo campionato. “Abbiamo avuto diversi infortuni in difesa e questo ci ha consentito di lanciare Luca Pizzul, ragazzo triestino del ’99. E’ partito quasi sempre titolare e sta dimostrando tutto il suo valore. L’allenatore crede molto in lui”.
E che allenatore. Forse il vero top player della squadra giuliana: Giuseppe Sannino. Ultimo allenatore di Milanese a Varese e punto centrale della rinascita del club. “Con lui ho un rapporto speciale. È un amico e con lui non litigherò mai per faccende calcistiche. È stata una scelta mirata, perché spero sempre in un percorso umano parallelo a quello sportivo. Sta dando una grande organizzazione alla squadra, giochiamo un calcio aggressivo e la gente si diverte. Vedere tornare la gente allo stadio con la nostra divisa è qualcosa che mi riempie il cuore”.
Una società risanata, un amore rinato. E una favola da iniziare a tramandare ai più piccoli. “Abbiamo ricostruito il settore giovanile. Quando sono arrivato facevamo fatica a mettere in piedi una squadra. Oggi ne abbiamo 19. Con l’aiuto dell’amministrazione, vogliamo costruire un centro sportivo nostro per lasciare una traccia eternamente tangibile del nostro passaggio. Cominciando dal vivaio. Io sono partito da lì, ho giocato sia al Grezar che al Rocco. Un ragazzo triestino deve crescere sentendo sua questa maglia”.
Portare quella divisa sulle spalle significa portarsi dietro un secolo di storia. Sì, perché il 2018 sarà l’anno del centenario. Cento anni di Unione Sportiva Triestina da celebrare a dovere. “Abbiamo previsto molte iniziative. Alcuni writers stanno raffigurando sui muri dello stadio le icone della nostra storia.
Inizieremo il 18 dicembre e andremo avanti per un anno”. E chissà dove sarà a quel punto la sua squadra. “Ci proveremo già quest’anno. Abbiamo vinto a Vicenza e Pordenone, dimostrando di potercela giocare con tutti. L’obiettivo è arrivare ai playoff. Al mercato di gennaio proveremo a sistemare piccoli dettagli. Soprattutto in difesa, dove si sono concentrati gli infortuni. Mori doveva essere il nostro leader difensivo e non lo abbiamo mai avuto, Grillo ha avuto diversi acciacchi. Ma non faremo rivoluzioni o passi più lunghi della gamba. Pian pianin ma sempre diritto, questo è il nostro motto”.
Trieste vuole tornare grande. E riempire di nuovo il suo stadio, che nel giugno 2019 ospiterà alcune gare dell’Europeo under 21. “Un’ulteriore dimostrazione di forza della nostra società e della buona collaborazione con le istituzioni locali. Sarà l’occasione per rifare il look a un impianto già bellissimo e che vogliamo rivedere pieno”.
Come una volta. Un lungo percorso iniziato da venti mesi. Saba era il poeta delle Scorciatoie, brevi componimenti capaci di giungere a conclusioni lontane e sorprendenti. Come una promozione in B partendo dal niente. Se dovesse succedere, da lassù sarebbe fiero della sua “squadra paesana”.