La favola di Tramezzani, campione di Cipro con l'APOEL: "E non finisce qui"

Si dice che a Cipro una delle espressioni più ricorrenti sia sigà, sigà. Tradotto dal greco, significa letteralmente “piano, piano”. Manifesto di un’isola in mezzo al Mediterraneo abituata a prendere le cose con calma. Tutto il contrario di Paolo Tramezzani, da sabato scorso campione di Cipro con l’APOEL Nicosia.

Da giocatore correva come un treno sulla fascia sinistra, da allenatore viaggia ancora più forte: poco più di sei mesi sulla panchina dell’APOEL e primo titolo già in bacheca, grazie alla vittoria nello scontro diretto contro l’Apollon. Chapeau. Bellissimo. Non è stato affatto facile. Sono arrivato in corsa, alla sesta giornata. La squadra aveva già perso la Supercoppa, era stata eliminata dall’ Europa e in campionato aveva subito cinque gol in casa dal Doxa”, racconta al microfono di gianlucadimarzio.com.

Ottobre, mese della rivoluzione dell’APOEL. Prima l’arrivo da Novara del direttore sportivo Domenico Teti, poi – una decina di giorni dopo – ecco Tramezzani a Nicosia. “Il direttore aveva già provato a portarmi a Novara. La prima cosa che ho fatto? Dare certezze al gruppo. È nel dna di questo club vincere, anche i giocatori dovevano convincersene”.

 

LAVORARE SULLA MENTE E SUI DETTAGLI. "CAMPIONI PERCHÈ PIÙ CONTINUI"

Psicologia prima della tattica. Infondere fiducia ai ragazzi: questo è stato il primo obiettivo di Tramezzani. Fino alla fine. C’è un video in rete che mostra il prepartita dell’ultimo scontro con l’Apollon. Si vede l’allenatore italiano che sistema con cura la fascia al braccio di capitan Morais. Poi, abbracciato ai suoi ragazzi, ascolta il discorso di uno di loro. Li osserva sereno, senza bisogno di dire niente. Meno di due ore dopo, torneranno in quello spogliatoio da campioni di Cipro. “Ho capito che avremmo vinto per la continuità dimostrata durante l’anno. Il gruppo è stato fantastico nell’invertire subito la rotta. Ora ci manca la coppa”.

Se la giocherà mercoledì 22 a Nicosia contro l’AEL Limassol. Potrebbe essere la ciliegina sulla torta di una stagione che già ha portato il titolo e la qualificazione ai preliminari di Champions. Un torneo che l’APOEL ha già frequentato da protagonista. Nel 2012 arrivò addirittura ai quarti di finale, eliminato solo dal Real Madrid. Da allora ha sempre vinto il torneo domestico – con questo fanno sette di fila – ma non ha più ottenuto exploit europei di rilievo. Magari potrebbe essere proprio un allenatore italiano a riportarlo a glorie continentali. “Un passo alla volta, intanto vinciamo la coppa…”.

 

COME GIOCA TRAMEZZANI: DIFESA A 3 E PRESSING ALTO. "OSSERVO L'ATALANTA"

Difesa a 3 e pressing indemoniato nella fase di non possesso. Il credo di Tramezzani è una simbiosi tra modulo e atteggiamento. “Possiamo giocare col 3-5-2 o col 3-4-3. L’importante è l’aggressione sulla palla. Non lasciare tempo di pensare. Un esempio che osservo? L’Atletico Madrid, soprattutto quando non ha la palla. E poi mi piace da morire l’Atalanta di Gasperini. E Gattuso: amo gli allenatori che lasciano un segno. Come fa lui”.

Distruggere e costruire, attaccare alti per arrivare più rapidamente in porta. In quello può aiutare anche avere giocatori forti come il mancino Musa Al-Taamari, esterno giordano del ’97 che ricorda un po’ Salah, o come il brasiliano Lucas Souza, centrocampista visto anche a Parma qualche stagione fa. Fantasia e solidità garantita anche dai ’95 Praxitelis Vouros, centrale difensivo greco e Nikolas Yoannou, eclettico ragazzo cipriota passato anche dallo United.

“Siamo una squadra abbastanza fisica, con tanti giocatori diversi per cultura e provenienza: su 28 ragazzi, solo 6 sono ciprioti. Del resto un po’ tutto il campionato è così: tanti allenatori di scuole differenti, una bella sfida. E il livello è più che discreto: togliendo lo Young Boys, potremmo paragonarlo al campionato svizzero”.

 

 

LUGANO E ADDIO: VITTORIE E QUELLA VISITA IN FABBRICA ALL'ALBA

Tramezzani parla a ragion veduta. In Svizzera ha fatto le sue prime esperienze da capo allenatore, prima a Lugano, poi al Sion.

Se quest’ultima tappa si chiuse con un esonero dopo una decina di giornate, quella di Lugano è stata certamente un’avventura che ricorda col sorriso: “Arrivai con la squadra messa male in classifica e chiudemmo terzi. Un risultato storico”.

Quasi due punti di media a partita. Ruolino di marcia splendido, eppure di quell’anno in tanti ricordano un episodio: la visita punitiva in una fabbrica all’alba dopo una sconfitta: “Perdemmo 5-2 col Thun. Quattro gol presi nel primo tempo, una delusione prima di tutto dal punto di vista umano. Sul pullman pensai che dovevo fare qualcosa. Scegliemmo un deposito di vernici che era sponsor della società, ci alzammo alle 5 e i ragazzi videro cosa significava davvero faticare sul lavoro”.

A giudicare dai risultati, capirono senz’altro: dopo quell’alzataccia, arrivarono otto vittorie, un pareggio e tre sconfitte. Quello che servì per portare il Lugano in Europa League. E salutarlo, dopo alcuni dissapori col presidente Renzetti. “Acqua passata ormai, ho voltato pagina”.

 

ALBANIA, 5 ANNI OLTRE IL CALCIO: "DALLA POLVERE AGLI EUROPEI"

Nella sua vita, Paolo è sempre stato abituato a farlo. Anche in terre inesplorate. Sul suo profilo whatsapp c’è una frase in albanese, tatuaggio digitale di cinque anni indimenticabili: Shqipëria ka një zemer t'madhe!!!. La traduzione ce la dà lui, vice allenatore di Gianni De Biasi nella nazionale per un lustro: “Significa quanto è grande il cuore degli albanesi. Quegli anni mi hanno lasciato emozioni che vanno oltre. Dai campi polverosi in cui abbiamo scovato talenti oggi affermati ai racconti di ragazzi che avevano visto scene atroci. Ragazzi cresciuti in guerra e povertà, fra omicidi e disgrazie. Euro 2016 ha fatto storia, ma le storie di quei ragazzi sono ancora più importanti".

 

"C'MON SPURS!" TRAMEZZANI, IL TOTTENHAM E LA PRIMA PROVA TV

A proposito di fare la storia, una squadra in cui ha giocato potrebbe farla sul serio. Il Tottenham, suo club dal ’98 al 2000. “Ho fatto il tifo contro l'Ajax, sono ancora legato anche se oggi è cambiato tutto. ‘Non mollare mai’ è nel dna della squadra da sempre, la rimonta mi ha stupito solo in parte. Arrivai lì anche grazie a Nicola Berti, che giocava già lì. Giocavo a Piacenza e stavo per andare al Middlesbrough. Poi Nicola mi chiamò insieme a Christian Gross, allenatore dell’epoca e disse di raggiungerlo. White Hart Lane è stato un sogno, peccato quel maledetto tendine d’achille. M’infortunai due volte, tremendo”.

Ricominciò da Pistoia, “una città del cuore. Mi ha permesso di rigiocare a calcio quando credevo di avere smesso. Ci salvammo in B allo spareggio a Cesena. Una gioia incredibile”. Ne ha avute tante in carriera. Ovviamente colorate col nerazzurro della sua Inter. “In cima metto la coppa Uefa vinta e l’esordio in serie A con Osvaldo Bagnoli”. Aneddoti di una carriera, come quello curioso del maggio ’93, Inter-Foggia. Tramezzani commette fallo su Andrea Seno a dieci minuti dalla fine. L’arbitro Brignoccoli estrae il rosso e caccia l’incolpevole Gigi De Agostini. “Andai subito dall’arbitro a dire che doveva espellere me. Non volle sentire ragioni. Poi in settimana aggiustarono il tiro: fui il primo caso di prova televisiva”.

 

UN BASSOTTO E IL FUTURO. "L'ITALIA? CI PENSO, CERTO"

Sullo sfondo si sente un cane che abbaia. “È Biscotto, il mio bassotto. Viene sempre con me al campo. Ormai è diventato una mascotte dell’APOEL”.

Chissà che un giorno Biscotto non possa diventarlo di qualche squadra italiana. Il nome di Tramezzani gira sempre più frequentemente. I suoi risultati all’estero non sono passati inosservati. Su questo Paolo, per il momento,  glissa elegantemente: “Ho un altro anno di contratto. La mia carriera si è sviluppata lontano dall’Italia, certamente ogni tanto ci penso. Nella vita di un allenatore non si sa mai. Il futuro è sempre da scrivere”.

Intanto c’è da godersi un presente luminoso in un’isola del Mediterraneo. Paolo ha 48 anni e da pochi giorni è campione di Cipro. Sigà, sigà non fa parte del suo vocabolario.

Google Privacy