Viareggio, la scalata della Rappresentativa Serie D

La finestra della sua stanza dà sul mare di Tirrenia, un panorama decisamente diverso da quello medievale di Notaresco. Tiziano De Patre è nato lì e oggi, cinquanta anni dopo, fa l’allenatore. Ha cominciato dal gradino più basso, dal settore giovanile del Parma. Otto anni con i talenti del domani, poi la Serie C e infine la panchina della Rappresentativa di Serie D. C’è anche lui al Torneo di Viareggio. E si vede.

Primo posto nel girone, un pareggio e una vittoria: “Anche se probabilmente meritavamo di più. Con la Cina Under 19 abbiamo tirato in porta sette volte. Loro una e hanno fatto gol”. Ce lo racconta con il sorriso e un po’ di amarezza. Fatto sta che i suoi ragazzi sono molto vicini agli ottavi di finale dopo il successo con la Spal. Proprio come l’anno scorso, quando furono eliminati dalla Juventus.

La presenza della Rappresentativa è ormai un classico del Viareggio. Il miglior risultato nel 2012, quando l’avventura finì ai quarti per colpa della Roma di Romagnoli, Politano, Ciciretti e Ricci. Fare meglio sarà difficile: “Anche perché il gruppo è stato formato solo una settimana fa – racconta Tiziano – per costruirlo abbiamo setacciato tutta l’Italia, dal nord al sud. E’ una squadra messa in piedi proprio per il torneo, seguendone fedelmente le regole. Abbiamo tre ’99, poi tutti 2000 e anche cinque 2001. La nostra forza? Il clima che si sta creando fra i ragazzi, sono veramente molto affiatati”.




“Sono tutti sullo stesso livello, tutti meritevoli di stare qua. Anzi, il pensiero va a chi non abbiamo potuto convocare per il rispetto delle regole. Giocheremo e vinceremo anche per loro”. Già, Tiziano sa bene come funziona uno spogliatoio, perché a calcio ci ha giocato – e bene – anche lui.

Tanta Serie B, molta Serie A con le maglie di Atalanta e Cagliari:Erano gli anni novanta – racconta – l’Italia era il paradiso del calcio. C’erano tutti i più forti, tutti i migliori. Ho giocato contro il Milan degli olandesi, contro il grande Parma di Thuram, Cannavaro e Buffon. Ho affrontato Ronaldo, Zidane, Van Basten. E poi il fenomeno, Diego Armando Maradona”. Tante le battaglie, non sempre semplici per lui che di mestiere faceva il centrocampista.

Ma se in campo ha combattuto contro i migliori, anche in panchina ha avuto dei grandi allenatori: ”Per questo, forse, ho deciso di diventarlo anche io. L’ho voluto fin da subito, fin da quando giocavo. Aver avuto la possibilità di attingere qualcosa da loro beh, è stata una grande fortuna”. Mondonico all’Atalanta, Zaccheroni al Venezia. Ulivieri e Tabarez al Cagliari. Galeone e Delio Rossi al Pescara, Spalletti e Simoni all’Ancona. Ma, soprattutto, Ventura, con cui ha trascorso quattro anni e quasi 100 partite: “Da lui ho imparato tantissimo, è sempre stato un innovatore, ha vinto ovunque sia andato. Fra di noi c’è un rapporto d’amicizia che va ben oltre il campo. Ci sentiamo tutt’oggi”.

Chissà, magari qualche consiglio glielo darà lo stesso Ventura, che nel 2014 fu premiato dagli organizzatori del Torneo con il premio Gaetano Scirea. Giovani, con tanta voglia di prendersi il futuro. Destinazione ottavi, poi vietato smette di sognare.

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