Erik ten Hag, l'allievo di Pep che ha stregato l'Ajax

Prendi un allenatore olandese, classe 1970. Ex calciatore, figlio del calcio di Cruijff. Affidagli una panchina e vedi come va: i presupposti promettono bene, ma potrebbe andare meglio ancora. Mettiamola così: prendi un allenatore olandese, classe 1970, ex calciatore e figlio della generazione post-Cruijff. Dopodiché, fallo lavorare per qualche anno al fianco di… Pep Guardiola.


Il curriculum vitae diventa da brividi, la carriera alle spalle ancora poca: appena quattro stagioni da primo allenatore, 45 anni trascorsi a studiare in cerca della perfezione applicata al rettangolo verde. Troppi? Chissà, sicuramente abbastanza. Abbastanza per battere i migliori, abbastanza per far sì che l’Ajax raggiunga le semifinali di Champions League, battendo prima il Real Madrid e poi la Juventus. Professionisti impeccabili, esecuzione magistrale: a dirigere l’orchestra, il Maestro Erik ten Hag.

“Perché non dovrei riuscire a battere una squadra più ricca della mia? Non ho mai visto un mucchio di soldi che prende il pallone e riesce a spingerlo in rete”. Lo disse Johann Crujiff, lo si rilegge trent’anni dopo e sembra una favola come tante. Storie da uno su mille ce la fa, da “0-0, palla al centro” e “nel mondo del calcio non si sa mai”. Alcune favole però diventano realtà, e sono quelle che i nonni raccontano dalla poltrona ai loro nipotini. Storie piene di vita e di sacrifici, storie come quelle dell’allenatore dell’Ajax.


Erik Ten Hag, da qualche tempo, ha cominciato a scrivere la sua storia. Forse, è presto per dirlo, sta addirittura riscrivendo la storia del calcio. La crisi del Real, eliminato agli ottavi, centrava ben poco con il successo di De Ligt e compagni al Bernabeu: questa sera, allo Stadium, lo hanno dimostrato una volta per tutte. Un incantesimo provato e riprovato, che alla fine ha dato i suoi frutti. Dietro all’impresa dell’Ajax ci sono un block notes e una penna. Soprattutto, ci sono gli appunti di ten Hag.

 

L’ARRIVO AD AMSTERDAM

 

Un anno e due mesi fa, Erik ten Hag diventava il nuovo allenatore dell’Ajax. Edwin Van der Sar, dirigente degli ajacidi, nel dicembre 2017 lo scelse incrociando le dita, nella speranza di aver trovato… quello giusto. Prima di Erik, cinque allenatori si sono alternati sulla panchina dell’Amsterdam Arena nel giro di appena diciotto mesi. La finale di Europa League persa contro lo United, il primato in Eredivisie che mancava da anni: le cose non andavano per il verso giusto da ormai troppo tempo.

E mentre l’esonero di Keizer era già nell’aria, nel novembre di due anni fa l’Utrecht allenato da ten Hag uscì vittorioso dall’ArenA: i dirigenti dell’Ajax ebbero un’idea, e il mese dopo la trasformarono in realtà. “Erik ten Hag è il nuovo allenatore dell’Ajax”. E sì, a quanto pare era quello giusto.

 

LA GAVETTA CON PEP

 

La carriera da allenatore di ten Hag è iniziata, sulla carta, dodici anni fa. Nel 2002 il ritiro dal calcio giocato – Utrecht e Twente i club più prestigiosi in cui ha trovato spazio -, a 36 anni un nuovo inizio come “vice” proprio con il Twente. Nel 2009 collabora con Fred Rutten che l’anno dopo se lo porta dietro al PSV, a seguire l’inizio della carriera… solista. Sesto posto in Jupiler League – la Serie B olandese - con i Go Ahead Eagles nel 2013, l’estate successiva arriva la grande occasione: Guardiola lo vuole al Bayern, alla guida della squadra-B.

L’esperienza di Pep in Baviera comincia di pari passo con quella di Erik: i due lavorano insieme giorno dopo giorno, ten Hag ha il compito di preparare i giovani del Bayern all’esordio in prima squadra. Le risorse della cantera sono fondamentali per Pep, a ten Hag il compito di comprendere il tiki-taka dello spagnolo per insegnarlo ai giovani talenti del calcio tedesco. Appena poche settimane e tutto fila già nel migliore dei modi: Guardiola e ten Hag sono figli dello stesso calcio, cresciuti entrambi nel nome di Crujiff. Pep ha reinventato quello stile di gioco e ha scritto la storia con il Barcellona, Erik l’ha studiato e vissuto, lavorando giorno dopo giorno nella sua Olanda.

 

 

Passano due anni e ten Hag è pronto. L’Utrecht lo rivuole, dopo la stagione 1995-1996 conclusa da calciatore con due gol all’attivo. Vent’anni dopo, Erik torna da allenatore e lascia tutti a bocca aperta: arriva in finale di Coppa Nazionale e ai preliminari di Europa League, s’inventa modalità di allenamento che da quelle parti nessuno aveva mai visto prima. Simulazioni di contropiede, 5 contro 3 e ripartenze in velocità: qualità e cinismo non devono mancare mai, basta l’errore di un singolo per compromettere un’intera partita.

Chi l’ha visto all’opera, garantisce che ten Hag ha fatto suo il meglio di Guardiola: dal calcio giocato alla gestione dello spogliatoio, Erik lavora sodo sui rapporti personali. Tutti si devono sentire protagonisti, tutti devono collaborare. Intesa come parola d’ordine, fuori e dentro al campo. Amicizia e serenità da un lato, bel gioco e risultati dall’altro. Da qui, una storia che nonno Erik racconterà dalla sua poltrona: “C’era una volta l’Ajax che arrivò in semifinale di Champions League…”

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