Calciatore grazie al fratello, dalla foto con Dzeko alla fiducia di Mourinho: chi è Benji Tahirovic
27 ottobre. "Tahirovic è stato in panchina la settimana scorsa, oggi no perché non è in lista UEFA ma sarà di nuovo con noi a Verona". 8 novembre. "Vi dico già, per non farvi una sorpresa, che presto Tahirovic giocherà e magari lo farà da titolare perché vedo una grande crescita da quando si sta allenando con noi". Un nome che ritorna e le dichiarazioni recenti di José Mourinho come conto alla rovescia verso l'esordio.
E contro il Torino, all'Olimpico, lo scorso 13 novembre 2022 è arrivato il momento. Benjamin Tahirovic non aspettava altro. Un debutto comunque arrivato nel momento più delicato della stagione della Roma; un ingresso in campo scandito dai fischi dei 61mila dell'Olimpico. Chiaramente non in sua direzione, ma verso la squadra (e chi si dirigeva in panchina dopo 70 minuti non all'altezza) che fino a quel momento della partita ancora non era riuscita a calciare verso la porta. Tahirovic sta entrando sempre più nelle grazie di Mourinho, che lo ha schierato con continuità nelle ultime amichevoli invernali pre-ritorno della Serie A. Fino all'esordio dal primo minuto contro il Bologna nella prima partita del 2023.
È arrivato dalla Svezia per questo. Un trasferimento dal Vasalund ufficializzato l'ultimo giorno del mercato invernale del 2021. Il 1 febbraio, data di inizio di un nuovo capitolo della sua giovane carriera, trascorsa per 9 anni proprio nel Vasalund prima di arrivare alla Roma. La Roma di Edin Dzeko, l'idolo. Quello con cui ha scattato la seconda foto a Trigoria (dopo quella istituzionale con la maglia) e con cui ha subito scambiato qualche parola: "Mi ha detto: 'Ora è il momento di metterci alla prova'". Stesse radici. Perché i genitori di Tahirovic (nato a Spånga, Stoccolma) provengono dallo stesso paese e dalla stessa città dell'ex attaccante giallorosso, Sarajevo.
"Un salto enorme". Dalla Svezia a Roma, la storia di Tahirovic
La prima Roma di Tahirovic è stata anche quella di Paulo Fonseca, che in qualche occasione gli ha permesso di allenarsi con la prima squadra. "È stato molto divertente ma anche uno shock passare dalla terza divisione svedese a una squadra di vertice. La Roma ha vinto contro il Barcellona, è arrivata in semifinale di Champions League... Quindi è stato un salto enorme". Racconti (pre vittoria della Conference ai microfoni di fotbollskanalen) di un ragazzo catapultato in una realtà nuova, distante in tutti i sensi da quella in cui era abituato a vivere.
Oltre 2400 chilometri separano Roma da Rinkeby. Tradotto: 'casa'. Quel sobborgo a poco meno di 15 chilometri dal centro di Stoccolma che lo ha celebrato come ragazzo che ce l'ha fatta. "Ora che sono venuto alla Roma vogliono mettere la mia maglia nelle scuole, nelle pizzerie". Altre dichiarazioni post trasferimento al portale svedese. E chissà se questi stessi onori anni fa sono stati riservati anche a Martin Mutumba e Imad Zatara, altri due 'Tahirovic' del Vasalund citati dallo stesso classe 2003 nella medesima intervista: "I più grandi giocatori del posto sono loro. Ma sono molto sicuro che io sarò il prossimo". Idee chiare.
"Per me è un vincente. Crede molto nelle sue capacità e ha tanta fiducia in se stesso", aveva ammesso nel febbraio 2021 in un'intervista all'Expressen Dalibor Savic, a quel tempo allenatore del Vasalund promosso in prima divisione. Una stagione incredibile per il club ma anche per Tahirovic che con le sue prestazioni ha attirato su di sé diversi sguardi interessati. Roma, certo, ma anche Benfica e Porto.
Tahirovic, Roma e famiglia: calciatore grazie al fratello Adi
E alla fine il Portogallo lo aveva comunque nel destino. Non un club ma un nome e cognome: José Mourinho. Perché è nella sua Roma che sta per trovare spazio in Serie A. Da Fonseca a Mou, da Dzeko a Matic. Parlano la stessa lingua, giocano nella stessa posizione. Stanno insieme prima e dopo l'allenamento. L'ha assicurato Mourinho che ha trovato un altro giovane a cui dare fiducia e la sua chioccia. Il numero 8. Che era anche il numero di maglia di Tahirovic l'anno scorso. Passato, presente e futuro di Benji.
Concreto in campo e riservato sui social. Con una famiglia unita alle spalle che non l'ha mai fatto sentire solo nei primi tempi da svedese trapiantato a Roma. "Una volta ero in volo e ho pensato: 'Sarà difficile e ci vorrà tempo per adattarmi'". Invece è andata meglio previsto. I genitori come ancora, FaceTime per annullare le distanze. E poi c'è il fratello, Adi.
Calciatore anche lui, ma difensore centrale. Se Benji ha iniziato a giocare a calcio è merito suo; andava a vederlo durante gli allenamenti, giocava a bordocampo e si è innamorato del pallone. Sembra una storia lunga, in realtà è appena iniziata. Nuova data da ricordare: 13 novembre, giorno dell'esordio che Tahirovic pensava di (e soprattutto voleva) entro la fine della passata stagione. L'attesa invece si è allungata, non è mancato qualche momento di sconforto e una 'fuga' di 20 giorni in Svezia. Poi è tornato, è stato multato, ha ripreso a lavorare con la Primavera. Sempre meglio, sempre tra i migliori. Poi tra i grandi. Nell'ultima gara dell'anno solare anche in campo con loro. Un'altra conquista sudata e meritata, come l'occasione Roma: "Ho combattuto tutta la mia vita per questo. È un sogno che si avvera". L'aveva commentata così, prima di rivelare: "Il mio obiettivo a lungo termine è vincere il Pallone d'Oro". Idee chiare, un sogno diventato dichiarazione. Anche se le intenzioni migliori Tahirovic le ha sempre palesate sul campo e in allenamento. Mourinho lo sa.
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