Tacopina, sliding doors di mezza estate: “Il mio ballo da Venezia a Catania”
Ultimi minuti di Venezia-Perugia. Dalla tribuna del Penzo, Joe Tacopina guarda il tabellone del recupero. Sereno: ‘Adesso è fatta per davvero’. 50 punti e salvezza brillante dopo mesi difficili. Anni stupendi. “In quel momento ho ripensato a tutto: il nuovo logo e la squadra raccolta in Serie D insieme a Perinetti. Poi i trofei con Inzaghi. La Serie A sfiorata”. Highlights di un ciclo che si chiude. “Il mio ruolo a Venezia per adesso è finito”, l’annuncio dell’ex presidente arancioneroverde ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com. “E ho un forte interesse per il Catania”.
All the president’s men
Dalla laguna alla Sicilia è un déjà-vu di zampariniana memoria. Ma con tempi, storie e stile diversi. Mentre racconta la cena di commiato alla squadra, lo scorso sabato, l’avvocato newyorkese cita tre giocatori: “Zuculini. Il nostro capitano a Bologna, l’ho rivoluto qui per il suo carisma. Poi penso a Modolo, sempre con me in questi cinque anni: da ragazzo s’è fatto uomo. E a Zigoni”. Solo 24 presenze nelle ultime due stagioni, eppure… “L’anno scorso a Carpi ci ha regalato la salvezza: prima della sua tripletta pensavo di vomitare dalla sofferenza”.
Joe è un businessman passionale. “Negli ultimi giorni sono andato a Catania, ho visitato Torre del Grifo e mi sono incontrato con i rappresentanti del gruppo Sigi”, racconta lo stato della trattativa con l’attuale proprietà rossazzurra. “Ho origini siciliane da parte di madre, non lontano da lì. La storia del Catania è notevole. E soprattutto c’è un bacino di tifosi caldissimi: il dodicesimo in Italia nonostante la Serie C”, Tacopina ha preso nota. “Poi le strutture di allenamento sono di livello mondiale”. Non per modo di dire: “Ho ottimi rapporti con Florentino Perez, che di recente mi ha mostrato i nuovi impianti del Real Madrid. Spettacolari. Ma non così diversi da quanto ho visto a Catania”.
Rimpianto lagunare
Pubblico e attrezzature. Tutto ciò che invece non è decollato a Venezia. “Amo questa città e la sua gente. Ma allo stesso tempo sono rimasto deluso dai tifosi”, l’ex presidente senza troppi giri di parole. “Ho promesso loro che presto sarebbero tornati fieri della squadra. Però doveva essere un impegno reciproco. Noi come società lo abbiamo onorato. Attorno al club invece non ho visto il coinvolgimento che avevo chiesto”.
Problemi logistici ma non solo. “D’accordo, il Penzo è scomodo e problematico. Eppure non siamo riusciti a riempire uno stadio da 5mila posti nemmeno quando ci giocavamo la Serie A”, il rammarico di Tacopina. “A Catania invece cammino per le strade e la gente mi ferma già pregandomi di restare. È quel feeling che ho sentito anche a Roma e Bologna. Per fare l’incasso di una partita al Massimino, a Venezia ce ne vogliono quattro. Un altro pianeta”.
Oppure stadio nuovo. “Senza quello il calcio in laguna non è sostenibile”, conferma l’ex presidente. “Il progetto c’è, l’amministrazione comunale ci ha sempre supportato e la nuova proprietà ha offerto determinate garanzie per proseguire quanto avviato da noi. Nel frattempo però servono sacrifici da parte di tutti”. Un lungo handicap, il buio tra Recoba e Tacopina. “Sono arrivato a Venezia nel 2015 e il calcio era morto da dieci anni e più. Persa una generazione di tifosi, bambini cresciuti esultando per le tre grandi. Dovevamo ricostruire tutto. Una sfida lunga e difficile. Ma non ci sono state le risposte che mi aspettavo”.
Fattore Joe
I presupposti invece c’erano tutti: cancellate il cliché del presidente straniero lontano dal suo club. “Mi hanno fatto pure Cavaliere di San Marco”, sorride Tacopina. Ma più degli onori conta il quotidiano. La casa tra i canali del centro storico, come un veneziano – “E continuerò ad avercela” –. Prima della partita due tiri a pallone con i bambini di Sant’Elena, a due passi dallo stadio. “Cerco di calarmi nella comunità come nelle mie squadre. Parlo con i magazzinieri al pari dei dirigenti, spendo ore nei fan club. E lo spogliatoio è sacro: non mi metto mai in mezzo ma tutti sanno di poter contare su di me. Se ogni mese continuo a ricevere più di 50 mail di ringraziamenti tra Roma e Bologna, vuol dire che ho lasciato il segno”.
Forse è anche per questo se dopo il primo allontanamento formale dal Venezia, lo scorso febbraio, sono impazziti i rumors attorno all’imprenditore 54enne. “Sampdoria, Torino, un ritorno a Roma. Ne ho letti di tutti i colori, ma li prendo come complimenti”, Joe sta al gioco. “L’unico fatto è il mio coinvolgimento per il progetto Catania, tra i più interessanti in Italia. E voglio tenere una porta aperta anche al Venezia: alcuni miei partner americani sono interessati e per me sarà sempre una piazza speciale. Vedremo, è un’estate di riflessioni”.
La decima di Tacopina nel nostro calcio. “Ci sono un paio di dati che mi rendono molto fiero: sono stato il primo proprietario americano ad arrivare in Serie A e il primo presidente della storia del calcio italiano a centrare tre promozioni consecutive”. Bologna, Venezia, Venezia, tra 2015 e 2017. “La mia passione è quella di allora, anche se oggi il calcio è diverso e bisogna fare i conti con l’impatto della pandemia: sarà dura per tutti i club, soprattutto dalla Serie B in giù. Ma in particolare per una realtà come quella veneziana, fondata su sponsor e merchandising: fonti di guadagno difficili da rimpiazzare. Ho paura che ci saranno ripercussioni anche sul budget destinato alla squadra”.
Nella sua voce c’è una vena di malinconia. Da nord a sud, passato e futuro che ancora si intrecciano liberi. Come in un sogno già vissuto: “C’è stato un giorno più di tutti in cui volevo darmi un pizzicotto”, rivela Tacopina. “Ero in gondola, alzavo i due trofei vinti in Lega Pro mentre procedevamo in parata lungo il Canal Grande. E i tifosi rispondevano festanti, dal Ponte di Rialto”. Ecco, questo sarà difficile ritrovarlo a Catania.