Szczesny: “La Juventus ha ancora bisogno di Buffon. Grazie a lui diventare titolare in futuro sarà più semplice”
Nella sua prima stagione con la maglia della Juventus, Wojciech Szczęsny si è ritagliato il suo spazio e ha avuto modo di farsi apprezzare anche dai suoi nuovi tifosi. Il portiere polacco arrivato a Torino in estate dall’Arsenal è il profilo su cui la società intende puntare per il futuro, sarà lui a dover sostituire Buffon quando il capitano si ritirerà - anche se ancora non è chiaro se la lo farà a fine stagione. Di questo e non soltanto lo stesso Szczęsny ha parlato in un’intervista sulle pagine di Tuttosport, dove ha anche raccontato del suo ambientamento alla Juve e delle sue speranze per il finale di stagione e per il futuro.
"Ho avuto la fortuna di giocare un po’ di più di quanto pensassi - dichiara Szczesny - e credo di aver fatto abbastanza bene. Sapevo che qui c’era Gigi, che è una leggenda della storia del calcio, per me era anche un’opportunità di allenarmi con il portiere più forte del mondo. Io non ho mai vinto un campionato e posso imparare sia da Gigi sia da altri campioni come comportarmi in certe situazioni. Sarà molto più facile diventare titolare dopo questa esperienza".
“Nelle ultime 10 partite ho preso 5-6 tiri in porta, vuol dire che la squadra fa qualcosa di buono. L’obiettivo è vincere tutto. Ci sono squadre più forti in Europa, però noi abbiamo qualità, umiltà nel difendere ed essere compatti. In campionato e Coppa Italia invece dobbiamo per forza vincere, non c’è altra strada. Vincere il primo scudetto sarebbe una gioia, ma anche e soprattutto fiducia. Ho 28 anni, è arrivato il tempo per vincere trofei importanti. Non ho parlato direttamente con Florenzi ma se qualcuno me lo chiedesse, direi sempre che venire alla Juve sarebbe un passo molto importante perché qui devi vincere tutto. Direi che è la squadra giusta per un grande giocatore”.
“Se sono consapevole di aver conquistato i tifosi? Non ho vinto niente e il rapporto con i tifosi si crea con i trofei. Mi aspettavo di venire qui e lottare fino alla fine per conquistare trofei. Sono molto contento, imparo molto da Buffon a livello tecnico, ma la cosa più importante è la leadership nello spogliatoio e nel comandare la difesa. Una volta capito che era tempo di andare via dall’Arsenal, è subito arrivata l’offerta della Juve e a quel punto la scelta è stata molto facile. Se Buffon continuasse sarebbe un bene per lui e per la squadra. Perché la squadra ha ancora bisogno di Gigi: come capitano e come grande portiere. L’età è solo un numero: anche negli ultimi anni è stato il portiere più forte, o tra i più forti, in Serie A e con il suo status di leggenda aiuta molto la squadra e sarebbe una soluzione perfetta".
E ancora: “Ripenso alla sconfitta in Supercoppa e al periodo difficile in cui abbiamo perso contro la Lazio e la Sampdoria. Ho visto il gruppo che non aveva panico. C’era tranquillità, serenità. Questa è una cosa molto diversa da quello che ho vissuto nelle altre squadre. Qui alla Juve sono tutti certi della loro bravura, della loro forza, dunque anche un momento difficile non cambia nulla. E infatti dopo quel momento è arrivato un goal subito in 16 partite”.
Su Allegri: “Per lui un ruolo alla Wenger è difficilmente ipotizzabile. Se fai così bene, dopo cinque anni arriva qualcuno che ti offre il doppio di ingaggio e lui sta facendo qualcosa di eccezionale. Anche Wenger all'inizio ha fatto cose speciali, poi ha fatto molto bene dal punto di vista economico per il club. Io però da tifoso dell'Arsenal vorrei vederli vincere di più. Allegri ha l'umiltà di farci difendere: noi sappiamo che la qualità per fare gol l'abbiamo, però il campionato lo vince la squadra che subisce di meno".
Infine, un segreto che permette al polacco di rimanere sempre concentrato e sereno: “In campo la fatica mentale viene dopo 30 minuti in cui non tocchi la palla, devi essere forte di testa per rimanere dentro la partita. Due anni fa ho cominciato a fare meditazione. Lo faccio molto anche prima della partita, sul pullman e nello spogliatoio. Quando ero più giovane io mi distraevo, pensavo a quello che stavo facendo a casa con i videogiochi. Ora penso solo a dov’è il pallone, dove c’è pericolo, dove sono i compagni. Ad esempio, ora non vedo e non sento i tifosi intorno a me. Per me giocare a Wembley o, con tutto il rispetto, giocare a Frosinone è uguale".