Dalla scuola calcio ai provini (falliti): Tonali, adesso il Milan è realtà
Milano, zona Barona. Il verde, i palazzoni, il cielo bianco. Le urla dei ragazzi che giocano e il rumore dei palloni colpiti. A un certo punto un centro sportivo: cinque campi, un bar e un gazebo. In campo i bambini che giocano, fuori i genitori. Qualcuno guarda i figli all’opera, qualcun altro beve un caffè al bar. La storia di Sandro Tonali inizia più o meno così. Un campo, un pallone e una pacca sulla spalla. Come tutti i bambini.
Sandro è di Lodi, ma per farlo giocare i genitori lo portano a Milano: alla Lombardia Uno. Lui è contento. A sette anni ti basta poco per essere felice. Tifa Milan e le maglie della Lombardia Uno sono rossonere (del resto la società è affiliata proprio al Milan). Il suo primo allenatore si chiama Davide Gatti. Che Sandro se lo ricorda molto bene, non tanto per le abilità tecniche. Ma per qualcos’altro: “La differenza era la maturità che aveva già a quell’età. La serenità e la tranquillità nel giocare...questo lo rendeva diverso da tutti gli altri”, racconta in esclusiva ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Maturo, già a 10 anni. Figuratevi adesso. Mai sopra le righe, oggi come allora. Un ragazzino come tutti gli altri: “È vero che era abbastanza silenzioso, ma non era uno chiuso...non un casinista insomma. Si divertiva giocando”. Silenzioso sì, fuori dal campo. Perché dentro poi...faceva già il fenomeno. Piccoletto, ma fortissimo. Il mister conferma, e rincara la dose: “Era come quando gli adulti giocano coi bambini e gli passano la palla davanti alla porta. Lui giocava così, ma coi suoi compagni”.
Insomma il passaggio è rimasto lo stesso: dai pulcini alla Serie A, la qualità è sempre quella. Ma da piccolo segnava anche. E non poco. I compagni dell’epoca se lo ricordano molto bene. Uno di loro (Matteo Paron), con Tonali per tutti quei tre anni in Lombardia Uno, ci racconta: “Mi ricordo che uno dei primi anni, quando giocavamo a cinque, arrivò a segnare cento gol in un solo anno. Forse li superò anche...di sicuro arrivò a cento. Vinceva il premio per miglior giocatore e marcatore a quasi tutti i tornei. Me ne ricordo uno a Rozzano, c’erano anche i pulcini dell’Inter, ma lo vinse comunque lui”. A proposito di Inter, mister Davide in nerazzurro ha portato tanti ragazzi. Ma Tonali, l’Inter, non gliel’ha mai chiesto. Il Milan invece sì. Fece qualche provino al Vismara, ma non fu scelto: “Noi di giocatori al Milan, e non solo, ne mandiamo da vent’anni. Lui non lo presero, è vero. Però non mi sento di dire che fu un errore. Ci sono tanti bambini che vengono valutati e per i quali magari si preferisce aspettare”. Tutto vero, ma perché poi non fu richiamato? “Perché in quegli anni il Milan preferiva il giocatore molto forte nell’uno contro uno, che spiccasse tecnicamente. Un giocatore già così adulto nel modo di giocare era meno appariscente di altri. In quelle categorie funzionava così...”. Letta così ha senso, ma a posteriori fa effetto. La non-scelta del Milan resta il tassello chiave della breve storia (calcistica) di Sandro. I dettagli fanno la differenza e quel dettaglio, a Sandro, gli ha cambiato la vita.
Si chiude una porta, si apre un portone. Prima il Piacenza, poi il Brescia: Sandro è partito dal basso, per arrivare in alto. Adesso è pronto per una nuova sfida, la più importante della sua ancora giovane carriera. Sandro sarà rossonero, proprio come i colori della Lombardia Uno, ma adesso ad aspettarlo c'è il Milan, proprio quella squadra che lui tifava da bambino. Così, passo dopo passo, Tonali continua a scrivere la sua storia.
A cura di Lorenzo Del Papa