"Simone più forte di me"; "Pippo? Un riferimento". Show degli Inzaghi

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Filippo e Simone Inzaghi, due fratelli che hanno condiviso lo stesso percorso. Prima hanno calcato entrambi i campi da calcio, poi si sono trasferiti in panchina. Una passione, quella per il pallone, nata da piccoli quando giocavano le partite dentro casa: bagno e camino diventavano le due porte in cui metterla dentro. Entrambi reduci da una stagione record: Superpippo in B ha ottenuto la massima Serie con il Benevento, Simone in A con la Lazio ha conquistato la Champions League dopo tredici anni e ha lottato per lo scudetto. I due si sono raccontati al Festival dello Sport tra aneddoti e ricordi. 

Ricordi di infanzia

"Simone mi veniva sempre dietro - racconta Filippo -. Lo mettevo come condizione per partecipare ai tornei, ma non solo. A volte giocavamo insieme e rompevamo le vetrate dei vicini".

"C'era il campetto della chiesa ora diventato un bar - ricorda Simone -. Le nostre prime partite erano indimenticabili, abbiamo iniziato lì. Ricordo molto bene anche il parco giochi che c'è tra le scuole elementari e medie, eravamo sempre lì a giocare e nostra madre ci veniva a chiamare perché era ora di cena. Peccato non aver giocato più spesso insieme da grandi".

Ma anche partite in casa, con il pallone di calcio fatto di scotch e calzini. "In mansarda una volta mi ero fatto veramente male - prosegue Superpippo -, ho sentito "crac" e mi sono messo a dormire sul divano pensando che era un sogno e mi sarei svegliato presto. Non potevo essermi fatto male giocando in casa con lui!". "Non sapevamo cosa dire agli allenatori - prende la parola Simone -. Pippo doveva andare agli allenamenti il giorno dopo. Aveva 14 anni e io 11".

La passione per il pallone, però, arriva direttamente da papà Giancarlo: "Ci ha sempre seguito. Volevamo giocare ma non avevamo l'età e lui ci faceva dare qualche anno in più altrimenti non ci facevano scendere in campo perché troppo piccoli. Lui, grande tifoso del Milan, ci portava a vedere il Piacenza. Ci ha dato tanto"

Dal passato al presente, Filippo Inzaghi parla della sua voglia ormai scemata di gol. E lui delle reti era il re. "Ho abbandonato proprio. Soprattutto a Venezia, quando giocavo mi veniva malinconia perché vedevo che stavo bene. Ho anche paura di farmi male e per un allenatore poi magari è difficile andare in panchina. Non gioco più neanche con gli amici. Penso ai miei giocatori e alle squadre che alleno"

Simone, invece, della soddisfazione di sedere sulla panchina della Lazio: "Ho la fortuna di aver cominciato un percorso con ragazzi che mi hanno dato grandissima disponibilità. Si è instaurato un ottimo rapporto e dopo più di 206 panchine mi emozionano sempre. Contro l'Inter abbiamo chiuso il match con Parolo che marcava Lukaku. Marco ha iniziato 5 anni fa con me e l'ha fatto nel migliore dei modi. Lulic non c'è da 9 mesi e speriamo di recuperarlo al più presto".

"Simone più forte di me"

I due fratelli proseguono con le storie raccontanto i successi ottenuti e i record. "Simone è stato sfortunato, soprattutto dal punto di vista fisico. Ha fatto quattro gol in Champions in una partita e non ci sono riuscito neanche io. Il suo problema alla schiena lo ha segnato, ha stretto i denti e fatto il massimo. Se fosse stato bene avrebbe fatto meglio anche di me. Come doti tecniche era più forte. A 21 anni non fu preso dal Milan proprio per questo problema alla schiena".

Anche l'allenatore della Lazio loda il fratello. "Mi è sempre stato accanto. Papà lavorava e si sacrificava. Pippo per me è stato un punto di riferimento per quanto riguarda la vita. Lui era posato e io agitato e irrequieto. Vigilava sempre su di me. Anche con il Var avrebbe segnato tantissimo. Per il calcio è stato un riferimento ed è un vincente. Ha fatto tutti i record che poteva fare. Gli invidio il gol in finale di Champions - continua Simone -. Sarebbe piaciuto anche a me segnarne uno".

Spazio anche ai ricordi sulla Nazionale. Quando entrambi vestiti d'azzurro aspettavano l'esordio. "Nei ritiri si dorme nella propria stanza e io quel giorno, quando arrivai, chiesi le chiavi e mi dissero che ci aveva pensato mio fratello. Avrei dormito con lui". "E io non ho mai dormito con nessuno, ero insopportabile - replica Pippo -. Facemmo fatica a dormire perché aspettavamo l'esordio. Eravamo in Nazionale maggiore ed era un sogno". 

"Juve? Zero rimpianti"

Infine, l'intervista è continuata parlando di attualità e di un particolare momento in estate quando il nome di Simone fu accostato alla Juventus. "Simone può allenare chiunque ma penso che il legame con la Lazio sia difficile da spezzare. Il mio sogno è che faccia il Ferguson dei biancocelesti". "Non sono rimasto male per la Juve. Ha detto bene Pippo. Con la Lazio ho un rapporto incredibile. Io ero tranquillissimo dovevo diventare papà per la terza volta. Ho molta serenità perché la squadra mi segue anche se è il mio quinto anno".

 

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