L'Ajax-Juve che fu. Silooy: "Io e Davids non dovevamo calciare quei rigori"

style="text-align:justify">Fuori i campi verdi e i canali, poco lontano i mulini di Zaanse Schans, uno degli angoli più belli d’Olanda. “Certo, sennò mica mi sarei comprato la casa qui”. To the point, dall’inizio alla fine. Da A a B, passaggi efficaci e lineari come insegnano alla scuola calcio del suo Ajax. Sonny Silooy spiega, incuriosisce, racconta. Soprattutto quello che gli altri si sono dimenticati di lui.

Ho giocato con Cruijff, Van Basten e Kluivert: sono tra i pochi a poterlo dire, la carta d’identità mi è venuta in aiuto”. Classe 1963, 326 presenze con la maglia dei lancieri, 17 trofei vinti tra cui una Champions League, eppure… “Nessuno si ricorda di tutto questo. O forse nemmeno si sa più. -Tu sei quello che ha sbagliato il rigore contro la Juve!-, mi fermano i bambini per la strada. -Dai, su, che non eravate ancora nati-”. L’altra faccia di quel 22 maggio 1996, l’ultima volta che i bianconeri sono saliti sul tetto d’Europa. A spese dell’Ajax e di Silooy.

“Bene, riguardiamo pure quel fottuto rigore”. L’ex difensore non ha avuto paura di calciarlo, figurarsi se ne ha oggi di raccontarlo, video alla mano, ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com. “La partita era finita 1-1 (gol di Ravanelli e Litmanen, ndr) anche dopo i supplementari e Van Gaal stava decidendo i rigoristi. Ma diversi giocatori importanti a quel punto si tirarono indietro. C’era tanto, troppo timore di non far gol”. E allora ecco i veterani. Io e Davids. Ci siamo presi la responsabilità, ma non eravamo nemmeno nella lista: non avremmo mai dovuto calciare quel penalty. ‘Ok, lo posso sbagliare’, mi ero detto. E lo sbagliai”.

 

 

Il futuro centrocampista della Juve per primo, Silooy per ultimo. Entrambi ipnotizzati da Peruzzi. “Ho calciato veramente male, dove si stava tuffando il portiere. Ma non ero nervoso. Solo deluso dai miei compagni, che in una finale di Champions avevano lasciato che tirasse qualcuno che non segnava i rigori nemmeno in allenamento. Quella fu anche l’ultima occasione in cui ho toccato il pallone con la maglia dell’Ajax.

Nessun rimpianto, solo voglia di dare giustizia al resto della storia. “Adesso vi faccio vedere io un video”. Quasi dieci anni prima, un’altra finale. Coppa delle Coppe 1987, contro il Lokomotive Lipsia. Ecco, qui c’è Winter, poi ricevo palla io. Sovrapposizione e cross dalla destra, una delle mie specialità”. Stacca Van Basten, letale. Per l’Ajax è il gol partita. “E per noi di quel grande gruppo l’inizio di una grande carriera. Marco andò subito al Milan, io al Racing Club di Parigi prima di tornare a vincere all’Ajax”. Da Campione d’Europa mancato. “Avevo giocato tutte le partite di qualificazione, ma a tre mesi dal debutto mi infortunai all’occhio. Ho seguito le prime due gare del torneo allo stadio. E poi la Nazionale mi disse che non c’erano più biglietti per me.

 

 

 

Assurdo leitmotiv, oltre la maglia oranje. “Mi capita anche oggi di non trovare biglietti, quando cerco di vedere i match dell’Ajax alla Johan Cruijff Arena”. Eppure, non c’è ragazzo di casa più di Silooy. In tutte le vesti possibili. “Ho giocato due anni nell’Academy e 14 da professionista. Poi ho allenato le giovanili”. Sgrezzando Promes e Van der Wiel. “Vedete? Tutti i migliori sono passati da me”, sorride Sonny. “Cinque anni, e da altrettanti sono un consulente per il settore giovanile. Una sorta di ambasciatore in giro per il mondo: tutti vogliono sapere che cosa fa l’Ajax con l’Academy e io so esattamente cos’è accaduto lì dagli anni ’70 a oggi.

Un vivaio che continua a sfornare talenti, fino a capitan de Ligt. “Come squadra abbiamo avuto alti e bassi negli ultimi anni: questo è il rischio da correre puntando sui giovani. Ma ora abbiamo i soldi. Quindi più strutture, più allenatori, più specialisti. E anche investimenti in giocatori di rilievo”. Tadic, Ziyech, l’1-4 del Bernabeu, il grande calcio che riscopre la scuola Ajax. “Come si fa a ripetere la nostra filosofia? Non è possibile, perché quello che abbiamo noi è il risultato di un processo lungo 60 anni”, spiega Sonny. “Noi condividiamo le nostre idee, non abbiamo segreti se non nell’approccio con i giocatori. Chiunque può dare istruzioni a un nostro ragazzo, ma solo chi ha l’Ajax nel DNA riesce a trasmetterle veramente.

 

 

Come Silooy. “Ho vissuto tutto sulla mia pelle. Le giocate di Cruijff e poi le sue lezioni da allenatore. Prima di quelle di Van Gaal: i migliori di tutti, ma Johan era di un altro pianeta in tutti i sensi”. Nessuna presunzione, tutta questione di know-how. “Allo stesso modo, potrei forse insegnare i metodi di Juve e Milan? Bisogna sentire il club, sapere cosa succede al suo interno e come funzionano le cose. Anche se dal calcio italiano ho imparato tanto, ancora quand’ero calciatore”.

Ex difensore, ma anche ex attaccante. “Fino ai 15 anni, sì. Poi all’Ajax hanno cominciato a valorizzarmi dietro: a me importava solo giocare, non importa in che ruolo. E allora mi sono messo a studiare Bergomi, Collovati, Gentile. In più ero veloce e cattivo”. Ma sempre nei limiti nel gioco, come dimostrano le zero espulsioni in carriera. “-Seguilo anche in bagno-, mi diceva Van Gaal quando giocavamo contro fenomeni come Romario. Per me era solo questione di annullarli. E oggi ai difensori dell’Ajax dico lo stesso: contro la Juve circondate CR7, non fatelo respirare. I consigli del passato, schietti come Silooy. “È vero, da giocatore legnavo, ma legnavano anche me. Volete vedere le lastre del mio ginocchio? Tre anni fa me l’hanno completamente ricostruito”.

 

 

L'eterno ragazzo dell'Academy ci rivela un'ultima sorpresa. “Durante la convalescenza ho visto un programma in tv, in cui si raccontavano le difficoltà dei bambini disabili ad avvicinarsi al calcio e di un'associazione che cercava di aiutarli. Piuttosto triste, mi ha commosso. Ho preso il telefono e ho detto che avrei voluto essere volontario lì. Chapeau. “Faccio da addestratore, due volte a settimana. E cerco di trasmettere tutta la mia passione per questo gioco a partire dai ragazzini più giovani”.

“Questo vale anche per quelli dell’Ajax: vogliamo seguirli e formarli quando sono ancora più piccoli rispetto al passato. Sapete perché? Provengono dalla playstation. Non c’è più l’inventiva, la formazione, l’arrangiarsi che offriva il calcio di strada. Dobbiamo pensarci noi. E 'quel fottuto rigore', ormai chi se lo ricorda più?

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