Caos Lucchese, Martinelli: “Una società di fantasmi! Grazie Lucca, questa città ci ha adottato”
Riccardo dove sei? “Abbiamo fatto allenamento e sono tornato a casa a fare la doccia”. Così esordisce il difensore clsse '91. Uno scherzo? Macchè. Semplicemente la realtà che si vive quotidianamente in casa Lucchese. Una squadra, quella rossonera, falciadiata dagli eventi e che al momento ricopre la penultima posizione del Girone A di Serie C con 17 punti. Certo vedere la classifica da lì non è proprio il massimo, ma se si aggiungono i punti di penalizzazine la Lucchese sarebbe a quota 33 con vista sui playoff: un'altra storia. Riccardo Martinelli, all’inizio della sua carriera non si sarebbe mai aspettato di dover affronatare una situazione del genere. A dirla tutta non si sarebbe neanche aspettato di fare il calciatore: “Per me il calcio era solo un hobby, basta conoscere il mio passato per capirlo”. Un hobby: come la pesca, che ama, oppure le Serie Tv. Nessun Settore Giovanile, nessun procuratore. Solo un campo, due porte ed un pallone: “Quando c’era”. Partito dal Chimera in Prima Categoria, passato poi al Subbiano in Eccellenza. Nicola Campedelli lo vede nei dilettanti e lo porta nei professionisti: direzione Bellaria. Lì la prima presenza in Serie C. Martinelli, sabato contro il Siena, è arrivato a quota 200, nell’anno più surreale della sua carriera. Il suo nome, vuol dire “combattente valoroso” e sembra essere stato marchiato a fuoco dal destino. Già perché queste sono solo alcune delle caratteristiche che quest’anno deve avere un calciatore per indossare la maglia della Lucchese. Il classe ’91, però, ci tiene subito a dire una cosa: “Siamo diventati figli di questa città meravigliosa”. Inizia così il racconto di Riccardo Martinelli per gianlucadimarzio.com.
Introverso, difficilmente fa trasparire le sue emozioni, ma quest’anno qualcosa forzatamente è cambiato: “Tutta la squadra è stata investita da una forza speciale”. La scelta della Lucchese quest'estate sembrava quella giusta dopo il biennio di Prato: “ Non c’era minimamente la percezione di ciò che sarebbe potuto accadere. Sapevamo che saremmo partiti con una penalizzazione, poi …”. Ti penti di questa scelta? “Assolutamente no! Abbiamo un gruppo fantastico, il migliore della mia carriera”. Fino a Natale, a Lucca, si viveva una situazione tranquilla. Riccardo ci confessa però che la prima avvisaglia di pericolo gli fu svelata dal suo ex presidente del Prato Toccafondi: “Ero in tribuna a Pontedera perché squalificato, e parlai con il mio ex presidente del Prato. Mi disse che il nostro presidente Moriconi voleva mollare la squadra a queste persone e che se fossero realmente entrate sarebbe stato un grosso problema. Mi consigliò di trovare il modo per andar via”. Una vera e propria bomba, a cui però il difensore ex Rimini non da la giusta importanza, fino alla fine di dicembre: “Il presidente Moriconi ci spiegò che per impegni familiari avrebbe dovuto cedere la società. Con lui non avevamo un gran rapporto, ma ha sempre mantenuto tutti i suoi impegni”.
Arriva così la cessione alla cordata con in testa Aldo Castelli: “Non riusciamo a capire perché la cessione é stata fatta proprio a queste persone. Moriconi ci aveva garantito che loro avrebbero rispettato tutte le scadenze e che la squadra avrebbe avuto un grande futuro”. Invece … : “Sono dei fantasmi. Se non li avessi visti almeno una volta dubiterei della loro esistenza”. La mente, così, torna a quel 28 dicembre data di presentazione della “nuova società”: “E’ stata l’unica volta che li abbiamo visti, ci avevano garantito anche loro che avrebbero rispettato le scadenze e che avrebbero investito nella Lucchese. Tutti avevamo dubbi sulla loro affidabilità, ma giocare così con le persone è una cosa pessima”. Un senso di impotenza, quello che ha accompagnato la squadra dai primissimi momenti dopo la cessione: “Il nostro interlocutore era un indirizzo e-mail. Tutti i recapiti telefonici utilizzati erano sempre inesistenti. Un incubo”.
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Si dice che la speranza è sempre l’ultima a morire, ma in casa Lucchese, è definitivamente sparita nella giornata di lunedì, quando per l’ennesima volta non sono stati saldati i pagamenti in programma: “Dopo l’ennesima promessa non mantenuta, abbiamo capito che è davvero finita”. Poi aggiunge: “Quello di martedì è stato un allenamento particolare, c’era tanta tristezza”. Dei ragazzi, e addetti ai lavori, totalemte abbandonati giorno dopo giorno ad affrontare una situazione che è andata sempre peggio : “Ci siamo ritrovati con lo stadio chiuso, senza acqua, senza gas. Elemosiniamo una bottiglietta d’acqua, chiediamo all’impianto sportivo di calcetto di poter fare le doccie lì”. Ed anche se il tutto può sembrare la trama di un thriller, purtroppo non lo è: “L’ultima trasferta a Siena é stata pagata dai tifosi. Andiamo in giro con pullman e pranzi pagati da associazioni, collette. E’ mortificante per noi”. Sullo sfondo la paura di non poter terminare il campionato: “Ci attendono trasferte lunghe, mancano ancora tante partite. Qui si vive alla giornata”. Poi sottolinea: “Da parte nostra c’è la ferma volontà di portare a termine questo percorso”.Poi arriva il momento dei ringraziamenti, e mai come questa circostanza partono dal cuore: “Questa città ci ha adottato. Una sera eravamo a cena in un ristorante, siamo stati riconosciuti e ci hanno offerto tutto”. Poi ancora: “Bisogna ringraziare assolutamente il Direttore Obbedio e la segretaria Marcella Ghilardi, loro hanno provato a tenere tutto unito".
Quella di Martinelli, così come di tutti i ragazzi della Lucchese, è una storia vera. Una storia che va oltre il calcio, e l’essere calciatori: difficile e complicata. Una storia di ingustizie, lacrime, ma anche di unione, di forza, che però entra nelle case e nella sensibilità delle persone comuni. Si legge Lucchese, si chiama vita.
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