La rivincita di Scolari: dal 7-1 del 'Mineirazo' al titolo col Palmeiras

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Quattro anni fa era l’uomo più odiato del Brasile, oggi al suo ritorno in patria ne è nuovamente il campione. Felipe Scolari, una vita di rivincite: inattese, sorprendenti, uniche, come quella del suo Palmeiras, campione del Brasileirão per la decima volta nella sua storia.

Una vittoria che non ha nulla di banale, per i modi in cui è arrivata e per il protagonista che ha guidato quest’impresa dalla panchina. È subentrato a fine luglio al posto di Roger Machado - un personaggio ricorrente nella sua storia, visto che fu proprio Felipão a farlo esordire da calciatore nel 1994 al Grêmio, 24 anni prima della staffetta che ha riportato il Palmeiras in cima al Brasile.

Terza esperienza da allenatore per lui al Verdão, anche questa con un titolo già in bacheca. La più prestigiosa fu la prima, quella del grande successo in Copa Libertadores nel 1999, l’unico della storia del club degli italiani di San Paolo. Poi il ritorno nel 2012 con la vittoria della Copa do Brasil, e adesso questo titolo nazionale. Ha guidato una squadra eccezionale sì, reduce da un secondo e un primo posto negli ultimi due campionati, ma il suo apporto è stato decisivo per vincere un testa a testa snervante contro Internacional e Flamengo. Tanto che anche la penultima giornata sembrava dover vedersi rinviare la festa del titolo: le notizie che arrivavano da Belo Horizonte, la città maledetta della carriera di Scolari, obbligavano il Palmeiras a battere il Vasco a Rio per colpa di un regolamento che in caso di arrivo a pari punti dà la precedenza alle vittorie ottenute rispetto agli scontri diretti. La vittoria è arrivata, ma solamente nel finale: ci è voluto un gol di Deyverson, la “testa calda” della squadra, finalmente decisivo in una partita che conta per rendere completo il capolavoro di Felipão.

Una festa per lui, adesso nuovamente amato in Brasile, almeno dai tifosi del Palmeiras. Impensabile solo pochi mesi fa, quando ancora si portava addosso la più grande macchia della sua carriera. Perché non basta nemmeno essere l’ultimo Ct Campione del Mondo del Brasile per cancellare l’onta del 7-1 contro la Germania. L’incubo del Mineirazo, quella maledetta notte di Belo Horizonte che lo ha reso il nemico pubblico numero uno in Brasile.

Eppure lui in Brasile ha avuto il coraggio di tornarci: è la sua carriera, è nel suo DNA. Tornare, farsi amare e perdonare per non vivere mai di ricordi. Ha vinto ancora, è il ventunesimo titolo di una carriera che lo consacra come uno dei migliori allenatori di questa epoca. Massimo campione in due continenti diversi, Campione del Mondo in Corea nel 2002 e vice Campione d’Europa con il Portogallo nel 2004.

I calciatori lo hanno portato in trionfo, lo hanno sollevato in aria, riconoscendogli gran parte dei meriti della grande rimonta del Palmeiras. E da lassù probabilmente avrà capito di non esser più l'uomo più odiato del Brasile.

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