Trainini, la Lumezzane e il primo Inzaghi: "Vi svelo il mio Simone, sfortunato e più forte di Pippo"
Teso, nervoso. Su e giù per il campo, mani in tasca e sguardo pensieroso. Dilemmi, dubbi: "e se dovesse andar male?". Inzaghino è all’esordio in Serie A. Non più da giocatore, la 21 è ormai in soffitta. Bensì da allenatore della Lazio. Un sogno, il suo. Tensione alle stelle. Poi il 3-0 al Palermo: Klose, Klose, Anderson. Spazio ai sorrisi, ai quei ricordi giovanili. Una carriera sfortunata quella di Simone, qualche rimpianto di troppo. In principio fu la Lumezzane. Qui un assaggio dei pro (stagione 1996-97) coi consigli di Giovanni Trainini, uno dei suoi primi allenatori: “Simone era il classico giocatore di qualità, faceva cose che pochi altri avrebbero saputo fare. Quell’anno vincemmo il campionato di C2, lui contribuì in modo rilevante alla promozione”.
Trainini racconta il primo Inzaghi su GianlucaDiMarzio.com, si emoziona. Nonostante siano trascorsi 20 anni, poi, butta lì un paio di aneddoti: “Lo notai nel precampionato, giocammo un’amichevole col Brescia di Reja e Inzaghino segnò due gol. Vincemmo 2-1, noi eravamo una squadra di C2, loro di Serie B. A fine stagione fummo promossi entrambi”. Durante l’anno invece? Inzaghi come andò? “Si rivelò un giocatore importante, segnò 6 reti”. La più bella? Giovanni risponde senza pensarci: “Un pallonetto contro la Maestrina, me lo ricordo ancora! Fece finta di calciare e invece, tuc! Tocchettino a scavalare il portiere, gol”. Poi aggiunge: “Certo, non giocò tutte le partite perché era uno dei suoi primi anni da professionista (23 presenze ndr). Ma fu determinante, senza dubbio. Era furbo, scaltro, aveva doti da vero attaccante”.
Postcards da Lumezzane, comune in provincia di Brescia: “Simone è un giocatore da ricordare - continua Trainini - in tutti i posti in cui è stato si è fatto apprezzare. E’ intelligente, educato e rispettoso. Pur essendo giovanissimo aveva già una professionalità unica. Poi era simpatico a tutti!” Ah, si? “Certo, anche ai suoi concorrenti. Sapeva farsi voler bene. Legava coi compagni, non era una persona che divideva il gruppo. Quando gli spiegavo le cose capiva alla svelta, gli auguro ogni bene”.
Simone alla Lumezzane, Pippo a Bergamo (dove poi diventerà capocannoniere, 24 gol con l'Atalanta di Mondonico). C2 e Serie A, bel divario. Il nome del fratello, poi, sempre presente nella vita di Inzaghino. Quasi come un ombra. Invece no, Simone viveva la “rivalità” a modo suo, con tranquillità. Occhio alla parola però, rivalità. Per altri forse, non per loro due, che in casa "facevano danni" per la disperazione di mamma Marina. Amici prima di tutto: “Erano legatissimi, Filippo l’ha sempre supportato. Sempre. Psicologicamente Simone non ha mai subito il valore del fratello, il sentirsi secondo per forza. Non gliene importava molto”.
Poi la curiosità: “Quell’anno vivevano insieme nello stesso appartamento, Simone giocava da noi alla Lumezzane e Filippo all’Atalanta”. So’ ragazzi: “Diciamo che il senso del gol è una questione di famiglia, ma tengo a precisare che Simone tecnicamente era più forte di Filippo. Senza dubbio. Aveva più qualità, nel corso della sua carriera è stato sfortunato. Ci sono calciatori che fanno una carriera al di sopra delle proprie capacità, riguardo Inzaghi penso che abbia avuto molto meno di quel che meritava. Non solo per demeriti suoi”.
Parole di stima, d’affetto. “Pippo viveva il gol con un’espressione più rabbiosa, era opportunista, agiva sul filo del fuorigioco. Simone era diverso, aveva qualità. Non ci siamo più sentiti, ma lo chiamerò". Teso, nervoso. Quei capelli tirati dietro con le mani, gli occhi sul campo, le mani in tasca. Fino alla vittoria. Esulta Inzaghino, sogna in grande. Trainini, invece, ricorda in silenzio, ripensando al "suo" Simone. Telefono che vibra poi, messaggino. Sappiamo tutti chi è, lo sa anche Simo. Legge, sorride, si emoziona: "Bravo fratellino!".