Santacroce: "Al Cuneo una situazione pesante, ma siamo una grande famiglia"

Sorriso a metà per il capitano del Cuneo Fabiano Santacroce: “Dal punto di vista del campo sta andando tutto bene, il problema è a livello societario dove abbiamo avuto grosse lacune”. La classifica dice -23: “Ma con tutte le difficoltà che ci sono noi diamo sempre il 100%”.

Verissimo. Sono in zona playout ma senza quella penalizzazione starebbero in piena lotta playoff, tre vittorie nelle ultime cinque partite: “Il segreto è l’unione. E’ una squadra costruita in poco tempo, da quando sono arrivato io ho visto passare una cinquantina di giocatori tra provini e acquisti. Il nostro obiettivo era quello di formare un gruppo per poter lavorare in un clima giusto”. Traguardo raggiunto in pieno.

Squadra giovanissima, tra l’altro. 23,9 anni per partita. Santacroce è un po’ il fratellone di tutti questi ragazzi: “Cerco di essere una guida per i più giovani”. La saggezza del più esperto: “A Caso dico sempre che deve allenarsi meglio, con più intensità. Potenzialmente potrebbe giocare a livelli più alti, ha tutto per fare bene”.

A segnare ci pensa qualcun altro: “Defendi è un giocatore più che valido, la Serie C gli sta anche stretta”. Altri giovani? Prendete appunti: “Ce ne sono tanti interessanti, da Suljic (classe ’96, ndr) a Kanis (’97), passando per Bobb (’96)”.

In un clima difficile ci vuole qualcuno che stemperi la tensione: “A quello ci pensiamo io e Defendi, siamo i più vecchi”. E quando Fabiano si mette all’azione sono sempre grandi risate: “Volete sapere l’ultima?”. Sentiamo: “Due compagni stavano discutendo durante un allenamento, mi sono levato la maglietta e sotto avevo quella da arbitro. Sono andato da tutti e due estraendo il cartellino rosso”. E torna il sorriso: “Questi momenti servono per eliminare la pressione, altrimenti diventa una situazione insostenibile”.

Perché le difficoltà non mancano: “Dormivamo in albergo. E dopo qualche mese dovevamo cambiarlo perché la società non li pagava”. Realtà diversa dalle aspettative di inizio stagione, con il club che adesso rischia tra i 2 e i 4 punti di penalizzazione per il mancato pagamento dei contributi ai propri tesserati: “Era il primo anno tutti insieme, giocarci i playoff per andare in B sarebbe stato un sogno. Poi, invece, ci siamo ritrovati a fare un altro campionato e a vivere una situazione davvero pesante”.

Gli stipendi non arrivano, nei momenti più difficili però ci sono gli amici: “C’è chi non riusciva a pagare l’affitto di casa, chi non aveva i soldi per le bollette o per fare la spesa. Ci siamo aiutati tra di noi dandoci una mano l’uno con l’altro. Come in una grande famiglia”.

Il Cuneo andava avanti sul campo e indietro in classifica. Poco a poco, fino ai -23 di oggi: “Se fossero arrivati tutti insieme sarebbe stato meglio, così è come se ci avessero tolto di volta in volta tutte le vittorie che facevamo”.

Tanti problemi, ma di mollare non se ne parla neanche per sogno: “Ho avuto qualche giornata nervosa, ma non ho mai pensato di andarmene”. La voglia di giocare è troppa: “Quando sono arrivato qui venivo da due anni nei quali ero rimasto fermo e mi ero stantaco del calcio. Mi sono goduto un po’ la mia famiglia, ma quest’anno ero carico e voglio andare oltre ogni difficoltà”.

 

 


"L'amicizia con Hamsik, il beauty di Crespo"

Capitano dentro e fuori dal campo: “Ci dicevano sempre che andava tutto a posto, poi arrivava la penalizzazione. Per questo mi sono dato da fare parlando anche con gli ex presidenti del Cuneo per capire come si è arrivati a questa situazione. Ho parlato anche con qualcuno dell’attuale società, e questo mi ha fatto sprecare tante energie soprattutto a livello mentale”. Però a qualcosa è servito: “Il presidente ha ammesso le sue colpe e ha detto che da ora in poi le cose andranno bene. Aspettiamo per capire se è vero”.

Santacroce si è preso a cuore il futuro di un club dove è arrivato quasi per caso: “In realtà a Cuneo dovevo solo allenarmi dopo un’estate intera a lavorare da solo”. Le idee, infatti, erano altre: “Ho fatto provini in Olanda e Bulgaria”. Poi il colpo di fulmine: “Sono rimasto subito impressionato dal ds Borgo. E finalmente ho incontrato dopo un po’ di tempo un allenatore – Scazzola – che ha voglia di far crescere i ragazzi”. A farlo diventare come nuovo le mani fatate del fisioterapista Pagni: “Un dolore pazzesco, ma ha fatto un gran lavoro. E’ uno dei più forti in Italia”.

La testa a Cuneo, il cuore a 800 km di distanza, dove Santacroce ha lasciato la moglie e le bambine: “Vivono a Napoli, penso sempre a loro. La lontananza dalla famiglia è la cosa più dura che ho dovuto affrontare quest’anno”.

800 km da Napoli e 300 da Como, dove tutto era iniziato quindici anni fa insieme a Marco Parolo, allora 19enne: “Era uguale a oggi. Sia come giocatore che come ragazzo. Una persona splendida. Sempre con i piedi per terra e senza eccedere in nulla”.

Da Como a Brescia, dove faceva coppia fissa con Marek Hamsik: “A 17 anni sembrava già un veterano. Giocatore intelligentissimo”. Tra loro era sempre una sfida: “Quando pioveva ci lanciavamo nelle pozzanghere durante gli allenamenti, chi arrivava più lontano vinceva. E lui non voleva mai perdere”.

I due si ritrovano insieme anche a Napoli, nel momento più alto della carriera di Santacroce: “In quel periodo sono stato anche convocato in Nazionale. Se non avessi avuto problemi al ginocchio chissà dove sarei potuto arrivare”.

In allenamento si ritrovava davanti gente come Lavezzi e Zalayeta: “Sono i compagni più forti che ho avuto. El Panteron era impressionante, praticamente giocava con un ginocchio solo”. Provava a fermarlo, ma: “Non ci riuscivo mai”.

E l’avversario più difficile da affrontare? “Crespo, con quei movimenti era imprendibile”. Ma qualcosa del Valdanito è riuscito a prenderla. La maglia? “No, il suo beauty con una dedica sopra”. Curiosità: “Il beauty di Crespo è storico. Volevo qualcosa che aveva da più tempo, era tutto rotto. Me l’ha regalato e me lo tengo custodito a casa. E’ un pezzo di storia di Hernan”.

Chissà, invece, la storia di Santacroce dove continuerà il prossimo anno: “Dipende da quello che succede in società. Un altro anno come questo non voglio farlo”. L’obiettivo nella mente è messo a fuoco: “Gioco per tornare in Serie A. Se dovessi accontentarmi smetterei”. E invece a 32 anni è ancora lì, a lottare su ogni pallone. Con un sorriso a metà.

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