Russia 2018, 10 talenti "maledetti" in cerca di riscatto

REUS (Germania)





Si può piegare, ma alla fine non si spezza mai. Per questo in Germania lo hanno ribattezzato “The Comeback Kid”, ossia il ragazzo dei ritorni. Marco Reus è caduto spesso, è stato tormentato dalla sfortuna, ma alla fine si è sempre rialzato. Quaranta infortuni nel giro di dieci anni, l’ultimo nel finale della passata stagione lo ha costretto ad uno stop di 10 mesi. E’ scappato con la sua ragazza per non pensare al peggio, poi si è messo sotto con il lavoro. Come al solito. Risultato? Ritorno in grande stile e 7 gol in 11 presenze, tanto da guadagnarsi la convocazione per il prossimo Mondiale. Eppure la storia di Reus con la Germania è sempre stata tormentata, colpa dei soliti, maledetti, infortuni. Quelli che gli hanno tolto la possibilità di essere presente nel Mondiale 2014 e nell’Europeo 2016. In Russia finalmente ci sarà, per l’ennesima rivincita della sua carriera.

ANDRE' SILVA (Portogallo)




E’ stato il colpo ad effetto dell’estate milanista. Fantasia, talento ed età: tutto dalla parte di Andrè Silva, arrivato dal Porto per 38 milioni di euro, diventando il secondo acquisto più caro della storia del Milan dopo Rui Costa. Un investimento per il futuro, che al momento non ha ripagato le aspettative. Colpa di un ambientamento non facile. Un 9 con intuizioni da 10. Partito da centrocampista e diventato l’attaccante titolare del Porto: 21 gol in 44 presenze e la chiamata del Portogallo, con cui segna sempre. In Serie A ha steccato, in Russia avrà l’opportunità di riscattare una stagione negativa.

JANUZAJ (Belgio)





Qualche anno fa se ne parlava come il possibile nuovo futuro fenomeno del calcio mondiale. Oggi gioca nella Real Sociedad e sembra aver smarrito quell’aurea da predestinato. Adnan Januzaj ha fatto tutto troppo presto. E’ esploso, si è perso e ora sembra essersi ritrovato. Tutto questo in un arco di tempo che molti giovani impiegano per iniziare a farsi conoscere a livello mondiale. Nel 2013/2014 è stato la vera rivelazione del Manchester United, forse l’unica nota lieta di una stagione da dimenticare. Sei mesi di fuoco e gli occhi del mondo addosso. Compresi quelli di diverse nazionali, tutte in fila per il talento con origini kosovare e albanesi. Alla fine la scelta è scontata: Januzaj gioca per il Belgio, dove è nato, e viene addirittura convocato per il Mondiale in Brasile. Una stella pronta ad esplodere, ma che alla fine si è spenta lentamente. Prima il passaggio al Borussia Dortmund, poi quello al Sunderland sembravano aver smarrito definitivamente il suo talento. Il passaggio alla Real Sociedad ha riconsegnato al mondo del calcio uno Januzaj pronto a stupire di nuovo. Per lui in Russia una seconda giovinezza ad appena 23 anni è ancora possibile.

PJACA (Croazia)





Pochi minuti a disposizione, ma di altissima qualità. Tutto il repertorio nel giro di 3 apparizioni: dribbling, velocità, classe da vendere. Ad Euro 2016 la Croazia sembrava aver trovato la sua nuova stella, e forse è veramente così. Ma Marco Pjaca ha dovuto prima fare i conti con la sfortuna. Appena due anni fa era considerato uno dei giovani più promettenti d’Europa, oggi cerca sistemazione dopo tanta panchina allo Schalke 04. Un brutto infortunio ha rallentato la sua ascesa: con la Juve non è riuscito ad imporsi, in Germania non gli è stata data la possibilità. Proverà a convincere in Russia, per rilanciare una carriera che può regalare ancora moltissimo.

DZAGOEV (Russia)





Nel 2010, quando aveva appena 18 anni, sembrava sul punto di passare in uno dei top club europei da un momento all’altro. Aveva appena fatto il suo esordio con la nazionale russa e su di lui aveva messo gli occhi addirittura il Real Madrid. Sono passati 8 anni ma Dzagoev non si è mai spostato dalla madre Russia. E’ diventato un punto fermo del Cska Mosca, è stato frenato dagli infortuni, soprattutto non è mai riuscito ad esplodere definitivamente. E’ rimasto sempre confinato nel limbo dell’eterna promessa. Quest’anno l’incognita del suo talento potrebbe materializzarsi finalmente al Mondiale, dove arriva come uno dei punti fermi del ct Čerčesov.

MILIK (Polonia)




E’ caduto quando sembrava aver tutto ai suoi piedi. Si è rialzato per poi crollare di nuovo, sotto i colpi di una sfortuna che non lo ha mai abbandonato finora. Eppure Arkadiusz Milik quando ne ha avuto la possibilità ha sempre dimostrato di essere un attaccante di altissimo livello. Prima con l’Ajax, poi con il Napoli. Inizio strepitoso: 7 reti in 9 presenze e la speranza per i tifosi azzurri di aver trovato il nuovo Higuain. Poi il crack con la maglia della Polonia, rottura del crociato e l’inizio del calvario. Soddisfazione e di nuovo lacrime nel giro di pochi mesi, quando il ginocchio ha ceduto ancora all’inizio di questa stagione. Ora il polacco sta bene, ha finito in crescendo il campionato e in Russia può recuperare il tempo perso.

QUINTERO (Colombia)





All’inizio della sua avventura al River Plate è stato accusato di essere sovrappeso, lui si è difeso dicendo di essere solo un po’ un po' ‘nalgón’, che letteralmente vuol dire ‘chiappone’. Insomma, Juan Fernando Quintero ha solo le ossa grosse. E un grande talento che finora non è riuscito a sfruttare in pieno. Piccolo e agile, un centrocampista atipico capace di giocare quasi ovunque. Nasce trequartista, ma ha fatto anche la mezzala e il regista. Negli anni si è spostato anche sulla fascia e nell’ultima stagione al River Plate ha dato il meglio di sé proprio sull’esterno. La vera domanda però è come mai a 25 anni sia finito a giocare così lontano dal calcio europeo, nonostante quella del River sia una piazza importante. In Italia gli è bastato poco per farsi conoscere, al Porto è andato a sprazzi. In Nazionale comunque non manca mai e anche in Russia ci sarà per dare prova del suo talento.

NIANG (Senegal)





Sempre sopra le righe, tra creste e una vita ad alta velocità. Senza mezze misure, Niang è prendere o lasciare. Non si doma, ci hanno provato il Montpellier e il Genoa, sembrava esserci riuscito il Milan. Alla fine l’intricata avventura rossonera del senegalese è finita con un addio. Al Torino ha convinto solo in parte, si è svegliato solo nella seconda metà del campionato dopo essere diventato il giocatore granata più pagato di sempre. In Russia può riscattarsi e tornare in Italia con la voglia di far ricredere chi non ha puntato su di lui.

GIOVANI DOS SANTOS (Messico)





Forse per Giovani Dos Santos è ormai un po’ troppo tardi per guardarsi indietro, ma i suoi 29 anni gli permettono ancora di sperare in una chiamata di un grande club. E’ partito dalle giovanili del Barcellona, era considerato l’erede di Ronaldinho. Alla fine è stato schiacciato dall’enorme pressione che una piazza come quella blaugrana può esercitare ed è stato costretto a girare il mondo per cercare una fortuna mai arrivata. Si è perso qua e là tra Inghilterra e Turchia, prima di ritrovare un pizzico dell’antico talento in Spagna, dove con la maglia del Villarreal disputa la sua miglior stagione prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Quando gioca per il Messico però Giovani sembra un altro calciatore: con la maglia della “Tri” il tempo sembra fermarsi ai suoi 17 anni, quando ancora poteva tutto. In Russia avrà l’ennesima occasione per dimostrare di non essere stato solo un fuoco di paglia e meritarsi un’altra chiamata dall’Europa.

MURIEL (Colombia)




I paragoni per lui sono stati spesso pesanti, forse troppo. ‘Il nuovo Ronaldo’ diceva qualcuno, perché nelle movenze Luis Muriel ricorda il fenomeno brasiliano. La classe non è di certo a quei livelli, ma non è nemmeno da buttare via. Anche se il colombiano a volte ci ha provato, tra qualche stagione fumosa e giornate svogliate. Imbrigliato spesso dal suo stesso talento. In Italia ha convinto a sprazzi: giocate da fenomeno alternate da una cronica discontinuità. Gli infortuni hanno fatto il resto. In Spagna sembra maturato, con la maglia del Siviglia ha trovato fiducia e gol. E la chiamata per il Mondiale con la sua Colombia.

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