L'addio di Ruben Amorim: la difficile eredità da raccogliere per lo Sporting
L’allenatore portoghese, già ufficializzato al Manchester United, lascia un’impronta indelebile non solo per i successi ottenuti sul campo ma anche per il profondo impatto sullo stile di gioco e sulla filosofia del club. Quando ha preso in mano la squadra nel 2020, lo Sporting era lontano dai vertici del calcio portoghese, con il titolo nazionale che mancava da quasi vent’anni. Tuttavia, con un approccio totalmente innovativo, ha costruito una squadra capace di dominare la Primeira Liga, conquistando il campionato nella stessa stagione e interrompendo così l’egemonia del Benfica.
Cosa lascia in eredità?
Amorim consegna al suo successore una squadra dotata di un impianto di gioco collaudato, intenso nel pressing e nelle transizioni con una struttura tattica flessibile. Ma soprattutto la capacità di valorizzare i giovani del vivaio come, ad esempio, è successo con Nuno Mendes, ora al PSG, o con Gonçalo Inácio, difensore molto duttile negli schemi dello Sporting. Una visione moderna e dinamica di fare calcio che ha permesso allo Sporting di sviluppare un’identità di gioco unica, capace di competere a livello nazionale e di farsi rispettare anche in Europa come successo nell’ultimo turno di Champions contro il City per 4-1.
L’eredità di Amorim va oltre i cinque trofei conquistati. Con il club infatti ha sposato una cultura di sviluppo e di meritocrazia. Sotto la sua guida, lo Sporting ha puntato sempre più su un modello sostenibile (il monte ingaggi si aggira intorno ai 27 milioni annui totali), fondato sulla crescita dei giovani e su un calcio propositivo, senza mai compromettere la storia e l’identità del club. Se lo Sporting si trova in una posizione di forza, con una rosa competitiva e una solida base tecnica lo deve soprattutto a lui. In campo le certezze sono rappresentate, su tutte, dal predominio fisico e dalla continua crescita realizzativa di Viktor Gyokeres; l’intelligenza tattica di Hjulmand, la dinamicità dei suoi esterni Araujo e Trincao e la qualità tecnica di Gonçalves compongono un puzzle quasi perfetto completato da un’ottima fase difensiva.
La sfida di Joao Pereira come successore e i problemi di spogliatoio
Il nuovo allenatore Joao Pereira eredita una squadra competitiva e ben strutturata, con grandi aspettative di successo. Il suo compito sarà quello di mantenere alto il livello tattico e tecnico che ha caratterizzato l’era Amorim, conciliandolo con la sua filosofia di gioco, non troppo diversa dal suo predecessore: calcio rapido e verticale, creatività e un attacco che combina pressing alto alla capacità di finalizzazione. Da ex terzino farà della fase difensiva una componente fondamentale per assicurare l’equilibrio della squadra. Ma Pereira dovrà prima occuparsi della delicata situazione all’interno dello spogliatoio che, inevitabilmente, ha manifestato non poca preoccupazione derivata dal cambio di gestione. Ed è per questo che il Presidente Varandas ha scelto di affidarsi a lui: provenendo dall’under 23 e con un passato da calciatore nelle fila dei bianco-verdi, conosce bene il “pianeta” Sporting e potrà svolgere un ruolo cruciale per ridare sicurezza al gruppo, preservando il modello di gioco e l’identità che hanno fatto dello Sporting una delle squadre più temute in Portogallo negli ultimi anni.
A cura di Marco Manniello