De Rossi, Totti, Di Francesco e Monchi: la verità di Pallotta

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Torna a parlare James Pallotta. E lo fa con una lunghissima lettera rivolta a tutti i tifosi della Roma. Righe intense, che toccano tutti gli argomenti più scottanti del momento in casa giallorossa. Sullo sfondo un'ammissione di colpe: "Nessuno è più arrabbiato, deluso e depresso di me in questo momento. Mi dispiace per gli errori che abbiamo commesso, uno di questi si è rivelato molto grave a livello sportivo - le sue parole - è stato probabilmente uno dei più grandi errori che abbia mai commesso nella mia intera carriera e alla fine sono io che me ne devo assumere la responsabilità".

Di cosa si tratta? "A dicembre avrei voluto operare dei cambiamenti su tutta la linea nell’area sportiva e nella sfera della preparazione atletica ma sono stato convinto a non farlo. Avrei dovuto fare i cambiamenti quando pensavo che fosse giusto farli e quell'indecisione, forse, ci è costata un posto in Champions League. E l'annata è stata un totale disastro".

Il discorso scivola quindi su Di Francesco e sull'ipotesi secondo cui De Rossi e gli altri senatori ne avrebbero chiesto l'allontanamento: "E' falso al 100%. Infatti a dodici partite dalla fine del campionato ho avuto una conversazione telefonica con Daniele, che mi ha personalmente chiesto di continuare con lo stesso allenatore fino al termine della stagione. Quindi, se qualcuno sta insinuando che lui chiedesse l’esonero di Di Francesco, questo non potrebbe essere più lontano dalla verità. Se non è stato De Rossi, sono stati quindi Dzeko, Manolas o Kolarov a chiedere che l'allenatore venisse esonerato? No. Non ho mai sentito chiederci da questi giocatori di esonerare Di Francesco. Non sono mai venuti da me, né direttamente né indirettamente".

Chiosa poi sul rapporto fra De Rossi e Totti, descritto come molto complicato negli ultimi mesi: "Dire che due ragazzi, con alle spalle una relazione speciale per venti anni, siano in guerra non ha senso - ha continuato Pallotta - sono stati in disaccordo? Mio Dio, spero di sì. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è essere circondati da yes man".

Poi sull'importanza di Totti in dirigenza: "Ieri, a proposito, sono stato testimone di quanto stia proseguendo la maturazione di Francesco come dirigente. La sua maturità, le sue intuizioni e la sua competenza, nel confronto con me e con Guido riguardo un potenziale candidato alla panchina, sono state più utili dei consigli di chiunque altro".

Poi sulle mosse di mercato dettate dai paletti del Fair play finanziario: "Non ci piace ma il Financial Fair Play è una realtà per noi e ha condizionato molte delle nostre azioni. Le persone non vogliono sentirselo dire ma, per un lungo periodo di tempo, ci sono state tante cose da sistemare.Volevo vendere Salah? No, è lui che ha chiesto di partire con ancora due anni di contratto, per dimostrare di potersi affermare in Premier League. Volevo liberarmi di Alisson? No, ma dovevamo fare i conti con il Financial Fair Play e anche lui voleva andare in una squadra che poteva offrirgli molto di più rispetto a quello che le nostre risorse ci avrebbero permesso".

All'appello non mancano le precisazioni anche su Monchi: "A maggio di un anno gli ho evidenziato i problemi e le necessità della Roma. Lui mi ha chiesto il 100% del controllo e della fiducia in quanto nostro direttore sportivo. Ripenso ogni giorno alla sessione di mercato della scorsa estate e forse non avrei dovuto lasciargli tutta questa autonomia. Semplicemente la squadra non si adattava bene al gioco di Di Francesco. Alla fine della sessione di mercato, ho osservato i nostri movimenti e mi sono reso conto che non avrebbero funzionato. Mi è dispiaciuto moltissimo per la posizione in cui Di Francesco era stato messo".

Di qui il discorso cade proprio sull'ex allenatore: "Quando le cose stavano andando davvero male, lui ci ha comunicato che forse aveva perso il controllo dello spogliatoio e che, se avessimo pensato che per lui fosse ora di andare, se ne sarebbe andato senza fare resistenza. Di Francesco è sempre stata una persona di classe con me. È un gentiluomo. È stato messo in quella che penso sia una posizione difficile lo scorso anno e ha subito un danno collaterale. È qualcosa di cui siamo tutti dispiaciuti". 

Infine ai tifosi: "Se qualcuno pensa che io sia interessato solo a fare soldi con la Roma, non potrebbe commettere errore peggiore. Non ho mai preso uno stipendio. Non ho mai tirato fuori un soldo dalla squadra. Non ricavo nulla dalle cessioni dei giocatori. Non guadagno niente dalle vendite delle maglie da gioco. Non prendo un centesimo. E se la squadra varrà molto di più in futuro, la mia vita non cambierà neanche in minima parte. Sono stato un uomo fortunato e guidato dalla provvidenza. La mia vita non cambierà accumulando più denaro. Stiamo lavorando attentamente per ingaggiare persone di talento, che ci aiuteranno a riportare la Roma dove deve stare: ovvero a giocare sui più grandi palcoscenici, a competere per i trofei e a rendere orgogliosi i nostri tifosi".

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