Real Madrid, Ancelotti e una “luna di miele” che non finisce più
Altro che “preferisco la coppa”, la vera predilezione di Carlo Ancelotti è la super-coppa. Ieri, vincendo per la prima volta quella spagnola, ha alzato infatti la sua ottava fra le edizioni nazionali e internazionali e ha confermato che quando un trofeo è super non c’è nessuno che possa strapparglielo. L’eccezione che conferma la regola è il Community Shield del 2010, quando il suo Chelsea si arrese allo United.
Che sia super o meno, Carletto è tornato a sollevare un trofeo per la prima volta nella sua seconda vita al Real Madrid, a oltre sette anni di distanza dal Mondiale per Club che, nel 2014, era stato l’ultimo pezzo di argenteria della sua prima tappa in bianco.
Oltre gli scetticismi
Il palmares di Ancelotti parla da sé. Racconta la storia di una leggenda, un conquistatore che ha vinto 21 titoli lavorando in cinque Paesi diversi. Eppure, quando quest’estate è tornato a Madrid, qualcuno ha storto il naso. Si chiedevano se non fosse un passo indietro rispetto a Zidane, se uno che non vinceva dal 2017 (un’altra supercoppa, in Germania con il Bayern) fosse ancora l’uomo giusto per un club che per pianificare la prossima stagione usa una sola parola: ganar, vincere.
Carletto di dimostrazioni non ne doveva a nessuno, ma i fatti hanno ricordato anche agli scettici che prima, sulla panchina del Madrid, sedeva il suo discepolo e che il maestro è ancora lui. Il Real, effettivamente, è migliorato dopo Zizou. Nei risultati, nei singoli, nel gioco. Addirittura nella comunicazione: con il suo tono sincero, rassicurante, Ancelotti conquista e si fa ancora voler bene da tutti. Pure in un Paese dove la stampa non sa fare a meno della polemica, nessuno ha interessi né argomenti per criticarlo. “Sto vivendo una luna di miele qui”, aveva dichiarato ad inizio stagione: una luna di miele che non sembra finire più.
“Faccio il contropiede? Encantado!”
Tutto troppo bello per essere vero, un clima di pace surreale per la Spagna. Pure quando un pelo dell’uovo avevano effettivamente provato a trovarlo, col solito aplomb Carletto ha spento l’incendio come fosse un cerino. Il Real Madrid gioca al contragolpe, il contropiede, gli hanno rimproverato. “Dite che facciamo il contropiede? Encantado!”, ha risposto, rivendicando il suo stile di gioco.
“Non giochiamo solo per difendere, siamo il miglior attacco del campionato. E sono felice che si dica che sappiamo fare il contropiede, perché non è così facile, eh”. Guardate il gol contro il Barcellona, in semifinale di Supercoppa: “Non era una contra di un passaggio, siamo usciti con quattro-cinque passaggi rasoterra e avevamo sei giocatori in area. Non uno, sei”. Altre domande?
La rivendicazione di Ancelotti è sacrosanta. Il suo contragolpe non è una scorciatoia, ma una strategia costruita con attenzione e modellata a misura alla rosa a disposizione. Per farlo bisogna sapere come dare solidità a una fase difensiva orfana di figure come Ramos e Varane, così come bisogna sapere che non importa che ti pressino quando recuperi palla vicino alla tua area, se la classe di Modric e Kroos viene messa a frutto sarai sempre oltre le linee avversarie. Poi c’è Vinicius, che con i suoi sprint a campo aperto rovina la vita a qualsiasi marcatore. Solo che l’anno scorso era per tutti una causa persa, e da quando è arrivato Ancelotti somiglia sempre di più a un progetto di Pallone d’Oro.
Nel mezzo, fluidità posizionale in tutti i reparti, con terzini che fanno i centrocampisti, e i giocatori avanzati che si scambiano, si associano e combinano creando continuamente pericoli nuovi e imprevedibili a chi si trova di fronte. Per questo Carletto è encantado quando si parla delle sue tattiche: perché il suo contropiede è una piccola opera d’arte e perché ha dimostrato alla Spagna che in questi sei anni di assenza si è evoluto, rifiutandosi di vivere di rendita.
Verso il record
Dibattiti tattici (di vita breve) a parte, Carletto continua a vivere la sua luna di miele. Tutti lo ammirano, pendono dalle sue labbra mentre il Real Madrid domina ogni competizione in cui gioca. “Voglio rimanere a lungo”, dice, facendo finta di non sapere che il ruolo dell’allenatore blanco sia paragonabile a quello di un lavoratore stagionale.
Lui, però, non avrebbe bisogno di più di una stagione per segnare un altro record: se trionfasse anche in Liga (ora è primo a +5), diventerebbe il primo allenatore nella storia del club a vincere tutti e sei i titoli principali (Coppa, Supercoppa nazionale ed europea, Campionato, Champions e Mondiale per Club) e il primo al mondo a vincere tutti i campionati delle cinque migliori leghe europee. Certo, Carletto non deve dimostrare nulla, ma sarebbe un riconoscimento meritato: dopo 30 anni di carriera è ancora moderno, vince e convince. Concedendosi, fra l’altro, una luna di miele lunga mesi e mesi.
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