"Quando ho dovuto uccidere un uomo". Il dramma di Bruce Grobbelaar​

E' stato forse fra i primissimi esemplari di portieri-clown. I movimenti provocatori di Bruce Grobbelaar se li ricordano un po' tutti, specialmente i tifosi della Roma. Troppo fresco, sebbene siano passati molti anni, il ricordo di quella finale di Coppa dei Campioni del 30 maggio 1984 fra i giallorossi e il Liverpool. 2-4 ai calci di rigore, gli errori di Conti e Graziani a spegnere i sogni della squadra di Liedholm.

Dietro a quei due tiri dagli undici metri finiti alti, probabilmente, ci sono proprio i movimenti di Grobbelaar. Sempre con il sorriso, sebbene dietro a questo sia nascosto un grande dolore. L'ex portiere lo ha voluto raccontare nel libro “A life in a jungle”, pubblicato a puntate sul Mail On Sunday. Prima di mettersi i guantoni e di diventare grandi fra i pali giocando oltre 400 partite con i Reds, infatti, Bruce ha fatto parte del Servizio Nazionale, partecipando alla guerra civile che ha dilaniato il suo Zimbabwe tra il 1964 e il 1979.

Ricordo ancora la prima volta in cui dovetti uccidere qualcuno - ha raccontato - mi sembra di vedere ancora i suoi occhi. Lo guardai, sentii il cuore battermi nelle orecchie, ma dovetti premere il grilletto e far partire il colpo. Non sentii nulla, solo il sollievo per aver sparato prima che lo facesse lui”. Ricordi forti, inusuali per chi ha scritto la storia sul rettangolo verde. Ma la vita, spesso, riserva anche altre cose. E questo Bruce lo sa bene...


Google Privacy