Liapiave, dove tutto è (ri)cominciato. Il mondo fra i pali di Provedel

“Mi chiami di primo mattino, così abbiamo tempo. Per parlare di Provedel servirebbe un giorno intero. Potrei scriverci un libro”. Sincero e viscerale. Come l’amore per il suo lavoro. Mai abbandonato, nonostante di anni siano passati. Inizia così la nostra chiacchierata con Renzo Zanet, storico preparatore dei portieri e osservatore. Oggi in pensione, ma “dopo devo scappare, ho da visionare alcuni giovani che mi hanno chiesto dei consigli”.

Ruspa, come lo chiama chi gli vuole bene, è stato il primo a dare una chance fra i pali a Ivan Provedel. Protagonista nel pareggio per 0-0 del suo Spezia con l'Atalanta. Deciso, reattivo, pronto. In estate difendeva i pali della Juve Stabia in Serie B. Nonostante la  retrocessione del club, il portiere ex Empoli si è guadagnato la Serie A da titolare. Soddisfazione. Lui che fino all’età di 15 anni segnava da attaccante nei settori giovanili di Treviso e Pordenone. Il suo sogno, però, era diventare portiere. Un desiderio strano dopo gli anni passati a correre su e giù per il campo.

Zanet, il maestro: “Ho studiato le sue gesta per tre notti prima di dargli una chance”

Coordinate geografiche e temporali. “Sono un tipo preciso”. Inizia il racconto. Estate 2009, piazza di Oderzo: paesino in provincia di Treviso. Zanet è seduto a chiacchierare quando arriva Gianfranco Zigoni, ex attaccante fra le altre di Juve e Roma: “Ruspa, è un pezzo che ti cerco. Allo stadio del paese stanno facendo uno stage di portieri. C’è un ragazzo che fa l’attaccante, ma vuole giocare in porta. Nessuno gli dà una chance. Solo tu puoi aiutarlo”.

Zanet si incammina verso lo stadio, prende posto in tribuna e inizia a osservare questi giovanissimi portieri. Un biondino lo impressiona. “Come si chiama quel ragazzotto?”, chiedi agli organizzatori dello stage. “Ivan Provedel. È il suo secondo giorno, sta imparando”. Inizia l’allenamento e Ruspa prende appunti. Poi va via. Torna a casa per prendere la sua telecamera e per tre giorni riprende le gesta di quel giovanotto per studiarne di notte i movimenti. “Zigo, il ragazzo è bravo. Dammi il suo numero”. Detto, fatto. Zanet mette in contatto Provedel con il Liapiave, scuola calcio di San Polo di Piave, a pochi chilometri da Oderzo. La vera svolta della carriera del classe ‘94.

“Nei primi giorni di lavoro facevo compilare ai ragazzi delle schede conoscitive”. Quello che scrisse Ivan colpì particolarmente Zanet: “Voglio diventare uno dei portieri più forti al mondo”. Non male, per un quindicenne alla prima esperienza fra i pali. Incoscienza mista a determinazione. “Lasciò il Pordenone perché non voleva più giocare in attacco. Era sul punto di smettere col calcio”. Per fortuna, non l’ha fatto. E ha incontrato Ruspa.

Tre mesi di allenamenti al Liapiave. Subito Provedel è aggregato ai ragazzi più grandi. Un ’94 che si allena e gioca con i ’93. I suoi numeri erano incredibili: “Aveva bisogno di andare nel settore giovanile di una grande squadra. Lo accompagnai a fare un provino con l’Atalanta, quando in prima squadra c’era Antonio Conte. Nulla di fatto”. A fine stagione Zanet chiama l’Udinese, a San Polo di Piave arriva un osservatore del club: “Ha le carte in regola”. Preso subito. Preludio perfetto di una carriera importante. Dalla sfida con CR7 dello scorso anno al magico tuffo di testa contro l’Ascoli.

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Pollesel, l’allenatore: “Ricorderò per sempre quello che mi ha detto”

A guidare i ‘93 del Liapiave, nella stagione 2009/2010, c’era Claudio Pollesel. Ricorda ogni dettaglio di quell’annata, nonostante siano passati più di dieci anni: “Zanet aveva degli strumenti con cui misurava i tempi di reazione e i riflessi dei suoi portieri. Mi mostrò quelli di Ivan, erano impressionanti. Meglio di un qualsiasi giovane portiere che giocava in quel ruolo da tempo”. Faceva grandi parate e aveva ottimi piedi: “Schieravo la difesa a tre. Se serviva c’era Ivan a coprire. Se ci pressavano, palla a lui e lancio di oltre trenta metri". 

Predisposizione, talento e voglia di arrivare. Provedel non si è fatto mancare nulla. La voce di Pollesel all’improvviso diventa rotta, non è un’interferenza ma pura emozione: “Vi racconto un aneddoto. Finale del campionato provinciale, la partita più importante dell’anno. Ivan prima della gara si avvicina dicendomi di non voler giocare. Sapeva che era la sua ultima partita al Liapiave e che finita la stagione sarebbe andato all’Udinese. Mi consiglia di far giocare l’altro portiere che avevamo in squadra, così da concedergli il giusto spazio”. Solo 15 anni, ma un carattere da veterano: “Alleno per hobby, è quello che amo fare. Quando un ragazzo ti dice queste parole, puoi solo imparare. Ogni volta che guardo Ivan in tv ricordo quel sabato mattina prima della finale”.

Forgiato dagli insegnamenti del gruppo vincente del Liapiave. Quel ragazzotto che sognava di fare il portiere lo è diventato davvero. Sua nonna, di origini russe come mamma Elena, quando Ivan era piccolo gli raccontava della grande amicizia del marito con Lev Yashin. Il Ragno Nero di Mosca è stato l’unico portiere della storia a vincere il Pallone d’Oro. I racconti d’infanzia sono stati determinanti nella scelta di Provedel.

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Mattiuzzo, il capitano dei ’93: “Io e Ivan amici di ferro”

Umile, dentro e fuori dal campo. Altra peculiarità di Provedel. “Ero il capitano di quel gruppo – ci racconta Filippo Mattiuzzo (attuale segretario del Liapiave) - e agli allenamenti arrivavo sempre in anticipo. La prima volta che Ivan fu aggregato a noi, entrai in spogliatoio in netto anticipo e lui era già pronto che si allacciava gli scarpini”. Completa dedizione al calcio. Il Liapiave era l’occasione giusta per svoltare. Provedel l’ha sfruttata al meglio: “Ci ha creduto quando nessuno avrebbe scommesso nulla su di lui. Ha avuto ragione”. Pacato e desideroso di imparare per far spiccare il volo alla sua carriera: “Capitava di fermarci a giocare dopo l’allenamento, anche quando pioveva e sul campo c’era fango. Ivan preferiva andare in spogliatoio per non correre il rischio di infortunarsi”. Mentalità da professionista, già da bambino.

Leader silenzioso della squadra. Con Mattiuzzo, Provedel aveva un rapporto speciale: “Ricordo che prima di una partita andammo in campo per provare il terreno. Era in buone condizioni e gli dissi che avrei messo i tacchetti in gomma per giocare meglio la palla. Mi bloccò subito. ‘Io e te solo tacchetti in ferro, se cadiamo noi lo fanno tutti’. Filippo ci racconta l’aneddoto e non trattiene l’emozione. I tacchetti in gomma non li ha mai più comprati. Patto di ferro, fra lui e l’amico Ivan.

Nonostante la grande ascesa, Ivan non ha dimenticato le sue origini e quando può torna a salutare gli amici: “L’ultima volta ci ha regalato maglia e guantoni”. E con Filippo si sentono quotidianamente: “L’ho fatta davvero bella, mi ha detto dopo il gol di testa con la Juve Stabia”. Quella rete ha stupito tutti. Così come le sue parate con lo Spezia. Non il gruppo della scuola calcio che ha trasformato in realtà il sogno di un biondino. Dopo 10 anni, il destino ha ristabilito l’ordine naturale delle cose. Solo per una notte Provedel è tornato a segnare. Come da piccolo, prima del Liapiave. Dove la sua carriera è (ri)cominciata per essere protagonista in Serie A.

Credit foto Provedel al Liapiave: Ufficio Stampa ASD Liapiave

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