Dal campo al pub. Storie di alcool Made in England
Folli, spensierati, ribelli. Spesso pronti a superare i limiti. “Stay hungry, stay foolish” diceva Steve Jobs. Siate affamati, siate pazzi. Molti, soprattutto in Inghilterra, lo hanno preso alla lettera. In campo e fuori.
Li beccano barcollanti, alticci e spesso con qualche donna intorno. Gli ultimi sono stati Grealish, Walker e Mahrez, beccati a bere fuori da un locale. Chi c’era giura di averli visti in condizioni non proprio da professionisti. Sono però poi arrivate le smentite e le scuse dei giocatori. Ma il problema sta a monte: la Football Association ma anche molti club hanno provato a mettere delle regole, multare chi le violasse e vietare gli alcolici.
In Inghilterra viene vista, troppo spesso, come una cosa normale e di identità culturale del paese. Tackle in campo e una pinta di birra fuori. Tradizioni. Dagli Hooligans che combattevano in difesa di una firm ai calciatori, al pub sono tutti insieme. Senza differenze e con due grandi passioni in comune: L’alcool e il calcio, con la prima più grande della seconda.
Ci sono cascati in tanti, quasi tutti. Tanto forti in campo, quanto pazzi e fuori controllo fuori. Con il pub come riferimento. Best, Gascoigne, Tony Adams e tanti altri. Tante storie e aneddoti da raccontare. Alcuni divertenti, altri più bui e tristi. C’è chi ha vinto, dopo tanti sforzi, e chi ha invece perso contro gli alcolici e la depressione, gli avversari più forti mai incontrati.
George precursore, Paul successore... E poi Wayne
Best in questo è stato purtroppo guida e riferimento. In senso opposto però. Talento infinito in campo e una passione altrettanto grande, poi diventata malattia, per gli alcolici. George è uno che con l’Irlanda del Nord, contro l’Olanda fece un tunnel a Cruijff e gli disse: “Tu sei il migliore al mondo solo perché io non ho tempo”. Rende l’idea del personaggio. Le cose che si potrebbero raccontare sono mille, dalle frasi ai racconti di chi era con lui. Pallone d’Oro a 23 anni e campione di tutto con la 7 del Manchester United. Aveva il mondo ai suoi piedi. A 59 ci ha lasciati, come le star. Colpa dell’alcol e di quei maledetti vizi. Restano però per sempre i ricordi. “Pelé is good, Maradona better, George Best”.
Ma non è il solo. Da Paul Gascoigne a Wayne Rooney in molti hanno continuato su quella falsariga. Da Gazza a Wazza. Bravate, ritardi, uscite senza permesso e chi più ne ha più ne metta. Tantissime le cose divertenti da raccontare di Paul, alla Lazio soprattutto. Una volta si presentò da Zoff, il giorno della partita, direttamente al ristorante e… completamente nudo. “Scusi il ritardo mister, ho fatto il prima possibile e non sono riuscito a vestirmi”. Personaggio.
Bobby Robson, allenatore dell’Inghilterra a Italia ‘90, lo definí “Daft as a brush”. Pazzo come una spazzola. Identikit perfetto. Gli allenatori li ha fatti impazzire tutti, persino un sergente come Zeman, a cui una volta rubò il fischietto e lo mise al collo di un tacchino. Eppure, eccessi e bravate a parte, in campo non si notava ne la stanchezza ne il fatto che facesse una vita fuori controllo. Sangue inglese.
Stesso discorso si può fare per i vari Rooney, Rio Ferdinand, Roy Kean e Tony Adams. Dalle colonne del Manchester United allo storico capitano dell’Arsenal. L’ultimo è quello che ce l’ha fatta davvero a vincere contro le bottiglie e la vita nei pub, dopo anni di sconfitte. Lo ha raccontato nel suo libro “Fuorigioco, la mia vita oltre l’alcol”. Racconto di chi l’ha superata e si è ripreso tutto quello che aveva perso negli anni. La famiglia, gli affetti e soprattutto la vita. Quella vera. Oggi Adams ha aperto un centro di recupero per aiutare tutti coloro che si trovano nella stessa situazione in cui si è trovato lui. Infondo per uscire dal tunnel e vedere la luce, una spinta serve sempre.