I ricordi di Piris: "Roma, scusami. Non sono stato all'altezza"
Iván Piris risponde dal Paraguay, ma non ha dimenticato l'italiano: "Che ricordi, ho giocato tre anni in Serie A e mi sarebbe piaciuto rimanere. Mi mancano la pasta, il cibo, quella lacucina che non ha eguali al mondo. Poi la tranquillità di Roma, ma soprattutto quella di Udine”.
Oggi Piris è tornato a casa, gioca nel Libertad di Asunción e si racconta così a Gianlucadimarzio.com, prima della sfida tra Roma-Udinese. Le sue squadre italiane: “Abbiamo ripreso ad allenarci da qualche giorno e tra due settimane si riprenderà a giocare il Torneo Apertura, che era stato interrotto alla nona giornata. Mi trovo bene qui. Sto giocando con continuità e lo scorso anno sono tornato anche a vestire la maglia della nazionale”.
Ricordi
93 presenze in Italia per il difensore nato a Itauguá, a mezzora dalla capitale. In Serie A ce lo portò Walter Sabatini nel 2012 dopo averlo visionato con le maglie di Cerro Porteño e Sao Paulo. Uno dei primi acquisti della proprietà americana di James Pallotta. “Per noi sudamericani arrivare in Europa è il massimo. Mi sono ritrovato in uno spogliatoio con Totti, De Rossi, Burdisso, Stekelemburg, Lamela. C’era anche Pjanic, anche se ha iniziato a giocare l’anno dopo dimostrando di essere un grande giocatore, ma ogni allenatore ha i suoi gusti. Nella mia prima stagione ho giocato 32 partite, alternando momenti positivi e negativi, ma credo di aver pagato l’inesperienza e l’adattamento a un calcio più tattico”.
Sulla panchina giallorossa c’era Zeman, un allenatore che ha creduto in lui e che ha cambiato il suo modo di interpretare il ruolo. “Correvamo tanto e giocavamo bene, ma non vincevamo. Voleva che i terzini spingessero tanto e io nelle mie esperienze precedenti non ero abituato, però in quella stagione feci cinque assist”.
Anche se il primo impatto per capire le indicazioni del boemo non fu semplice. “Il giorno successivo commentava le partita. Dopo il pareggio all’esordio contro il Catania ero in fondo al gruppo, non avevo capito niente di quello che aveva detto. L’italiano per me era difficile, se poi uno parla piano e con un tono basso allora apriti cielo. Per fortuna Lamela e Burdisso mi traducevano tutto quello che diceva. Zeman comunque è un grande allenatore, ha fatto bene in tante squadre. Quell’anno non abbiamo ottenuto buoni risultati ma mi ha dato tanta fiducia”.
Sabatini e il derby
I romanisti, però, ricordano un errore nel derby perso 3-2. In quella partita Piris rinviò accidentalmente di testa il pallone sui piedi di Mauri per il gol della vittoria biancoceleste. “Fu molto doloroso, non lo feci apposta. Avevo poca esperienza”.
Un pensiero condiviso anche dal ds Sabatini, ammettendo che Piris non era stato all’altezza, anche se a suo dire la prestazione contro il Genoa fu la migliore mai vista fare da un terzino della Roma. “Mi è dispiaciuto non essere stato all’altezza del club, dei tifosi e della dirigenza. Mi sarebbe piaciuto rimanere, ma l’anno successivo arrivò Maicon. Roma è una piazza difficile, aveva bisogno di un giocatore già affermato”.
Bandiere
Nella sua esperienza italiana ha giocato con due degli ultimi numeri dieci, nonché bandiere del nostro campionato, come Francesco Totti e Antonio Di Natale. “Aggiungo anche De Rossi. In ogni allenamento sapevi che potevi imparare tanto da loro. Il giorno della firma iniziai a pensare subito a come sarebbe andata nello spogliatoio con loro, quali sarebbero potute essere le prime parole da rivolgerli. Nella prima partitella del ritiro in Austria rimasi sorpreso dal fatto che Totti giocasse sempre di prima, con un tocco metteva il pallone sotto l’incrocio. Non gliel’ho rivisto fare a nessuno. Mentre a Udine ho trovato Totò, che anche se era a fine carriera riusciva ancora a segnare in tutti i modi e dovevate vedere in allenamento di cosa era capace. Sono grato al calcio perché mi ha fatto giocare con due giocatori incredibili e non potrei chiedere nient’altro”.
Giocatori e personalità importanti in campo e nello spogliatoio. “Con Totti non parlavo molto ma lui era sempre vicino a tutti. Faceva spesso degli scherzi ed era il suo modo di dare forza a tutta la squadra. La prima volta che entrai nello spogliatoio mi presentai vestito in camicia, molto elegante, e lui mi disse ‘Questo non è un ufficio!’. Io rimasi sorpreso, quasi imbarazzato. Feci tre passi e lui scoppiò a ridere”.
Rivincita friulana
Dopo la stagione alla Roma, Piris si è trasferito allo Sporting Lisbona per poi far ritorno in Italia grazie alla chiamata di un altro romano, Andrea Stramaccioni. “Un allenatore giovane ma molto preparato, così come il suo secondo, Dejan Stankovic. Nonostante non sia molto alto mi ha fatto giocare spesso da difensore centrale e anche da terzino sinistro, che è il mio ruolo attualmente al Libertad. A Udine ho trovato un ambiente diverso e un modo di giocare più adatto a quello che era il mio stile: prima pensavamo a difenderci e poi ad attaccare”.
Con Stramaccioni è entrato subito in sintonia, nonostante qualche sgridata in allenamento. “Si arrabbiava spesso, ma gli piaceva scherzare. In partita, una volta, stavo portando palla e provai a fare un passaggio col tacco, senza riuscirci. Negli spogliatoi davanti a tutto il gruppo mi disse che non dovevo pensare a fare i colpi di tacco ma solo a difendere”. Due salvezze conquistate, oltre 60 presenze e due convocazioni in Copa América in quel biennio, nonostante i ripetuti cambi di allenatore. “Giocavo con più tranquillità ed ero più maturo. Feci un’ottima partita contro la Juventus in marcatura su Tevez, l’avversario più forte mai affrontato. Dopo quella prestazione, tutti si complimentarono con me”.
Oggi le due società non stanno attraversando un buon momento. La Roma è lontana dal quarto posto ed è in vendita, mentre l’Udinese si trova a pochi punti dalla zona retrocessione. “Dal Paraguay ho difficoltà a seguire il campionato italiano perché vengono trasmesse poche partite. Sono sicuro che l’Udinese riuscirà a salvarsi, mentre per la Roma credo sarà più difficile entrare in Champions".