Viaggio nella Val di Non di Pinamonti: tra campetto, amici e sacrifici
Quando il talento non è accompagnato dal sacrificio rischia di disperdersi. Lo sa bene Andrea Pinamonti, che di sacrifici ne ha fatti tanti per arrivare lì dove si possono toccare le nuvole. Al termine della semifinale mondiale persa contro l’Ucraina scorre sul suo viso un fiume di delusione, simbolo di un’Italia che si è dovuta arrendere sul più bello, dopo aver mostrato qualità e determinazione. La cultura del lavoro e la dedizione di Andrea per il gioco del calcio mette le sue radici in Val Di Non, poco distante da Trento.
Lì, incastonato tra le montagne trentine, è racchiuso il suo mondo. Una terra scandita da lentezza e gentilezza, dove il contatto con la natura è conditio sine qua non per poter crescere e diventare uomini in fretta. Come ha fatto Andrea. Entrando nel bar di Tassullo chiunque ci ha avuto a che fare: “Torna qui ogni tanto e si mette a giocare a carte coi suoi amici. È un ragazzo con i piedi per terra”, ci dice Mary, la titolare. “Mi saluta sempre, che ragazzo educato!”, afferma un ciclista in sosta. Tutti conoscono Andrea e tutti vogliono aggiungere un capitolo alla nostra storia raccontando il proprio rapporto con l’attaccante dell’Inter.
Ma non c’è nessuno che lo conosce meglio di papà Massimo, direttore della Cassa Rurale Val di Non: “Andrea vive per il calcio. Mi ricordo quando era stato preso al Chievo dagli 8 ai 14 anni. Tre volte a settimana prendeva il pulmino per andare ad allenarsi a Verona e poi tornava qui in Val Di Non. Si faceva un’ora e mezza all’andata e un’ora e mezza al ritorno. La domenica alla partita invece lo accompagnavo io. La strada ormai la conosco come casa mia”.
Dalle giornate passate a tirare calci ad un pallone in un paese in mezzo alle montagne, fino a segnare 4 gol con la maglia della propria nazionale in un Mondiale Under20, con la finale 3-4 posto ancora da giocare. Andrea ne ha fatta di strada: “Quando ancora viveva a Tassullo passava i pomeriggi al campetto in cemento qui vicino. Mi ricordo che finiva scuola e correva lì. Non vedeva altro. Se trovava gente facevano la partitella, altrimenti si metteva da solo a tirare e prendere le traverse. Dovevamo andarlo a riprendere noi perché lui sarebbe rimasto giorni e giorni in quel campetto. Quando faceva buio accendeva da solo i lampioni per poter continuare a giocare”. Il sorriso di papà Massimo nel ricordare quei momenti distoglie l’attenzione dai suoi occhi pieni di nostalgia.
Nel campetto di Tassullo fatto di cemento e sogni Andrea Pinamonti ha affinato la sua tecnica. Ma è la squadra della Bassa Anaunia ad averlo coccolato e formato come calciatore. Una squadra di provincia con un nome poco altisonante, dove il condividere e lo stare insieme è più importante della vittoria. Sicuramente Bruno Tommasini incarna lo spirito della squadra della Val Di Non. 28 anni di servizio come allenatore di Piccoli Amici e Pulcini. Una vita per i bambini, tra i bambini.
Proprio Bruno è stato il primo allenatore di Andrea: “Mi ricordo che era più grande rispetto a quelli della sua età e quindi spesso giocava con ragazzi di 2-3 anni più vecchi di lui. Aveva già un tiro incredibile. Era un bambino semplice, amico di tutti. Ho letto di recente che Andrea sin da piccolo aveva ben chiaro il suo obiettivo, quello di emergere e vincere ad alti livelli. Non è vero, lui voleva solo giocare a calcio”. Bruno l’ha visto crescere e gli ha dato i consigli giusti per poter camminare sempre a testa alta: “La carriera che ha fatto? È tutto merito suo! Mi ricordo che a una partita a 7 di un torneo Piccoli Amici era ovunque. Difendeva e attaccava come un forsennato. Da lì ho capito quanto era forte”.
Il mondo di Pinamonti è tutto qui, tra le case, i meleti e l’affetto della Val Di Non, che si stringe attorno al proprio figlio come una madre premurosa. Al bar di Rallo, paese a pochi passi da Tassullo, spesso si trovano gli amici di Andrea per guardare le partite. Oggi non ci sono, ma anche qui, tutti i frequentatori conoscono e apprezzano Pinamonti, guardandolo con passione alla tv. E anche se l’Italia non ha vinto poco importa. Ci sarà tempo e modo per rifarsi. Ora tutti lo aspettano di nuovo in mezzo a quelle montagne. Tra il bar e il campetto, come se non se ne fosse mai andato.
Riccardo Despali