L’UTA, i limoni e ora la scuola calcio. Sadlón: “Vi racconto El Tucu Pereyra. Orgoglioso di lui”

È il capitano e il simbolo di una delle rivelazioni della Serie A. È tornato nella squadra che lo ha portato in Europa 10 anni fa, dopo la dolorosa retrocessione con il River: il momento più difficile della sua carriera. Ma di difficoltà, Maximiliano Roberto Pereyra ne ha superate tante per diventare quello che è oggi. “Era un bambino proveniente da una famiglia molto umile. Ricordo che veniva al campo sempre accompagnato da Diego, suo fratello maggiore”, a parlare ai microfoni di Gianlucadimarzio.com è Carlos Sadlón, ex giocatore del Newell’s e  presidente fondatore del club UTA, acronimo di Unión Tranviarios Automotor, ovvero la squadra del trasporto urbano di Tucumán. 

 

 

 

Adesso quel club non esiste più, ma il 79enne è soprattutto lo scopritore dell’attuale capitano dell’Udinese, che vide per la prima volta nel 2000. “Ero andato al barrio El Gráfico 2 per vedere una partita di campionato tra ragazzini di 9 anni. Maxi giocava con le scarpe da ginnastica, perché non aveva gli scarpini, ma si vedeva che era distinto, aveva molta tecnica e faceva la differenza. In quegli anni gli allenatori lo facevano giocare da 9 o da 10 e faceva tanti gol. Suo fratello già giocava nell’UTA e così decidemmo di portare anche lui”. 

  

  

 

 

San Miguel de Tucumán è famosa soprattutto per essere la città che fornisce il 90% della produzione di limoni in tutta l’Argentina, che è il Paese leader nell’esportazione. In una di queste aziende lavorava il padre di Maxi, Leonides, mentre mamma Rosa era una casalinga. Giardiniere e venditore di lattine nel tempo libero per aiutarli, il classe 1991 è cresciuto nel Barrio 156 viviendas, molto distante dal campo di allenamento. “Il club aiutava economicamente la sua famiglia pagando i biglietti dell’autobus per venire ad allenarsi ogni giorno, poi restava lì con suo fratello a pranzo e a merenda, per tornare a casa la sera. Ricordo che spesso veniva a casa mia”.

 

 

Dai 9 ai 15 anni con la maglia dell’UTA, in quelle formazioni in porta giocava Esteban Sadlón, figlio di Carlos, oltre a Palomino. “José Luis era una roccia già all’epoca, tanto che aveva paura di far male ai suoi coetanei, così lo facevamo giocare con quelli più grandi. Da bambini hanno vinto la Liga Tucumana un paio di volte, nonostante club più blasonati come l’Atlético e il San Martin. Erano felici di giocare a calcio, senza sapere dove sarrebbero arrivati. La carriera di Maxi mi rende orgoglioso”. Tra ricordi e nostalgia, dopo una vita passata nel calcio, oggi Sadlón guarda le partite da casa, anche per un tema di sicurezza, ma ha conservato tutte le foto e gli articoli di giornale di quei tempi in un archivio. 

 

  

 

Esnaider, il processo e la scuola calcio

A 15 anni, Maxi ha debuttato nella Prima Squadra dell’UTA. Ed è stato in quell’anno che ha lasciato Tucumán. “Io ero anche dirigente della Liga Tucumana e in quel momento ho ricevuto una chiamata dall’AFA per formare una rappresentativa Sub15 della provincia che avrebbe sfidato quelle delle altre del nord dell’Argentina, come Jujuy, Salta e Santiago. La vincente avrebbe poi giocato con quelle del centro, del sud e di Buenos Aires a Necochea. Lì lo ha visto Juan Esnaider, ex attaccante della Juventus e del Real Madrid che lo ha portaro al suo club, il Cadete di Mar del Plata. Diciamo che ce lo ha ‘rubato’. Ci fu un processo perché inizialmente lo avevano tesserato senza pagare i diritti federativi all’UTA, il tribunale dopo ci ha dato ragione e siamo arrivati ad un accordo”. 

 

  

 

Da Mar del Plata si è trasferito nella capitale a 17 anni, per poi giocare in Italia, in Inghilterra e con la Séleccion. Contro l’Atalanta ha festeggiato le 150 presenze in bianconero con un assist al connazionale Nehuén Pérez. Soprannominata El Jardin de la Republica, San Miguel de Tucumán è rimasta nel cuore di Maxi che di recente ha aperto una scuola calcio con i suoi fratelli Diego e Facundo per i bambini cresciuti nelle sue stesse condizioni a Las Talitas, il quartiere dove si è trasferita la sua famiglia. “Mi fa molto piacere che abbia deciso di aiutare quelli che crescono nella sua stessa realtà. Questo dimostra il suo attaccamento. Spero di rivederlo presto”. Dal barrio al mondo, con un apodo che ricorda sempre le proprie origini: El Tucu.

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