La faccia pulita, almeno quanto il suo talento. Da eterno bambino, senza un filo di barba, gli occhi glaciali ma sinceri. "Picciriddu": a Palermo gli diedero questo soprannome. Significa bambino, ma nella sua accezione più pura.
Era un picciriddu Paulo Dybala, quando a Laguna Larga, cuore dell'Argentina, cominciò a dare i primi calci al pallone. Laguna Larga, paesino nella provincia di Cordoba, 7167 abitanti. Un punto di partenza per Paulo, una meta per suo nonno Boleslaw, scappato dalla Polonia per sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale. Sangue polacco, talento argentino. Un talento di cui papà Adolfo si accorse subito: forse il suo sogno di avere un figlio calciatore si sarebbe finalmente avverato.
Dopo un provino che non lo convinse troppo però, al Newell’s Old Boys, Paulo cominciò a giocare nell’Istituto Cordoba, dopo esser passato nelle giovanili del Laguna Larga. Era ancora un picciriddu, Paulo, quando però papà Adolfo se ne andò. Aveva 15 anni e viveva nel pensionato per i giovani calciatori dell’Istituto Cordoba, lì si chiuse un po’ in se stesso, tanto che lo soprannominarono “El Pibe de la pension”.
Il talento però non conosce il dolore, anzi riesce a farne un motore. Il 12 agosto del 2011, u picciriddu ha 17 anni: esordio nella serie B argentina: 17 gol in 40 partite bastano per essere notato dal Palermo. Il viaggio si arricchisce di una nuova tappa, Paulo arriva in Italia. Tre stagioni in rosanero, quel soprannome che lo precede insieme alla percezione che questo ragazzino sia di un’altra categoria.
Il resto è storia recente: “Hi5tory”. Perché Dybala è uno dei protagonisti incontrastati del quinto scudetto di fila della Juventus; segna 23 gol, supera la prima stagione di Tevez in bianconero (21), interviene attivamente su 28 gol della Juventus, superando il record dello stesso Tevez e di Alessandro Del Piero, mica due qualsiasi. Con quei calzettoni abbassati che ricordano Sivori, quelle pennellate che nell’immaginario del tifoso bianconero sono una dolce melodia: “Mi ritorni in mente”, Alessandro Del Piero. Ma Dybala è anche velocità, grinta, recuperi in difesa, lampi di genio.
Se l’Avvocato Agnelli fosse stato in vita, è molto probabile che la “Joya”, il diamante (altro soprannome) sarebbe entrato nel ristretto club dei suoi “coccolati”. Baggio fu Raffaello, Del Piero Pinturicchio. E Paulo? I suoi lampi, i suoi schizzi di arte liquida in campo: forse Jackson Pollock.
Il palleggio all’Olimpico contro la Lazio, i gol a Milan e Roma, la palombella al Sassuolo. Un capitolo dopo l’altro, di una storia che parte da lontano. La storia di un picciriddu che è diventato grande, realizzando il sogno di un papà che non c’è più. Ma chi l’ha detto che non possa vederlo. La pagina più bella? Quella che deve ancora essere scritta, inchiostro nero e pagina bianca. Non proprio due colori qualsiasi.
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