Dybala: "I negazionisti intellettualmente sono come i terrapiattisti"

Non c’è solo il calcio nella vita di Paulo Dybala. “Con gli scacchi me la cavo bene. Fino all'età di 18 anni ho partecipato a diversi tornei nella mia città, Cordoba. Vincevo quelli provinciali, poi ho fatto il salto a livello nazionale e ho conquistato un buon secondo posto. Quindi hanno cominciato a farmi sfidare giocatori più grandi e spesso sono stato eliminato a metà percorso". Così l’attaccante della Juventus in un’intervista a Vanity Fair.

Non convocato dalla nazionale argentina, la Joya si sofferma sul ricordo del padre Adolfo, scomparso per un tumore quando aveva 15 anni: Era un uomo tranquillo, silenzioso, che amava il calcio più di ogni cosa e ha trasmesso la passione a noi fratelli. Ci portava ovunque potessimo giocare, ovunque ci vedesse felici".

Sulla paura del Coronavirus quando incontra i tifosi: "Io l'ho gia' avuto, casomai sono loro a doversi preoccupare quando incontrano me. I negazionisti hanno lo stesso valore intellettuale dei terrapiattisti. Non fatemi aggiungere altro".

Sulla passione per le maglie da calcio: "Ne ho a centinaia. Quelle che scambiamo a fine partita, piu' quelle che mi regalano o che ordino ai miei compagni di nazionale che giocano all'estero. Senza contare le divise che compro su Internet. Follie? Soltanto sfiorate. Una casacca di Del Piero, all'asta, mi è sfuggita per un soffio. E una di Maradona indossata in una partita contro il Brasile, che qualcuno ha accettato di pagare più di me".

L'intervista completa su Vanity Fair

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