Un viaggio a Faliro, nella tana dell'Olympiacos Pireo: il "Georgios Karaiskakis", il basket e la tragedia del Gate 7

Occhi sulla mappa della metropolitana ateniese: “linea rossa”, verrebbe da dire o scommettere di primo acchito, pensando ai colori sociali del club più titolato di Grecia. Ma l’effetto e le scelte cromatiche, a volte, giocano brutti scherzi: escludendo il giallonero-AEK dei taxi, facilmente imbrigliabili (pur tremendamente economici) nel traffico ateniese, meglio spostare lo sguardo verso una traccia verde su sfondo bianco, stile Panathinaikos e in perfetta antitesi con il prossimo avversario della Juventus in Champions, per arrivare con il dito fino a Faliro, ad un passo dal capolinea Pireo: penultima fermata che funge da linea divisoria tra parte del mondo cestistico e calcistico di Atene, a righe biancorosse. Proprio dove sorge il “Georgios Karaiskakis”, stadio da circa 33mila spettatori e casa dell’Olympiacos.

Viaggio verso sud: dal centro ricco di storia di un’Atene meravigliosamente capace di mischiare vita e svago comune, tra reperti archeologici di un certo rilievo (Acropoli) e scavi e rovine presenti in ogni angolo, alle vecchie abitazioni trasandate e scrostate sulla facciata presenti nella zona del Pireo. Lì, dove il mare si apre al cuore della capitale ateniese, passerà parzialmente il destino bianconero in Champions: sfida nella sfida tra chi primeggia per titoli vinti in Italia ed in Grecia, in un’area che respira sport in mezzo ad ogni via adiacente. Tra storie impossibili da dimenticare, murales continui ed un’usanza che, nell’Ellade, pare consuetudine ove consentito.

L’IMPIANTO E IL MUSEO

Non accorgersi del “Georgios Karaiskakis” è semplicemente impossibile: riconoscibile subito poco prima dell’arrivo alla fermata, e costruito interamente a tinte biancorosse tra copertura del tetto e struttura ferrea, l’impianto risulta immediatamente raggiungibile non appena scesi dai vagoni della metro. Vederlo dall’interno, giorni strettamente vicini ad una gara interna a parte, non è concesso: per respirare un pizzico di storia del club, l’unica soluzione porta ad una rapida visita nel museo, collocato al fianco dello store e nei locali sotto le tribune. Ingresso a 2 euro e giro (con l’inno del club in loop in sottofondo) tra cimeli e coppe vinte dalla polisportiva greca di maggior successo, compresa un’area dedicata anche ai tanti trionfi nel mondo della palla a spicchi: 44 campionati, 27 coppe e 4 Supercoppe di Grecia contenute in un covo piccolo ma sufficiente a dedicare spazio alla bacheca degli Erithrolefki (dal colore del club), con una lunga parete contenente tutti i nomi dei protagonisti facenti parte del club dal 1925.

GATE 7, LA TRAGEDIA E IL PARALLELO

Gate 7: trovarlo scritto con bomboletta spray sui muri nei dintorni del Pireo è inevitabile, attorno allo stadio semplicemente regola. E’ infatti l’ingresso 7 a dare il nome al covo più caldo della tifoseria dell’Olympiacos, non certo per una ragione qualsiasi o banale: alle spalle, infatti, c’è il ricordo di una delle più grandi tragedie dello sport, accaduta nel lontano 8 febbraio del 1981 per una data destinata a lasciare, inevitabilmente, un solco profondo nella storia biancorossa e non solo. 6-0 sull’AEK Atene, voglia dei tifosi di festeggiare la squadra ancor più da vicino, recandosi al Gate 1, e tentativo di uscita anticipata dallo stadio di corsa, prima del fischio finale: il cancello solamente semi aperto, tuttavia, figurò come illusione per una possibilità di passaggio diventata poi muro impenetrabile, con decine di ignari supporter accalcatisi verso l’uscita e destinati a creare un effetto domino sugli altri, schiacciati e calpestati. Tremendo il bilancio: 21 morti (ricordati con un monumento sul lato destro dello stadio) e 55 feriti per una delle più sanguinose tragedie del calcio mondiale, rivissuta in circostanze simili tra metà e fine anni ’80 nei casi dell’Heysel e di Hillsborough.

CALCIO E BASKET, FACCIA A FACCIA

Cosa unisce il complesso Olimpico di Atene e il quartiere Faliro, sede della casa dell’Olympiacos? Due mondi a specchio, semplicemente: quello del calcio e del basket, con due impianti sorgenti l’uno di fronte (o di fianco, in base a come li si guardi) all’altro. Avevamo parlato di un binario metropolitano capace di dividere in due gli universi calcistici e cestistici: e spostando lo sguardo verso sinistra, all’uscita della stazione, non è difficile notare il “Peace and Friendship Stadium”, palazzetto da circa 15mila spettatori dove la squadra di Sfairopoulos, guidata da Spanoulis, contende sostanzialmente ogni anno il titolo agli acerrimi rivali del Pana. Forma terribilmente simile a quella di un vecchio gioiello milanese, sorto nel piazzale di fronte allo Stadio di San Siro e crollato in seguito alla fitta nevicata del 1985, e distanza leggermente superiore dal “Georgios Karaiskakis” rispetto a quella tra lo Stadio Olimpico di Atene (momentanea casa dell’AEK) e l’arena di OAKA, casa del Panathinaikos versione palla a spicchi. Per domani, però, tutta l’attenzione sportiva di Atene viaggerà verso una sola direzione: destinazione Pireo, con Olympiacos e Juventus in campo. Ed una linea verde, al contrario di ogni accostamento cromatico, da seguire e percorrere.

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