Nocerino: "Ibra, il Palermo e quel gol al Camp Nou: vi racconto tutto"

strong>Sei ore di fuso orario e un numero di telefono che nessuno riesce a procurarsi. Una nuova vita, lontano da tutti, “per cercare di garantire ai bambini quel relax che, con i ritmi italiani, non potrebbero mai avere”. Antonio Nocerino risponde su Whatsapp all’ora di cena, al messaggio inviatogli a mezzogiorno dopo ore e ore trascorse in cerca del suo contatto. Alla fine, ecco il numero giusto al quale telefonare: “Mi chiami qui per favore?”, scrive Antonio dal suo numero “italiano”, allegando un contatto che ha 407 come prefisso telefonico. Google, a tal proposito, regala certezze: Florida! Svincolatosi lo scorso dicembre dopo sei mesi al Benevento, il centrocampista è tornato a vivere a Orlando con la sua famiglia.
 
Proprio lì, in MLS, Nocerino ha giocato dal 2016 al 2017, facendo coppia con Kakà nell’Orlando City mentre imparava a conoscere una cultura per molti aspetti diversa da quella europea. “Quando il mio contratto con l’Orlando è scaduto, con mia moglie abbiamo deciso di continuare qui la nostra vita. Al di là delle tante opportunità che questa terra può offrire ai nostri figli, da queste parti sembra tutto più semplice, tranquillo. E questo secondo me può fare la differenza per i miei bambini - spiega Antonio ai microfoni di gianlucadimarzio.com -. L’importante, però, è non perdere di vista la realtà. Quando vivi in un posto del genere, rischi di non renderti più conto di cosa accade intorno a te. E questo non deve succedere”.
 
Ritornato in America dopo qualche mese con la maglia del Benevento, l’addio di Nocerino al calcio giocato è ancora lontano: “Quel che è successo quest’anno non mi condiziona, posso stare in campo per almeno altri due anni. In estate avevo voglia di tornare in Italia, il progetto del Benevento mi sembrava l’ideale per me e mi sono subito calato nel lavoro con entusiasmo. Non vedevo l’ora di mettermi in gioco. Peccato che poi, per una serie di dinamiche che si sono venute a creare, ho sentito l’esigenza di lasciare i giallorossi”.
 
La rescissione con il Benevento risale al 19 dicembre 2018. Nel frattempo, Nocerino ha continuato ad allenarsi quotidianamente. “Seguo un programma di preparazione per tenermi in forma, la testa mi dice di non smettere di giocare. Non mi importa quanti soldi mi offriranno o il campionato in cui mi sarà proposto di giocare: se a trattare con me si siederanno uomini prima che imprenditori, qualsiasi progetto potrebbe convincermi”. Al di là di ogni categoria: dalla Serie B alla Champions League, d’altronde, Nocerino ha sempre dimostrato di saperci fare.
 
Tanta gavetta in Serie B tra Avellino, Genoa, Catanzaro e Crotone, nel 2007 l’esordio in Serie A prima di passare alla Juventus. Da lì, un anno più tardi, Nocerino si è trasferito al Palermo, inserito dai bianconeri nell’operazione-Amauri conclusa con il club siciliano. A quei tempi, gente del calibro di Cavani, Abel Hernández e Miccoli sgomitava per farsi posto nell’attacco rosanero. Tra i pali c’era Sirigu, mentre Pastore e Ilicic avevano il compito di inventare una palla-gol dietro l’altra. In panchina c’era Delio Rossi, a centrocampo lo stesso Nocerino: “Un aggettivo per quella formazione? Non saprei... eravamo imbarazzanti”.


Imbarazzanti. Come chi stupisce partita dopo partita, come chi costruisce qualcosa al limite dell’incredibile. Nel 2010-2011, il Palermo di Rossi chiuse il campionato da quinto in classifica: “Noi forti quanto l’Atalanta di oggi? No, non c’è paragone - spiega Nocerino -. Il campionato che si giocava a quei tempi era molto più difficile. L’Inter aveva appena vinto la Champions, il Milan aveva una squadra mostruosa. In tutte le squadre di medio-basso livello era possibile trovare un paio di campioni, figuriamoci nelle zone alte della classifica. Eppure, noi eravamo sempre lì, in alto e insieme ai più grandi”.
 
Il segreto di quel Palermo stava nella forza di un gruppo sano e affiatato. “Ogni giovedì sera, il blocco di italiani della squadra, ben consolidato e sempre in sintonia, portava a cena quelli che all’epoca erano gli ultimi arrivati. Sudamericani come Cavani, Hernandez o Pastore, lo stesso discorso valeva per Ilicic. Li coccolavamo per metterli a loro agio, ma già sapevamo a cosa saremmo andati incontro. Il Palermo comprava un fenomeno dietro l’altro, te ne accorgevi subito che sarebbero arrivati in alto. Si venne a creare un mix equilibrato tra giovani ed esperti e così siamo diventati una macchina perfetta.
 
Qualche anno più tardi, i top player del Palermo già si esibivano nei più presigiosi stadi d’Europa. Sirigu, Cavani e Pastore hanno scelto il Paris Saint-Germain, mentre Nocerino nell’estate 2011 optò per una nuova esperienza, passando al Milan. “Ai rossoneri dico grazie per un motivo: con loro ho imparato a lavorare a mille all’ora. Nesta, Thiago Silva, Kakà e Ibrahimovic: in squadra con me c’erano solo top player, si lavorava a ritmi che non avevo mai visto prima”, garantisce Antonio.

L’accoglienza a Milanello, però, non fu delle migliori. “Arrivai al primo allenamento e mi preparai per giocare in partitella. Al primo contrasto con Ibrahimovic, Zlatan mi diede un’ancata e finii cinque metri più in là. “Cominciamo bene!”, pensai. Dopo un po’ di tempo ho capito come funzionava: con Zlatan c’era poco da scherzare. Pretende sempre il massimo in ogni occasione, che sia una partita oppure un allenamento. Tanti, come me, ne hanno tratto un vantaggio enorme. Una volta che ti abitui a non perdere la concentrazione, gli errori diminuiscono e lavori sempre al 100%. Se non hai carattere, Ibra ti affossa. Se vuoi giocare con lui, devi ragionare come un vincente”.
 
Proprio grazie a Ibra, al primo anno in rossonero, Nocerino ha raggiunto quota 11 gol in una sola stagione... “Eh no! Basta con questa storia - fa Nocerino -. Quell’anno Zlatan mi fece appena due, tre assist. Il resto, me lo sono dovuto procurare da solo...”.

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Il ricordo più bello, nonostante il risultato finale, risale al 3 aprile 2012. Barcellona-Milan 3-1, di Nocerino l’unico gol messo a segno da Ambrosini e compagni. “Firmai il momentaneo pareggio, ho provato un’emozione incredibile. Io che facevo gol al Camp Nou, una storia pazzesca. La cosa più bella è che quel giorno, in tribuna, c’era mio padre. Era la prima volta che assisteva dal vivo ad un match all’estero, aveva fatto centinaia di chilometri per me e a fine partita era in lacrime. In quel gol ho rivisto tutti i sacrifici di un uomo che ha sempre creduto in me, che mi ha spinto in alto, pur senza chiedere mai niente a nessuno. Segnare quel gol è stato come realizzare un sogno, prima suo e poi mio: stupendo!”.


A fine stagione Nocerino fu inserito nella lista dei convocati del c.t. Prandelli per Euro 2012, nell’anno in cui gli azzurri si arresero in finale contro una Spagna di veri marziani. “Era una bella Italia. C’erano Cassano e Balotelli che erano dei fuoriclasse, peccato per come sia finita. Teste calde? Per come li ho conosciuti, io direi di no, anzi. Antonio è uno dei più forti compagni che ho avuto; Mario nel corso della sua carriera è stato troppo buono. Arrivato ad un certo punto, non ti puoi permettere distrazioni, perché poi è la testa che fa la differenza. Balotelli, invece, si rilassa e sembra quasi che si dimentichi di essere un giocatore fuori dal comune: a lui, la natura ha dato qualcosa in più rispetto agli altri”.

 
Rientrato dagli Europei, l’avventura di Nocerino con la maglia del Milan cominciò a prendere una piega diversa: “Mentre io mi ero abituato a giocare con un certo tipo di giocatori, la squadra stava cambiando sotto diversi aspetti. Tanti compagni lasciarono Milano, io andai in prestito prima al West Ham, poi al Torino e infine al Parma, che era a un passo dal fallimento. Una volta tornato in rossonero, mi resi conto che quel posto non faceva più per me.
 
Regolarmente in rosa per la stagione 2015-2016, Nocerino è finito ai margini del progetto di Mihajlovic. “Ero rimasto fuori ma in carriera, come nella vita di tutti i giorni, sono stato sempre abituato a non chiedere niente. Ho capito da me che era arrivato il momento di cambiare aria. La prima cosa che guardo nei club per i quali lavoro è l’aspetto umano. E io, in quel Milan, non ce la facevo più”.
 
Dopo due anni segnati da bassi… più che da alti, nel gennaio 2016 per Nocerino arriva finalmente l’offerta giusta. È tempo di calciomercato e il telefono del centrocampista squilla in continuazione: “Ciao Antonio! Perché non mi raggiungi a Orlando? Dai, vieni a darmi una mano!”. Dall’altra parte della cornetta c’è Ricardo Kakà, ex compagno ai tempi del Milan. Il brasiliano, capitano dell’Orlando City, ha giocato un ruolo fondamentale nella trattativa per il trasferimento di Nocerino in MLS: “Siamo diventati grandi amici – spiega Antonio -. Abbiamo portato un po’ di entusiasmo nello spogliatoio e trovavamo sempre un modo per mettere da parte la nostalgia di casa”. Alla fine, neanche a dirlo, proprio Orlando è diventata la casa della famiglia Nocerino.

 A poche settimane dal termine dei principali campionati europei, Antonio è ancora svincolato. Lo è stato negli ultimi sei mesi della passata stagione, lo stesso è successo quest’anno dopo la rescissione con il Benevento. “Non ho intenzione di accettare una proposta qualsiasi, piuttosto cerco un ambiente che mi offra qualcosa dal punto di vista umano e che riesca a darmi gli stimoli che cerco. Se non sarà possibile, probabilmente prenderò il patentino da allenatore, anche se pensando al mio futuro mi vedo più portato per lo scouting. Studiare da allenatore, a prescindere da questo, è un’esperienza che voglio fare, mi arricchirebbe sotto diversi punti di vista e potrebbe sempre tornarmi utile”.

Il momento dell’addio al calcio, però, oggi è ancora lontano. A 34 anni e un mese, Nocerino rimane in attesa dell’offerta giusta. Se qualcuno ci dovesse fare un pensiero, lo cerchi su quel “+ 407…”. Dopodiché, non resta che aspettare una sua risposta. La vita, lì in Florida, comincia sei ore più tardi.

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